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La "guerra tra toghe" è una cosa sporca...

Prendendo spunto dalle ultime rivelazioni dei giornali, secondo cui il magistrato sostituto procuratore Henry John Woodcock sarebbe stato vittima della cosiddetta “macchina del fango”, nel periodo in cui esercitava la sua professione presso la Procura di Potenza, dove indagava su importantissime inchieste come quella relativa a “Vallettopoli” e tante altre.

Una “macchina del fango” messa in piedi, stando alle fonti del quotidiano La Repubblica, dal sostituto procuratore generale Gaetano Bonomi.

Vorrei parlare di una questione di estrema attualità, in questo periodo, come la “guerra tra toghe” o “guerra tra procure”, una terminologia che si sta usando spesso in questi giorni caratterizzati da molteplici inchieste giudiziarie, di cui ci riferiscono i mass media.

Innanzitutto chiediamoci che cosa voglia dire la parola “guerra”. Secondo me, “guerra” significa che due singole persone o, addirittura, molte di più, quindi suddivise in due gruppi contrapposti, tanto per fare un esempio, non si sopportano, non hanno stima reciproca a tal punto di entrare in conflitto su fatti che, nella maggior parte dei casi, vertono su questioni di interesse specifico, come potrebbero essere questioni di denaro, questioni di eredità, questioni di confini territoriali (come la guerra israelo–palestinese o tante altre), questioni professionali e, addirittura, anche questioni sentimentali come, ad esempio, una “guerra per accaparrarsi una donna”.

Ecco, questi sono solo alcuni degli esempi, tanto per rendere un’idea del termine “guerra”. Ma che cosa significa, invece, “guerra tra procure”? Oppure “guerra tra toghe” ? Qui la cosa è diversa, qui diventa un fatto grave, di una gravità tale che a subirne le brutte conseguenze, alla fine, potrebbe essere proprio la gente comune, intesa come opinione pubblica.

Il problema, infatti, in questo caso, non riguarda una semplice persona, oppure un determinato gruppo di persone, in conflitto con un’altra parte. Che ne so, una guerra tra fazioni di criminali, ad esempio. No, in questo caso sarebbe una guerra tra un “garante della giustizia” e un altro “garante della giustizia”, cioè tra un magistrato e un altro magistrato, oppure tra due gruppi, questo non importa, fate voi, è solo per farvelo capire.

Quando un garante della giustizia entra in guerra con un altro suo simile appartenente alla stessa categoria, chi ne subisce le conseguenze, qualunque reato abbia commesso di fronte alla legge, è sempre l’imputato. E l’imputato, a prescindere dalla propria estrazione sociale e culturale, rappresenta l’opinione pubblica. Sempre, in tutti i casi.

Il caso di un imputato colpevole di un determinato reato, che venga passato come un “pallone da calcio” da una Procura all’altra, per una semplice guerra, quindi per questioni di rivalità professionale, ma dove c’è di mezzo la giustizia, potrebbe compromettere gravemente l’esito del procedimento processuale. Chi ci dice, infatti, che la Procura alla quale è stato tolto il caso, non avrebbe espresso giudizi diversi sulle indagini? E se l’imputato venisse condannato definitivamente e, invece, fosse totalmente innocente, cioè estraneo al reato per il quale viene accusato ? Ecco perché la “guerra tra toghe” è quanto di più sporco possa accadere nel panorama giudiziario italiano. La guerra tra toghe compromette seriamente l’opinione pubblica, perché rende l’imputato, a prescindere dal reato commesso, protagonista diretto di un giudizio che potrebbe anche essere sbagliato, nell’espressione del verdetto finale. E quindi, l’opinione pubblica sarebbe seriamente compromessa.


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