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La polizia greca sotto accusa per le brutalità in piazza e in carcere

In un nuovo rapporto, pubblicato ieri pomeriggio, Amnesty International ha accusato la polizia greca di fare abitualmente uso di forza eccessiva, compreso il ricorso a spray contenenti sostanze chimiche, nei confronti di manifestanti in larga parte pacifici.

Nonostante i numerosi resoconti di brutalità commesse durante gli arresti o la detenzione, le autorità rifiutano di riconoscere la dimensione del problema, facendo costantemente riferimento a “incidenti isolati” e creando in questo modo un clima d’impunità.

Il nuovo governo di Atene è alle prese con una crisi economica drammatica ma è proprio in queste circostanze che la tutela dei diritti umani dev’essere salvaguardata. Anche perché i due temi sono collegati.

Il contesto nel quale la polizia greca si rende responsabile di comportamenti criminali è infatti esattamente quello delle manifestazioni contro le politiche di austerità: manifestazioni numerose e di massa che vanno avanti da mesi, largamente pacifiche anche se in alcuni casi non sono mancati episodi di violenza.

Le denunce ricevute da Amnesty International riguardano l’uso di forza eccessiva e l’impiego di sostanze chimiche irritanti e di granate stordenti.

Il rapporto pubblicato ieri descrive casi svariati casi, anche recenti. Voglio raccontarne due che risalgono al 2011.

L’11 maggio, Yiannis Kafkas, uno psicologo disoccupato, è stato colpito alla testa da un agente antisommossa con un estintore. È rimasto in ospedale per 20 giorni, la metà dei quali in terapia intensiva.

Il 15 giugno, Manolis Kypreos (nella foto) stava seguendo una manifestazione a piazza Sintagma, ad Atene. Nonostante si fosse qualificato come giornalista e fosse evidente che stava in piazza per motivi professionali, un funzionario di polizia ha ordinato a un agente di lanciargli contro una granata stordente. Manolis Kypreos ha perso completamente l’udito e, per questo, la sua carriera giornalistica è terminata.

In entrambi i casi è stata aperta un’inchiesta. Come in altre circostanze, oltre alla mancanza di collaborazione da parte delle forze di polizia, a condizionare in negativo l’esito giudiziario c’è anche la difficoltà di individuare i singoli responsabili. I manifestanti, specialmente quelli picchiati o colpiti dai gas, non sono in grado di presentare denuncia poiché mentre subiscono questi trattamenti non possono prendere nota del numero identificativo degli agenti, che (quando c’è) è situato sul retro dei caschi di protezione.

Oltre a ciò, il rapporto di Amnesty International segnala che la definizione di tortura contenuta nel codice penale greco (che peraltro in Italia manca ancora…) è considerevolmente limitata rispetto a quella contenuta nei trattati internazionali di cui la Grecia è stato parte. Amnesty International è a conoscenza di un numero assai esiguo di casi in cui agenti di polizia sono stati incriminati per il reato di tortura.

Amnesty International ha ricevuto segnalazioni di percosse e diniego di contattare medici e avvocati durante l’arresto e la detenzione.

Trattamenti del genere colpiscono anche le persone che sono sospettate di far parte di gruppi armati locali e quelle appartenenti a gruppi vulnerabili, come migranti e richiedenti asilo in stato di detenzione e le comunità che vivono ai margini della società, tra cui molti rom.

Il fatto che la Grecia non affronti in modo efficace le violazioni dei diritti umani commesse da pubblici ufficiali ha contribuito alla perdita di fiducia nel sistema giudiziario da parte delle vittime, che sono diventate riluttanti a sporgere denuncia.

Se chi ha il dovere e il potere di far rispettare la legge la viola considerandosi al di sopra della legge stessa, come dar loro torto?

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