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La Nuova Ecologia - La lezione di Virginio Bettini

Ecologia impegnata e militante con gli accademici pronti a lasciare le loro “torri d’avorio” per partecipare e sostenere le lotte social. Questo l’insegnamento del primo direttore della Nuova Ecologia

Contributo di DAVIDE BOLDRIN WEFFORT e LAURA TUSSI

La lezione che Virginio Bettini ci lascia in eredità è quella di un’ecologia impegnata e militante. Bettini nei suoi libri ha sempre esortato gli accademici a lasciare le loro “torri d’avorio” per partecipare e sostenere le lotte sociali. Ne sono alcuni esempi la denuncia della guerra chimica in Vietnam, il libro Scorie sul nucleare e l’analisi dei perché del no alla Tav. L’impegno di Bettini è stato e rimane raro nel mondo accademico, dove il paradigma dell’apoliticità ed estraneità ai processi storico-sociali sembrano principi fondanti di quella che Thomas Kuhn definirebbe la scienza normale di questa fase storica. Questo paradigma, secondo la scienziata ed economista Julia Steinberger, è alla base del fallimento dell’impresa scientifica di fronte alla crisi climatica. Infatti, nonostante il complesso scientifico si sia dimostrato all’altezza di districare i complessi processi fisici dei cambiamenti climatici, ha fallito miseramente nell’influenzare i processi storici (estrattivismo) alla base degli stessi. Perché non ha importanza l’intrinseca verità delle scoperte scientifiche, se non integrate da conseguenti azioni nel contesto storico dove queste avvengono. Per troppo tempo la maggioranza degli scienziati ha idealizzato una posizione di osservatori estranei e neutrali ai processi storici, relegando il loro ruolo a semplici consiglieri tecnici al servizio del potere. Nicholas Maxwell, filosofo della scienza, ha recentemente definito l’attuale impresa scientifica un tradimento della ragione e dell’umanità, poiché incapace di influenzare e migliorare il presente nel suo miope accumulo di conoscenza. Ora, “suonato l’allarme” per la crisi climatica, la scienza può ritirarsi nella torre d’avorio o agire coerentemente con azioni di disobbedienza civile come recentemente esortato da Charlie J. Gardner e Claire F. R. Wordley sulla rivista Nature Ecology and Evolution. L’impresa scientifica ha, dunque, l’opportunità di riassumere quel carattere liberatorio che ne ha caratterizzato gli albori, quando la rivoluzione copernicana ha sovvertito l’oscurantismo medioevale. In particolare, l’ecologia, come ha affermato Murray Bookchin, ha un carattere intrinsecamente rivoluzionario perché, studiando le relazioni tra organismi e il loro ambiente, non può sottrarsi dalla critica dei sistemi sociali che determinano le relazioni tra la specie umana e l’ambiente. Virginio Bettini lo aveva capito prima di molti altri muovendosi disinvolto dalle cattedre accademiche alle assemblee dei tanti comitati per la difesa del territorio. E oggi, più che mai, dobbiamo seguire il suo esempio.

 

Riferimenti bibliografici citati nel testo:
Virginio Bettini (2006), Scorie. L’irrisolto nucleare. UTET
Virginio Bettini (2006), TAV. I perché del no. UTET
Thomas S. Kuhn (1962), The Structure of Scientific Revolutions. University of Chicago Press
Julia Steinberger. (2019), A Post-mortem for Survival: on science, failure and action on climate change. https://medium.com/age-of-awareness


Nicholas Maxwell (2021), How Universities Have Betrayed Reason and Humanity—And What’s to Be Done About It. Frontiers in Sustainability. doi:10.3389/frsus.2021.631631
Charlie J. Gardner and Claire F. R. Wordley (2019), Scientists must act on our own warnings to humanity. Nature Ecology & Evolution, doi:10.1038/s41559-019-0979-y
Murray Bookchin (1970), Ecology and Revolutionary Thought. Anarchos 

Phamplet ecologico, libro di Virginio BettiniLA PUBBLICAZIONE 

PAMPHLET ECOLOGICO
Libro postumo di Virginio Bettini in edizione Mimesis in tutte le librerie

di Virginio Bettini

a cura di Maurizio Acerbo, Fabrizio Cracolici, Laura Tussi
Introduzione di Maurizio Acerbo
Intervento di Paolo Ferrero
Postfazione di Alfonso Navarra

Questo articolo è stato pubblicato qui

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