La crisi del lavoro domestico, tra crollo degli occupati e irregolarità
Le 10mila nuove unità per il settore dell’assistenza domestica previste dal nuovo decreto flussi, sommate alle 9.500 già previste nella programmazione triennale, potrebbero rappresentare una quota in grado di venire incontro alle esigenze legate all’assistenza familiare annuale.
Anche se, come stimato da Assindatcolf, l’Associazione Nazionale dei Datori di Lavoro Domestico, il fabbisogno reale è di quasi 19mila unità di lavoratori non comunitari da impiegare in ambito domestico solo per il prossimo anno.
Assidatcolf che nei giorni scorsi ha presentato un Paper che offre un quadro dell’attuale situazione del lavoro domestico nel suo complesso nel nostro Paese, evidenziando una lenta e progressiva flessione.
Secondo il 4° Paper del Rapporto presentato in questi giorni da Assindatcolf, in collaborazione con la Fondazione Studi Consulenti del Lavoro, tra 2021 e 2023, abbiamo avuto 145mila occupati in meno nel comparto.
La crescita dei costi per l’assistenza porta sempre più donne a rinunciare al lavoro: rispetto al 2018 sono +219mila le 55-64enni che decidono di non lavorare per motivi familiari.
Il sommerso zavorra poi il sistema ogni anno di 2,5 miliardi di euro.
Ma l’aspetto che più di tutti gli altri elementi riassume le difficoltà del settore è la scelta di molte donne di rinunciare al lavoro a causa dell’incompatibilità con gli impegni familiari.
Tra il 2018 e il 2023, nonostante l’incremento dell’occupazione femminile, è aumentato, infatti, il numero di donne tra i 55 e i 64 anni che hanno scelto di non lavorare per tale motivo (+219mila, il 34,7% in più rispetto al 2018.
Negli ultimi due anni (2021-2023), si è assistito insomma ad un calo particolarmente vistoso, addirittura del 9,5%, a fronte di un mercato del lavoro che ha invece raggiunto nuovi record di occupazione.
Anche la domanda dei servizi di collaborazione mostra lo stesso andamento: da 2 milioni e 600mila famiglie che si sono avvalse di colf, badanti e baby-sitter nel 2011, a 1,9 milioni del 2022, pari al 7,4% dei nuclei residenti.
Calo delle nascite e diffusione dello smart working le probabili cause che hanno impattato sulla domanda di servizi di collaborazione, in particolare per quelli legati alla prima infanzia e alla cura della casa.
Ma soprattutto, a pesare è la difficoltà a sostenere i costi per l’assistenza di parenti non autosufficienti.
Secondo l’indagine Family (Net) Work svolta a luglio 2024 su un campione di 2.015 famiglie aderenti ad Assindatcolf e Webcolf, i nuclei che si avvalgono dei servizi forniti da una badante affrontano ogni mese un costo superiore al 50% del reddito mensile.
Cifre ormai insostenibili non solo per le famiglie a basso reddito, ma anche per il ceto medio (le famiglie che fanno fatica a sostenere queste spese passano dal 27,9% del gennaio 2023 al 55,2% del luglio 2024).
Non va, inoltre, sottovalutato come la stessa offerta di lavoro, molto ampia in passato, si stia restringendo.
Le famiglie italiane, infatti, non solo hanno problemi a reclutare la persona giusta per il tipo di lavoro da svolgere (68,7%), ma anche nel reperire le figure disponibili (21,5%).
Emblematica è la difficoltà di ricambio generazionale nel settore: se nel 2014, su 100 badanti, 24 avevano meno di 40 anni e 12 più di 60 anni, nel 2023, la quota di under 40 risulta quasi dimezzata (14,2%), mentre quella degli over 60 più che raddoppiata (29,1%).
Resta infine irrisolto il nodo del sommerso, così come ha evidenziato l’Istat: l’elevata quota di irregolarità che ancora caratterizza il comparto è stimata, infatti, al 54% nel 2023.
Il lavoro domestico rappresenta il 38,3% dell’occupazione irregolare dipendente in Italia e genera un costo per la collettività pari a quasi 2,5 miliardi di euro all’anno (1,5 miliardi di euro derivanti dal mancato gettito contributivo e 904 milioni di euro annui dall’evasione Irpef).
“La fotografia che ci restituisce questo studio – dichiara il presidente di Assindatcolf, Andrea Zini – è senza dubbio allarmante.
Quella di un Paese in cui le donne sono ancora costrette a rinunciare al lavoro per occuparsi della famiglia in particolar modo per motivi economici.
Un circolo vizioso che ha ricadute pesanti soprattutto sul fronte del lavoro domestico irregolare.
È ormai chiara a tutti l’esigenza di una riforma generale del sistema, a partire dalla fiscalità: lo Stato deve supportare economicamente le famiglie, rendendo più accessibile e conveniente il lavoro domestico regolare.
Per questo chiediamo alla Politica di mettere al centro della propria agenda, alla voce welfare familiare, deducibilità fiscale o credito d’imposta del costo del lavoro domestico”.
Qui per scaricare il rapporto: https://www.family-net-work.it/4-paper-rapporto-2024/
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