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La guerra fredda del vino tra Russia e Georgia

Correva l'anno 2008 quando i vini georgiani vedono apparire all'orizzonte grandi barriere al loro ingresso a quello che è sempre stato il loro principale mercato, la Russia. Ufficialmente ciò che la grande Russia contestava era la scarsa qualità dei prodotti georgiani che metteva a rischio la salute del popolo russo. Strano però che questo embargo arrivi a seguito della nascita delle Repubbliche indipendentiste di Abkhazia e Ossezia del Sud patrocinate dalla Russia. Inizia l'ennesima piccola guerra fredda della storia.

Le aziende georgiane vedono così sfumare il loro mercato principale: il 78% dei vini aveva destinazione Russia occupando il 10% di questo mercato.

La Georgia

Recentissimi studi portati avanti da illustri ricercatori,tra cui il nostro Attilio Scienza uno dei più grandi ampelografi mondiali, hanno dimostrato che la maggior parte del genoma viticolo deriva proprio da questa zona e che poi si sia modificato geneticamente in modo spontaneo nei vari siti di coltivazione a seconda delle diverse condizioni pedoclimatiche.

Si ricorda questa terra soprattutto per le antiche tecniche di vinificazione, che risalgono a 8000 anni addietro e che prevedono lunghe macerazioni e fermentazioni in anfore di terracotta interrate e foderati di cera chiamati "qvevri". Con l'arrivo della dominazione sovietica il processo è diventato sempre più industrializzato ma, a quanto pare, ritorna in auge tra gli estimatori e i critici.

Tra i vitigni e gli omonimi vini i più famosi: il Kindzmarauli, a bacca rossa, dal quale si ottiene un vino semi dolce che si dice sia stato il preferito di Stalin. Il Saperavi rosso, secco, carico di materia colorante tanto da essere chiamato "nero". I bianchi dal colore dorato e le lunghe macerazioni prodotti come se fossero rossi. Il Rkatsiteli definito "croccante" e l'aromatico Mtsvane.

Oggi

Con l'elezione del nuovo primo ministro della Georgia, Bidzina Ivanishuili, e il Presidente della Russia Putin, complice l'entrata della Russia nei membri della Wto, pare abbia avuto inizio una nuova era di dialogo. Il 14 febbraio 2013, simbolico il giorno di San Valentino, è stato raggiunto un accordo tra i due paesi che vede la fine dell'embargo. Stando a questo accordo a partire dal giugno del 2013 la Russia potrà mandare i propri ispettori a verificare lo stato qualitativo del vino delle 69 aziende che hanno fatto richiesta di poter esportare il proprio prodotto.
 
Il processo produttivo resta sotto il controllo dei georgiani, ma solo dopo le ispezioni si potrà provvedere ad una registrazione del vino su territorio russo. Per molti una vittoria o uno spiraglio, per altri la questione è piuttosto controversa. I tradizionalisti non vedono di buon occhio questa ingerenza della Russia nei processi produttivi georgiani, i quali potranno esportare solo il prodotto finito, considerandola una umiliazione. In realtà, i problemi sono più di natura commerciale. 

Per molti la ripresa non sarà facile dato che prima dell'embargo il prezzo del vino georgiano era di circa 150, 200 rubli (4- 6 dollari) ora è salito di molto arrivando a punte, nella distribuzione specializzata, di 1800 -6500 rubli e i russi non sono più disposti a spendere tali cifre. Si spera che ci possa essere posto sugli scaffali per una fascia che si aggira attorno ai 300 rubli, più o meno 10 dollari. Inoltre si critica molto il fatto che il vino georgiano non è più lo stesso. 

Perdendo il principale mercato nel 2008 i produttori hanno dovuto incanalarsi verso mercati nuovi ricevendone gli inevitabili influssi, parliamo di USA in modo particolare dai quali hanno ricevuto anche aiuti economici. Molti vitigni autoctoni sono stati espiantati per dare spazio a vitigni internazionali vinificati in legno di chiara influenza dei nuovi marcati.
 
Ma c'è comunque un barlume di ottimismo tra i produttori georgiani felici di poter riappropriarsi del tradizionale mercato anche se con stime al ribasso.

Si prevede di esportare le prime 10 milioni di bottiglie entro la fine del 2013 e arrivare fino a 20 milioni nel 2014 cercando di recuperare una quota di mercato che non va oltre l'1%. Core Business i "vecchi russi ricchi" e le popolazioni del nord del Caucaso legati alle tradizioni e ai ricordi.

Questo perché i georgiani sono consapevoli del fatto che anche la struttura del mercato russo è cambiato e si è aperto ai vini francesi, italiani, argentini, cileni e sud africani influenzando il gusto delle nuove generazioni. Se poi vogliamo aggiungerci il fatto che il vino non è tra le bevande più diffuse in Russia ma che viene dopo birra e Vodka con un consumo annuo pro capite di 7 litri per i vini fermi ed aromatici e circa 2 litri per i vini spumanti l'impresa sembra ancora più difficile.
 
di Pia Martino
 
Foto: Andrew Kitzmiller/Flickr
Questo articolo è stato pubblicato qui

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