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La Sinistra va avanti: dove, si vedrà

All’assemblea di domenica a Roma La Sinistra discute ancora una volta di se stessa invece che del mondo. Tra citazioni di Mitterand ed evocazioni del nazismo si va avanti, chi per scelta chi per necessità. Dove? Si vedrà.

‘Il cambiamento necessario’ si intitolava l’assemblea promossa da La Sinistra, la lista elettorale nata intorno a Rifondazione Comunista e Sinistra Italiana, dopo la scoppola del 26 maggio, che l’ha vista fermarsi all’1,7%. Domenica gli organizzatori si aspettavano poca gente, visto lo shock elettorale di due settimane prima, tanto da prenotare il piccolo Teatro dei Servi, 150 posti, a pochi passi dalla Fontana di Trevi. E invece al capezzale di quel che rimane della sinistra italiana sono accorsi in molti, alcune centinaia, forse alla ricerca di una prognosi confortante. Prognosi che la discussione non ha fornito, confermando piuttosto i sintomi di una crisi di cui non si intravvedono possibili sbocchi.

E’ difficile infatti comprendere come una forza politica possa uscire dalla crisi senza fare una riflessione innanzitutto sull’andamento del voto e il fallimento pressoché generalizzato delle sinistre in Europa, sull’inesorabile declino della socialdemocrazia, l’avanzata dei verdi e dei liberali, e infine quella, al di sotto delle aspettative, dei ‘sovranisti’. E poi sulla distribuzione del voto nelle diverse pieghe della società, sui flussi di consensi tra un partito e l’altro, su come interpretare i risultati usciti dalle urne. Andrea Del Monaco, saggista, autore del volume Sud colonia tedesca, parla giustamente di ‘deficit cognitivo della sinistra nella comprensione della realtà’. La Lega – osserva Del Monaco – è cognitivamente superiore perché ha studiato dagli economisti di sinistra gli effetti del divario tra nord e sud Europa e, parallelamente, tra nord e sud Italia. Il partito di Salvini ‘non vince solo perché parla alla pancia del paese, ma perché è l’unico partito organizzativamente leninista, che seleziona i propri quadri e ha una scuola di formazione politica. Se noi pensiamo che gli altri vincono solo perché sono cattivi e fascisti non abbiamo capito le lezioni della storia’ (l’intero intervento su Youtube090619). Ma è una voce che grida nel deserto.

In generale infatti i grandi assenti in questa discussione sono il mondo reale e la gente che lo popola, soprattutto quella gente a cui la sinistra tradizionalmente dovrebbe rivolgersi: lavoratori, giovani, abitanti di quei quartieri popolari in cui la destra più reazionaria fa il pieno di voti e PD e sinistra evaporano. Non che manchi il rituale appello a ‘stare in mezzo alla gente’, ma se non si spiega quale gente e non si mette in campo una strategia che indichi, luoghi, mezzi e modalità l’invocazione è destinata a rimanere un’inutile litania.

Nel ‘deficit cognitivo’ della sinistra possiamo annoverare anche un’analisi della realtà che vede in ogni provocazione della destra il sintomo inequivocabile del fascismo che avanza. C’è chi evoca addirittura il tentativo di realizzare la visione hitleriana dell’Europa. Tra i pochi a cogliere in pieno le conseguenze politiche di questo genere di affermazioni c’è Mauro Torelli (L’Altra Europa per Tsipras), che ammonisce: ‘Se continuiamo a parlare di fascismo allora diventa inevitabile dire che la sinistra deve allearsi col PD’.

Del resto la discussione sotto traccia (ma non troppo) tra i leader è proprio questa. Il leader di Sinistra Italiana Fratoianni nei giorni scorsi aveva dichiarato al Manifesto che per fermare ‘l’onda nera’ bisogna aprire al PD e al M5S e domenica è intervenuto in politichese, evocando la necessità di grandi cambiamenti, ma senza scoprirsi troppo davanti a una platea in cui molti del PD non vogliono neanche sentir parlare. E’ questa la linea del gruppo dirigente di Rifondazione, schierato in prima fila e chiaramente orientato verso la prosecuzione dell’esperienza de La Sinistra, mentre Fratoianni arriva ad assemblea iniziata e segue il dibattito in piedi accanto a una delle uscite, interviene e va via e il presidente di Sinistra Italiana Claudio Grassi sta seduto nelle ultime file (un ‘linguaggio del corpo’ che in politica spesso dice più delle parole pronunciate sul podio). In sintesi: per Rifondazione La Sinistra è l’ultima spiaggia, per Sinistra Italiana un autobus da cui scendere alla prima fermata utile.

Il problema per Fratoianni è che da una parte vorrebbe liberarsi da un abbraccio con Rifondazione che ha stretto solo per ragioni di opportunità elettorale, dall’altra – come ci racconta in camera caritatis un dirigente di RC – che con l’attuale legge elettorale, anche alleandosi col PD, per rimanere in Parlamento SI dovrebbe superare il quorum del 3%, ipotesi improbabile. Per Rifondazione invece il problema è che dire no a un nuovo centrosinistra anti Salvini oggi, dopo 20 anni di alleanze col centrosinistra anti Berlusconi appare o una scelta incomprensibile o un rigurgito di radicalismo a tempo scaduto.

A sinistra è sempre buona norma confezionare una veste teorica – noblesse oblige – anche a scelte fatte per semplice opportunità. Fratoianni cita Geoge Lakoff, il cognitivista americano autore di Non pensare all’elefante. Vincenzo Vita, ex sottosegretario con Prodi, D’Alema e Amato e Alfonso Gianni, penna di Fausto Bertinotti negli anni d’oro, citano (via Lucio Magri) la svolta di François Mitterand al congresso socialista di Epinay nel 1971, quello della chiamata alle armi di tutti – socialisti, marxisti, anarchici, liberali ed eterni confusi – per scongiurare ‘tirannia e decadenza’. Citazione esoterica che oltre gli effetti di Epinay sulla parabola dei socialisti francesi pare ignorare che in ogni caso la decisione non è nella disponibilità delle forze riunite in quella sala. A decidere se vorrà essere il nuovo Mitterand italiano l’unico titolato sarebbe Zingaretti (Renzi e Calenda permettendo).

Alla fine, come da liturgia, la conclusione è ‘andiamo avanti, compagni!’ Verso dove, come, con chi e, soprattutto, per fare cosa? Le variegate forze della sinistra ‘radicale’ italiana lo decideranno, forse, alla prossima campagna elettorale. Ma intanto il dado è tratto o almeno così si potrà dire fino a smentita.

Questo articolo è stato pubblicato qui

Commenti all'articolo

  • Di pv21 (---.---.---.170) 12 giugno 2019 20:16

    PAXoria > Ancora 3 settimane per veder “assestati” gli Organi decisori dell’Europa sortita dalle elezioni. Lo sanno bene gli operatori dei mercati finanziari, compresi industrie e servizi, che aspettano l’evolversi degli eventi.


    GIUSTO 1 anno fa, il 13 giugno 2018, l’attuale Governo faceva l’en plein con il giuramento di 6 Vice Ministri e 39 Sottosegretari.

    Eppure il Debito non accenna a calare e la promessa crescita è di là da venire.

    Mentre il Governo “arranca”, fuori si ostentano i muscoli ed i pugni chiusi

    E’ il momento della "PAXoria". Finché ci verrà presentato il “conto”, conto salato.


    Lì si vedrà chi detiene le vere qualità, lo “stile” ed il “coraggio” di varare delle misure affatto popolari. Magari affrontando parecchie proteste che si spera non siano troppo violente

    Stare nella stanza dei bottoni non è giocare a Pantomima e Rimpiattino

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