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La politica di sicurezza americana e la logica di Walter White in Breaking Bad

Gli Stati Uniti d’America possono in qualche modo ricordare Walter White e la sua logica, dice Conor Friedersdorf sull’Atlantic, e in effetti qualche analogia sembra esserci. Vediamo perché.

 

Le cose non sono mai del tutto buone o del tutto cattive. Credo che in sostanza, semplificando brutalmente, sia questa la morale che esce dalle cinque stagioni del serial tv “Breaking Bad”.

Walter White è un timido e annoiato professore di chimica di un liceo di Albuquerque, in New Mexico. È molto competente nel suo campo, ha una moglie incinta e un figlio adolescente disabile. La vita in famiglia è monotona, e quella lavorativa dà a White pochissime soddisfazioni. La notte lavora in un autolavaggio, si fa in quattro per assicurare un minimo di standard di vita ai suoi cari, e gli unici veri amici che ha sono la sorella di sua moglie e suo marito, Hank, un poliziotto della DEA ambizioso e capace.

(Da qui in poi un sacco di spolier)

Un giorno Walter scopre di avere il cancro ai polmoni, e inevitabilmente tutto inizia a cambiare. All’improvviso si accorge che la situazione della sua famiglia è una situazione troppo delicata; in sua assenza come potrebbero vivere degnamente sua moglie e i suoi due figli? Questo pensiero lo disturba e lo affligge. Decide di fare in modo di assicurare un futuro finanziario alla sua famiglia, e per fare questo comincia a produrre metanfetamina di ottima qualità da vendere ai tossici locali. Ha talento, e lo fa così bene, con così tanto impegno e dedizione, che arriva non senza difficoltà a costruire un impero: “you asked me if I was in the meth business or the money business. Neither. I’m in the empire business”dice nell’ultima stagione a Jesse, un suo ex studente che lo aiuta nell’impresa. Il suo prodotto è conosciuto in tutta la nazione, anche per il suo caratteristico colore blu, ed è richiesto anche in Europa.

Nonostante Walter si dia alla produzione illegale di stupefacenti, lo spettatore nelle prime stagioni riesce a comprendere che il fine ultimo delle sue azioni è un fine nobile. D’altronde, come lo stesso White andrà ad ammettere più volte, quei tossici comprerebbero la meth da qualcun’altro, e probabilmente sarebbe una meth di scarsa qualità. Quello che fa dopotutto è perdonabile; è una persona sfortunata che si sta occupando della sua famiglia, sta pensando alla loro sicurezza e al loro futuro. L’obiettivo iniziale non è ovviamente quello di costruire un impero, ma fare un po’ di soldi, tutto qui. La cosa però degenera, per via delle “reazioni collaterali” (sottotitolo italiano alla serie) che i comportamenti di White scatenano. Emerge lentamente durante le cinque stagioni – che coprono più o meno un anno di eventi all’interno della serie – un lato del timido professore che fino a quel momento era sotterrato nel profondo della sua personalità.

Walter inizialmente è il protagonista buono, ed ha la nostra simpatia. Ma man mano che le puntate si accumulano, i comportamenti del protagonista iniziano a farci dubitare delle sue ragioni e della sua nobiltà di fini. Lo spettatore è sempre più colto dal dubbio: chi è il buono, chi sono i cattivi? Durante le varie stagioni Walter uccide almeno una decina di persone, ed è direttamente responsabile di decine di altre vittime; ha avvelenato un bambino, ha ingannato sua moglie, suo figlio ed i suoi pochi amici. Ha guardato senza far nulla la fidanzata del suo amico e socio morire di overdose, ha manipolato persone, abusato della fiducia altrui, giocato sporco.

Nonostante tutto questo nello spettatore il germe del dubbio non arriva subito: all’inizio si è talmente condizionati dalla sua contorta logica e personalità che gli si perdona tutto, delitto dopo delitto, non c’era altro modo in effetti, molte azioni compiute sono state orribili, ma all’interno di quell’intreccio di trama sembravano tutte azioni inevitabili ed in un certo senso giustificate. Il fine nobile era sempre lì, sullo sfondo. Però poi arriva il momento in cui perdonarlo diventa impossibile. Ogni spettatore avrà avuto il “suo” momento in cui ha detto no, non si può più arrivare ad un compromesso morale. Walter però razionalizza tutta la sua vicenda con un intento auto-assolutorio:

“Bad circumstances forced me into these compromising positions — when I do bad things, it isn’t the same as when other drug dealers do them. After all, I am not a criminal.”

Ed ecco che arriviamo al punto: Walter White crede sopra ad ogni cosa alla sua eccezionalità. Che è esattamente quello che gli Stati Uniti credono di loro stessi. Di essere cioè qualitativamente “altra cosa” rispetto a tutti gli altri. Non molto tempo fa Putin scrisse una lettera al New York Times in cui – tra le altre cose – criticò l’eccezionalismo americano con queste parole

Non sono d’accordo su ciò che ha detto [Obama] su una peculiarità degli statunitensi, dicendo che la politica degli Stati Uniti è “ciò che rende l’America diversa, è ciò che ci rende eccezionali”. È molto pericoloso incoraggiare le persone a vedersi eccezionali, qualunque sia la motivazione.

Gli Usa hanno questa convinzione. Ciò non sarebbe un problema se questa convinzione derivasse solo ed esclusivamente dal ruolo di potenza dominante nel sistema internazionale, e che quindi può ignorare regole e leggi che essi stessi hanno contribuito a creare. Gli americani credono alla loro eccezionalità più come un qualcosa di divino, di scritto nella storia, e non come figlia di contingenze momentanee che presto potrebbero mutare.

Questa intima convinzione si è alimentata e rafforzata dopo l’11 settembre. Quell’atto terroristico ha consentito tutta una serie di giustificazioni ad azioni e comportamenti che compiuti da altri sarebbero visti in maniera del tutto diversa. Quello che sembra emergere nelle policy di sicurezza degli Stati Uniti non è un onesto “dobbiamo comportarci così perché il mondo è un posto pericoloso”, ma semmai “noi siamo i buoni, possiamo anche comportarci male perché abbiamo buoni fini”.

Scrive l’Atlantic “Other nations forcing water into a prisoner’s lungs is torture. When we do it? Enhanced interrogation”

La giustificazione che la politica americana e per riflesso il popolo americano si da’ è indirettamente (se non spesso direttamente): “noi siamo i buoni, noi possiamo”.

Walter White poteva mettere in sicurezza la propria famiglia evitando di finire in quella spirale di crimine e immoralità? Gli Stati Uniti possono difendersi usando ogni arma, anche le più immorali, per garantire la loro sicurezza? Non sono domande molto diverse.

 
Le conseguenze per così dire “morali” delle policy di sicurezza americane post 11 settembre sono diventate sempre più difficili da ignorare. Sia perché sono passati molti anni da quel 2001 – e quindi si è inevitabilmente attenuata l’emergenza e l’apprensione che all’inizio giustificò la deliberazione anche di leggi straordinarie come l’AUMF e il Patriot Act - sia perché oggi con sguardo retrospettivo si possono tirare anche delle somme sui risultati ottenuti da quel tipo di scelte, indifferentemente dalla loro moralità o legalità. Due guerre iniziate, non ancora finite e lontane dall’essere propriamente “vinte”. Torture ad opera di prigionieri nelle carceri di Abu Ghraib, detenzione extra-giudiziaria e legale a Guantanamo, uccisione a distanza di potenziali nemici – con innocenti vittime collaterali – attraverso l’uso di droni, sorveglianza di massa e violazione della privacy di cittadini e capi di Stato stranieri come si è (ri)scoperto di recente con lo scandalo datagate.
 
Conor Friedersdorf si chiede quindi – dando un’interpretazione della storia recente che non manca di quello stesso”eccezionalismo” che vorrebbe allontanare – se non fosse meglio per gli Usa mantenere quel ruolo di “benevola” potenza che interpretava durante il “momento unipolare” post-Urss.

Walter White iniziando a cucinare meth, a seguito della traumatica scoperta del cancro, ha dato il via a conseguenze sempre più imprevedibili e raccapriccianti. Forse era ovvio che non gli sarebbe bastato giungere ad un modesto guadagno, ed era naturale immaginare che si sarebbe implicato in questioni criminali, come era logico il fatto che mentire ai propri cari avrebbe corroso sempre di più la sua personalità. In un importante episodio, dove inizia a palesarsi limpidamente il mutamento del protagonista, Walter dice a sua moglie “I’m not in danger Skyler, I am the danger”. Tutto questo non sarebbe successo se non avesse pensato, scoprendo di avere il cancro “nulla sarà più come prima d’ora in poi”, decidendo di cambiare progressivamente ma radicalmente la scala di valore del proprio giudizio morale.

Ed è forse quello che è accaduto negli Stati Uniti quando dopo l’11 settembre hanno pensato che da quel momento tutto sarebbe stato diverso. Era ovvio che la nazione più potente del mondo non avrebbe potuto far finta di niente. Logicamente in casi simili ci si affida ad un leader, e gli si permette di fare quello che in situazioni normali non gli si permetterebbe di fare: torturare, invadere inutilmente paesi stranieri, sorvegliare indiscriminatamente cittadini comuni, eccetera. Certamente tutto questo non sarebbe stato possibile se non ci fosse stata una auto-assoluzione introspettiva del popolo americano: “il mondo ci ha colpito duramente e noi abbiamo usato questa scusa per violare le regole” scrive Friedersdorf.

Walter nel corso della serie televisiva perde di vista il suo obiettivo iniziale – assicurare un futuro alla sua famiglia – e lo affianca e confonde ad altri obiettivi, sempre tra loro intrecciati. Ora vuole costruire un impero, dare sfogo al proprio ego represso e alle proprie capacità, vedersi riconoscere il merito di quello che sta facendo. Insomma, vincere, anche a costo di perdere tutto il resto.
 
 
L’analogia con la politica americana può così esaurirsi nell’ultima considerazione: pensando di essere “eccezionali” e quindi potersi comportare come se si fosse l’unica entità politica in grado di decidere cosa è “buono” e cosa non lo è, alla lunga può creare dissonanze tra i legittimi obiettivi di un attore globale – con il conseguente carico di responsabilità – e la rappresentazione fittizia di sé stessi nel mondo, che ci si è costruita in modo da giustificare anche azioni che poco hanno a che fare con la propria sicurezza nazionale. Può anche essere che la sicurezza nazionale venga poi garantita, ma i danni collaterali prima o poi diventeranno insostenibili ed ingiustificabili. Walter White alla fine muore, ma non per colpa del cancro.

 

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