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La manovra del trio Berlusconi, Bossi, Tremonti e le occasioni sprecate

Per fortuna i mercati azionari vanno malissimo. E' l'unico aspetto della situazione finanziaria che m'induce a sperare che, per il rotto della cuffia, il mio paese possa sopravvivere a quest'autunno

Perché? Perché molti investitori, vogliosi di mettere i propri denari al riparo dalle tempeste borsistiche continueranno a comprare i titoli di Stato: è quel che sta avvenendo di questi tempi ed è la ragione, interventi della BCE a parte, per cui il differenziale tra Btp e Bund tedesco si è ridotto.

Resta il fatto che, di fronte al diffondersi del timore che l'Italia non possa far fronte, già a medio termine, al proprio debito, verrebbe meno quanto ho detto: si potrebbe facilmente scatenare un'ondata di panico con una conseguente grande fuga di tutti gli investitori dal debito italiano. E' questo il pericolo, chiaro, reale e sempre presentissimo, che la manovra economica doveva scongiurare e non credo affatto che sia servita allo scopo. La "manovricchia BBT" non è solo ingiusta e regressiva; è soprattutto corta e in questo gli scellerati al governo stanno davvero giocando col fuoco.

Il raggiungimento del pareggio di bilancio appare ora tutt'altro che certo: questa è cosa che i mercati (chiunque debba decidere che fare con i propri soldi) noteranno e in base alla quale potrebbero reagire in modo per tutti noi catastrofico.

Quel che mi fa rabbia, da italiano, è veder sprecare così anche una delle ultime occasioni, forse l'ultima in assoluto, di salvare il Paese. Nulla, fino ad oggi, è ancora perduto. Quel che sembrano non capire i catastrofismi ad oltranza è che il risanamento dei conti pubblici è, una volta avviato, un processo che si autosostenta, né più né meno di quello che ha generato il debito. Che una volta raggiunto un utile di bilancio, il debito inizia immediatamente a calare e che in non troppi anni può essere ridotto, anche a fronte di un avanzo modesto, in modo assai rilevante.

Alcuni dati significativi sono stati diffusi proprio ieri dalla Confcommercio: il nostro mercato interno va malissimo; i consumi, specie al sud, continuano a calare e, più in generale, in 17 regioni su 20 sono su livelli inferiori a quelli del 2000.

In una simile congiuntura levare un solo centesimo, in qualunque modo, dalle tasche dei consumatori più poveri non è solo ingiusto: è idiota. E’ esattamente il contrario di quel che si dovrebbe fare per stimolare la crescita economica, fondamentale, tra le altre cose, per abbassare il cruciale rapporto tra debito e prodotto interno lordo.

Anche il più cieco e il più socialmente insensibile dei liberisti, se usa il cervello e non l’ideologia, ammetterà che qualunque speranza di crescita per l’Italia (tuttora il secondo paese esportatore dell’UE) è legata a filo doppio alla crescita del mercato interno; che mettere dei soldi nelle tasche dei consumatori italiani è questione vitale per il Paese prima che per i pensionati o le famiglie.

È chiarissimo quel che c’è da fare (resta solo da stabilire l’aspetto tecnico e, se volete, cosmetico della cosa). Bisogna prelevare i soldi da chi li ha e usarli per due scopi: arrivare ad avere quanto prima, possibilmente già quest’anno, un utile di bilancio e aumentare di quel che si può gli stipendi e le pensioni più basse.

Chiarissimo, ma impossibile per un governo che si è fatto eleggere, mentre già soffiavano i venti di tempesta, promettendo ai propri elettori la più tranquilla delle navigazioni; che ha fatto del “non metteremo le mani nelle tasche degli italiani” il proprio vuoto e risibilissimo slogan.

Appare chiaro, dopo aver visto su quali ceti andrà a concentrarsi la manovra decisa alla fine dal trio BBT, chi intendano questi signori con il termine “italiani”: il blocco sociale che è al nocciolo del proprio elettorato. Anzi, i più ignoranti (scusate, non voglio offendere nessuno, non è mia abitudine: ignoranti nel senso che ignorano volontariamente o involontariamente) tra gli appartenenti a quel blocco sociale: quegli italiani dei ceti medio-alto e alto, tanto miopi da non capire che, se il paese affonda, a fondo andranno anche loro con le loro tasche inutilmente (a quel punto) piene.

E dire che ce la potremmo ancora fare; che la nostra base industriale è ancora quasi intatta e che abbiamo enormi risorse di manodopera a disposizione (sì, parlo degli immigrati; altro che l’osceno “non possiamo far entrare tutti” ripetuto qualche mese fa anche da Bersani, lo stesso che sbianca in volto a senti parlar di patrimoniale. Della serie: "populismo senza frontiere").

Servirebbero, però, un Presidente del Consiglio e dei ministri in grado di guardare negli occhi gli italiani e, con la propria autorevolezza (qui si torna alla questione morale, chiave di tutte le nostre questioni), prometter loro l'unica cosa che per qualche anno abbia senso promettere: sacrifici

Autorevolezza? San De Gasperi e San Berlinguer, guardate giù.

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