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La formazione tra civiltà e barbarie

In un celebre discorso sulla formazione, Piero Calamandrei non esitò ad affermare: «La scuola, come la vedo io, è un organo “costituzionale”. Ha la sua posizione, la sua importanza al centro di quel complesso di organi che formano la Costituzione. […] Quando vi viene in mente di domandarvi quali sono gli organi costituzionali, a tutti voi verrà naturale la risposta: sono le Camere, la Camera dei deputati, il Senato, il presidente della Repubblica, la Magistratura: ma non vi verrà in mente di considerare fra questi organi anche la scuola, la quale invece è un organo vitale della democrazia come noi la concepiamo. Se si dovesse fare un paragone tra l’organismo costituzionale e l’organismo umano, si dovrebbe dire che la scuola corrisponde a quegli organi che nell’organismo umano hanno la funzione di creare il sangue […].
La scuola […] serve a risolvere quello che secondo noi è il problema centrale della democrazia: la formazione della classe dirigente […], non solo nel senso di classe politica […], ma anche classe dirigente nel senso culturale e tecnico: coloro che sono a capo delle officine e delle aziende, che insegnano, che scrivono, artisti, professionisti, poeti. Questo è il problema della democrazia, la creazione di questa classe, la quale non deve essere una casta ereditaria, chiusa, una oligarchia, una chiesa, un clero, un ordine. No. Nel nostro pensiero di democrazia, la classe dirigente deve essere aperta e sempre rinnovata dall’afflusso verso l’alto degli elementi migliori di tutte le classi, di tutte le categorie».

Chi oggi prova a guardare la nostra scuola e le nostre università alla luce di queste parole, si accorge subito che esse non hanno più la funzione di creare il sangue nel nostro corpo sociale perché non offrono gli strumenti indispensabili ad assolvere con merito e dignità la capacità di valutare, scegliere e proporsi per essere scelti, quali che siano le classi sociali di provenienza. In sostanza, il principio su cui si fondava la scuola della repubblica è stato capovolto: non è scuola che conduce al merito, ma il merito che conquista la scuola. Chi ha più opportunità ha un ministro e un Ministero non a caso del merito, chi, nascendo, paga il prezzo dell’ingiustizia sociale non ha Ministero e ministro: è solo e condannato in partenza. Premiando il merito, lo Stato ignora la Costituzione perché investe per la formazione meno di quanto spende per i territori più ricchi e siamo così giunti al punto che il Ministero che fu della Pubblica Istruzione è diventato una delle tante fabbriche di ingiustizia sociale.


Il ribaltamento è la naturale conseguenza del trascorrere degli anni? I principi della Costituzione della Repubblica sono travolti dai progressi d’una società di uguali? Basta guardarsi attorno per capire che le cose non stanno così, che le riforme introdotte a partire dall’inizio di questo secolo oscurantista, a cominciare dal ‘sinistro’ Luigi Berlinguer per finire a Moratti, Gelmini e Renzi, non hanno mai mirato a migliorare il sistema formativo. Intendevano distruggerlo e ci sono riuscite, nonostante l’iniziale e coraggiosa resistenza opposta dai docenti. Esistono ancora tanti insegnanti che svolgono egregiamente il loro ruolo, ma diminuiscono sempre più, mentre a sostituirli sono chiamati quelli ‘formati’ nelle scuole e nelle Università riformate. Attorno hanno ormai un angosciante deserto e la traversata non sarà facile.

La scuola fascista generò una gioventù priva di strumenti critici, ma non riuscì a cancellare del tutto la memoria storica. Oggi siamo di fronte a una Caporetto culturale, da cui sta nascendo un popolo di “senzastoria”. Quel popolo che prima ricorda l’Olocausto, di cui fummo responsabili assieme ai fascisti, poi il dramma delle foibe, ma non si accorge di trasformare in vittime i complici dell’Olocausto. Furono i ‘titini’, si dice, ma, tra i partigiani di Tito c’era la Divisione Italia, che combatteva i nazifascisti, responsabili sia della inevitabile e sovrastimata vendetta istriana, che dell’evitabile Olocausto di cui fingiamo di non essere colpevoli.
Perché periodicamente i docenti sono sottoposti alla gogna mediatica? Non è difficile capirlo; con i limiti che nessuno nega, sono la fucina del pensiero critico. La fabbrica del consenso è incompatibile con questa loro funzione perché suo obiettivo è quello di trasformare i ceti subalterni in “bestiame votante”.

Scuola e università sulle quali si è investito e se ne è difesa la dignità non consentirebbero di togliere il pane di bocca alla povera gente per arricchire chi vende armi. Non sarebbe possibile fingere di ignorare i rischi che stiamo correndo. I giovani saprebbero che bastò un colpo di pistola esploso da uno studente nazionalista serbo per scatenare la prima guerra mondiale, di cui fu poi figlia la seconda. Saprebbero che, come oggi, anche allora una società corrotta e violenta – la chiamavano Belle Epoque! – e tutti i guerrafondai escludevano che la guerra scoppiasse e invece ci fu. Feroce come non mai. Tutti ricorderebbero l’uso delle armi proibite: i gas per cominciare, fino alle bombe atomiche sganciate sul Giappone inerme da un criminale non meno criminale di Biden. Scuola e Università avrebbero coltivato la libertà del pensiero e tanti avrebbero dubitato. Tanti si sarebbero ribellati.

C’è una lezione che è stata purtroppo cancellata dalla nostra formazione: nulla più di un sistema formativo libero ed efficiente risulta pericoloso per il potere politico fondato sul pensiero unico. Negli ultimi decenni dell’Ottocento, uno zar riformatore decise di dare libertà d’insegnamento ai docenti democratici, rese gratuita la scuola di base, alla quale ebbero accesso i figli dei contadini, creò rappresentanze studentesche che giunsero a gestire le biblioteche. La riforma fu prima osteggiata dall’aristocrazia, poi cancellata. I poveri stavano imparando a valutare e a pensare con la propria testa e il rischio sembrò evidente.
In quei pochi anni, tuttavia, crebbe la generazione che scatenò la rivoluzione russa.
Non ci vuol molto a capire perché sia necessario delegittimare i docenti e distruggere il sistema formativo nato dalla Resistenza e dalla Costituzione antifascista: perché bene o male sono il primo, vero baluardo della civiltà e della democrazia. Le conseguenze ormai sono evidenti: ovunque guardi, trovi barbarie e le libertà conquistate dai nostri padri e dai nostri nonni versano in stato comatoso. Non è un caso. È un progetto politico folle che ci sta conducendo alla sparizione del genere umano.

Questo articolo è stato pubblicato qui

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