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La dittatura che si chiama Europa?

La democrazia e la libertà sono un bene prezioso e il popolo deve sempre riuscire a esercitare la propria sovranità nazionale, ma in Europa non è più possibile.

Siamo abituati a considerare che un regime dittatoriale sussiste quando a esercitare il potere assoluto su un popolo è una sola persona o un solo organo, il quale si pone a capo del governo nazionale al di sopra di ogni altra cosa ed escludendo, in questo modo, qualsiasi forma di espressione democratica e la libertà di pensiero. Esempi di dittature ne abbiamo a centinaia nel mondo, più o meno sanguinarie o repressive, più o meno remote o attuali.

Le dittature sono sempre e comunque tutte condannabili, nessuna esclusa. La democrazia e la libertà sono un bene troppo prezioso, lo insegna la storia, e il popolo deve sempre essere in grado di esercitare la propria sovranità nazionale a qualsiasi costo, per evitare di incorrere negli errori e, soprattutto, negli orrori del passato. Quindi il concetto generalizzato di dittatura si può semplificare come ‘quella forma autoritaria di governo il cui potere non viene limitato da leggi, costituzioni o da altri fattori politici e sociali interni allo Stato’. In pratica, questo significa che si determina il predominio assoluto e incontrastato da parte di un individuo o di un ristretto gruppo di persone, che solitamente detiene il potere imposto con la forza. Ma non sempre le dittature si impongono con la violenza, a volte, anzi spesso, queste forme di tirannia si instaurano dopo elezioni democratiche, poi stravolte da eventi successivi. È il caso di Benito Mussolini in Italia e di Adolf Hitler in Germania, entrambi democraticamente eletti e solo successivamente si sono imposti arrivando al potere assoluto.

Il pericolo delle democrazie

Come accennato sopra, la storia insegna, e questa andrebbe ascoltata. La salita al potere di una dittatura è sempre stata favorita da situazioni di grave crisi economica di una nazione, magari a seguito di una guerra, o per effetto di gravi carenze nei diritti sociali che costringe la gente ad attivarsi in cruente lotte di classe. Oppure viene determinata a seguito di conflitti politici interni di intensità notevole, cosa che crea instabilità nel paese e rovescia l’autorità governativa precedente, a volte creando le condizioni di una guerra civile. O come i conflitti religiosi, il caso dello Stato Islamico in Medio Oriente è l’esempio lampante che vede sciiti e sunniti uno contro l’altro. Infine, i famosi ‘golpe’, i colpi di Stato, spesso attuati dai militari dove nel paese si instaura un regime autoritario a seguito della destituzione del precedente governo democraticamente eletto. Il golpe ha varie sfaccettature e metodo di instaurazione, può venire imposto con l’uso delle armi da parte dell’esercito in rivolta, come nel caso dell’Egitto oppure l’autorità nazionale, costituita a seguito di libere elezioni, viene stravolta e condizionata a tal punto che il governo deve dimettersi, magari a seguito di atti di ingerenza esterna come in Libia, Iraq, Afghanistan o come si è tentato di fare in Siria, eccetera. I servizi segreti di Stati in conflitto, o che vantano diritti più o meno legittimi nei confronti di alcuni paesi, sono dei veri esperti sul metodo da utilizzare per ribaltare gli equilibri politici all’interno di un paese avversario, e gli Stati Uniti insegnano.

Tralasciando gli altri metodi di dittatura, più o meno cruenti, è innegabile che tutti portano alla stessa conclusione: la totale mancanza di libertà e di democrazia e la conseguente impossibilità ‘pacifica’ del popolo di cambiare le cose. La Resistenza è un esempio di come il popolo può affrontare la tirannia e cambiare le sorti del paese, ma a quale prezzo? Imbracciando le armi, gettandosi a capofitto in una guerra civile, senza esclusione di colpi da una parte o dall’altra, e tanti, tantissimi morti fra la popolazione che sfociano sovente in autentici ‘genocidi’?

Il ‘tiranno’ dei nostri tempi

La parola ‘tiranno’ deriva dal greco ‘despotēs’ esprime il significato di: “Governo esercitato in modo dispoticodittatoriale; autorità imposta con la prepotenza, volta a limitare o soffocare la libertà e la volontà altrui con soprusi e costrizioni”. I termini assimilabili o i sinonimi di tiranno sono perciò ‘despota’ e ‘dittatore’.

Invece, la parola ‘austerità’ deriva dal latino ‘austerĭtas’ e significa un “Atteggiamento e comportamento personale rigido e, a volte, intransigente nel contenere i desideri, le esigenze, le abitudini e il contegno”. A questa parola si è aggiunto nel tempo anche un altro significato, ma di matrice economica, che in pratica esprime un “Regime economico-politico di risparmio nelle spese statali e di limitazione dei consumi privati, imposto dal governo al fine di superare una crisi economica”.

Per fare un esempio in casa nostra, va subito precisato che in Italia il ‘risparmio nelle spese statali’ è praticamente inesistente da sempre, anzi, si registra che l’aumento costante e inarrestabile del costo della politica, aggiunto al problema della corruzione e della concussione, sono brutte abitudini dure a morire e persistono dai tempi dell’Antico Romano Impero per spingersi tutt’ora persino con maggior vigore. A questo punto rimane solo l’altro significato, cioè che l’austerità viene applicata unicamente per una ‘limitazione dei consumi privati’. Questa limitazione viene attuata attraverso vari aspetti della vita quotidiana di ognuno di noi. Essa riguarda il taglio dello stato sociale, per cui pensioni, salari, diritti sindacali o per effetto di una minore occupazione lavorativa e la massimizzazione del precariato, ovvero tramite una minore sicurezza e assistenza sanitaria, etc. Insomma, si limitano i diritti sociali fino al punto che la contrazione dei consumi diventa la logica conseguenza.

Le forze trainanti di questo processo di austerità sono rappresentate oggi principalmente dal governo tedesco di Angela Merkel e dai paesi nordeuropei, cioè quegli Stati e gruppi di capitale che, negli ultimi trent’anni, hanno approfittato delle trasformazioni in senso neoliberista alimentando il mostro che si chiama capitalismo e conferendo ai mercati finanziari globalizzati poteri forti e assoluti. Ma il punto decisivo è che a differenza della fase di crescita e di affermazione del neoliberismo classico, stile fine anni ’70, oggi tutta questa trasformazione non sembra essere legata a nessun progetto, obiettivo o che contenga in sé una qualche promessa di miglioramento delle condizioni di vita delle persone. La necessità di austerità, facendola breve, è solitamente causata da errori commessi dai governi i quali hanno speso più soldi rispetto a quanti ne hanno incassati. Per far fronte alle maggiori uscite il paese si indebita ricevendo prestiti di denaro provenienti dall’estero e ciò determina il famoso debito pubblico estero che, se troppo alto, impone a quel governo l’urgenza di attuare riforme che consentano il riequilibrio dei conti pubblici.

Ed ecco che così arriva l’austerità tirannica. Tutto sommato, se a decidere è un singolo Stato, il popolo ha sempre l’occasione di riflettere e cambiare l’ordine delle cose all’interno della cabina di voto, sempre che gliene venga data l’opportunità. Il problema arriva quando non è un singolo Stato che impone una regola, bensì quando si attuano le condizioni affinché lo stesso non riesce più a esercitare liberamente il suo potere decisionale indipendente.

Una Europa che fa paura

Sulla vicenda greca si sono spese migliaia di parole, chi a favore e chi contro, ma nessuno ha valutato compiutamente cosa sta succedendo per davvero in Europa, e non solo alla ‘povera’ Grecia. Da una parte non si riesce nemmeno a concordare una suddivisione di quote di immigrati, tra l’altro del tutto insignificanti, da distribuire fra i 28 paesi membri dell’Unione europea. La discussione vergognosa, che ne è scaturita in merito alla quota di 40 mila migranti aventi diritto asilo, ha dimostrato quanto l’Europa politica sia debole, labile e per niente incisiva, mentre la solidarietà e i diritti umani restano scritti solo sulla carta costituzionale dell’Unione, ma restano un miraggio, una meta irraggiungibile a causa della miopia egoistica degli Stati membri.

L’Ucraina l’abbiamo lasciata gestire ai soliti Merkel e Hollande, i quali si sono coordinati solamente con il presidente degli Stati Uniti e lasciando l’Alto Rappresentante per gli Affari Esteri della UE, l’italiana Federica Mogherini, fuori dai giochi e dal ruolo che le compete. E, su questa vicenda dell'Ucraina, paese che non fa nemmeno parte della UE, l’Europa politica sanziona la Russia e perde 100 miliardi di euro in scambi commerciali. Ma certo, glielo ha chiesto l’America! La Germania, però, se ne frega delle sanzioni e fa affari con Mosca, anche acquistando il gas russo in grandi quantità con l’idea di rivenderlo poi all’Ucraina. Considerato che Mosca ha tagliato la fornitura perché non pagava, sarà facile che l’Ucraina non paghi nemmeno la Merkel, ma, nel frattempo, la Germania farà affari d’oro perché si prenderà ‘un bel pezzo’ di quel paese in cambio.

L’Europa quindi non riesce a fare quello per cui è stata concepita, in pratica non riesce a fare politica, mentre riesce benissimo a ‘devastare’ uno Stato intero, una nazione, un paese amico, membro e alleato: la Grecia. Il paese ellenico è l’ultimo in ordine di tempo, prima c’è stata l’Italia, ma anche IrlandaPortogallo e Spagna. La differenza fra questi ultimi e la Grecia è che tali paesi sono stati dei bravi e diligenti ‘scolaretti’, hanno fatto per bene tutti i compiti loro assegnati. Se così non fosse stato, il minimo che poteva capitare al loro governo era fare la stessa fine che è stata poi riservata a Berlusconi nel 2011, cioè un ‘golpe’ basato su: spread, PIL, debito pubblico ed estero, stress test bancari, agenzie di rating, tra l’altro tutte americane, e chi più ne ha più ne metta.

Da questi fatti si capisce quanto terrore può fare questa brutta, bruttissima Europa. Un’Europa unita solamente dagli interessi economici e finanziari di pochi paesi ricchi e governata da una Germania arrogante e presuntuosa, che detta la linea su tutti i fronti imponendo sempre il suo volere. E il suo volere lo impone pure con la presenza in tutto quel che accade, persino oltre i confini europei. Come è successo nel recente accordo sul nucleare con l’Iran dove, oltre alla UE e i 5 Stati membri permanenti del Consiglio di Sicurezza dell’ONU, fra questi c’era incomprensibilmente anche la Germania.

Austerità e, in cambio, solo dittatura

Come meglio precisato sopra, la parola ‘austerità’ significa un regime di risparmio e di limitazione dei consumi, ma questo sempre se lo impone autonomamente un governo “al fine di superare una crisi economica”. Ma se tale imposizione di austerità viene imposta, pretesa e condizionata da altri, con mezzi che pregiudicano l’autonoma libertà di quel paese, allora questa è tirannia. Chiunque impone la sua volontà nei confronti di altri con pretese autoritarie affinché svolga un compito di cui non condivide liberamente i contenuti, viene considerato un ‘despota’. L’Europa, sulla vicenda greca, ha “esercitato in modo dispoticodittatoriale un’autorità imposta con la prepotenza, volta a limitare o soffocare la libertà e la volontà altrui con soprusi e costrizioni”.

L’Europa, quindi, è il nuovo tiranno.

È vero che una parte consistente della sovranità nazionale è stata delegata alla UE, da parte di tutti gli Stati aderenti alla moneta unica, per cui avrebbe tutto il diritto di esercitare la sua politica economica finanziaria, ma nessuno gli ha mai dato il potere di ledere o limitare la sovranità politica degli Stati membri. Se lo fa, commette un ‘golpe’ o comunque un atto autoritario che mira a destabilizzare un paese libero, con un governo legittimo e un Parlamento democraticamente eletto. Entrambi devono obbligatoriamente legiferare in totale autonomia, indipendenza e libertà. Invece l’Europa, e questo non lo fa solo con la Grecia, determina il predominio assoluto e incontrastato, gestito da parte di un ristretto gruppo di persone che si impone con la forza, soprattutto del denaro quale nuova arma di distruzione di massa, e dove la Germania detiene la leadership trainante. Perciò è sufficiente che un paese non rientri in determinati parametri, o che nel corso del tempo ne perda alcuni, per vedersi limitare la libertà, l’autonomia e l’indipendenza.

Nessuno, nemmeno i capi di Stato, l’Eurogruppo o i membri della Commissione, men che meno il Parlamento europeo può violare le basilari libertà democratiche e la sovranità politica di un paese, a meno che non abusino del loro potere. I Parlamentari europei non sono stati eletti per governare gli Stati, ma a rappresentarne i popoli affinché migliorino le loro condizioni di vita. Eppure non pare questo il compito che stanno attualmente svolgendo.

Se è vero che la storia insegna, allora noi non abbiamo ancora imparato nulla da essa.

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