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La Giunta per le Autorizzazioni della Camera blinda le intercettazioni per Nicola Cosentino

La Giunta per le Autorizzazioni della Camera blinda le intercettazioni per Nicola Cosentino

La decisione definitiva era stata presa nella seduta del 14 aprile scorso: l’autorizzazione all’utilizzo delle intercettazioni che coinvolgono l’onorevole Nicola Cosentino è negata.

La vicenda, che vede il sottosegretario all’Economia Nicola Cosentino indagato per concorso esterno in associazione camorristica, esplode nel mese di novembre 2009, in concomitanza con la richiesta d’arresto presentata dal GIP del Tribunale di Napoli, Raffaele Piccirillo, per conto dei Pubblici Ministeri Alessandro Milita e Giuseppe Narducci. Richiesta d’arresto che, come consuetudine vuole, la Camera non tardò a rigettare.

L’inchiesta vede l’Onorevole Nicola Cosentino esponente politico di riferimento dei clan camorristici di Casal Di Principe e del casertano in generale; il suo ruolo, secondo le indagini dei pm, è quello di "controllore politico" di ECO4, società deputata allo smaltimento dei rifiuti e diretta dai fratelli Michele e Sergio Orsi, esponenti del clan Bidognetti prima e degli Schiavone/Zagaria poi.
La società ECO4, al fine di raggiungere l’obiettivo di rompere il monopolio della FIBE nel settore degli inceneritori in Campania, diventa socio privato del consorzio a capitale misto CE4, che vede la nomina di Giuseppe Valente come Presidente.

Sono proprio le telefonate di Nicola Cosentino con i fratelli Orsi e con Valente sulle difficoltà di accesso agli appalti di CE4 (a causa dell’opposizione dell’allora ministro Altero Matteoli, secondo le accuse dei pentiti) ad essere il centro della questione. In base al documento di richiesta della procura [PDF] si tratta di ben 46 telefonate chiave che, suffragate dalle interpretazioni fornite dagli stessi Orsi e dallo stesso Valente, dipingono Cosentino come il reale dominus del consorzio.

Le telefonate sono l’elemento probatorio fondamentale dell’accusa. Con la loro archiviazione (e distruzione) rischierà di cadere l’intero procedimento.

Le motivazioni [PDF] con cui la Giunta ha rigettato la richiesta di utilizzo da parte della procura sono state presentate per mano e bocca dell’onorevole Nino Lo Presti (PDL).

La prima: "La maggioranza della Giunta ha ritenuto che il nesso con la precedente deliberazione inerente al collega Cosentino (la richiesta d’arresto, ndr) fosse stretto a tal punto che sarebbe stato contraddittorio decidere diversamente".
In altre parole, secondo l’onorevole Lo Presti, pur valutando l’assenza del cosiddetto fumus persecutionis da parte della magistratura, una volta rigettata la richiesta d’arresto sarebbe - per qualche ignota ragione - incoerente accettare l’impiego delle intercettazioni.

A seguire il principio inedito secondo cui il passare del tempo nega autorevolezza ad una prova: "Le intercettazioni il cui utilizzo viene richiesto afferiscono a conversazioni avutesi tra il deputato Cosentino e altre persone fra il 2002 e il 2004. Si prendono dunque in considerazione elementi ormai molto risalenti nel tempo e la cui idoneità probatoria deve ritenersi in gran parte scemata".

E, a concludere, la questione dell’utilità probatoria delle intercettazioni: "Si tratta di conversazioni il cui contenuto non conferisce profili di novità alla risultanze dell’esame che già è stato svolto a proposito della richiesta d’arresto".

Eppure, l’utilità probatoria delle trascrizioni (questione di dibattito che comunque non compete in alcun modo alla Camera d’appartenenza dell’indagato, secondo quanto stabilito in diverse occasioni dalla Corte Costituzionale), come ricorda lo stesso onorevole Marilena Samperi (PD), "la acquistano alla luce degli elementi successivi della trama dell’indagine, quali le risultanze raccolte dai fratelli Orsi, da Vassallo e dallo stesso Valente".

Nella stessa seduta l’onorevole Samperi aggiungeva: "Se peraltro il relatore fosse convinto davvero che le intercettazioni non hanno valore accusatorio ma anzi ne abbiano uno a discarico dell’indagato, il diniego del loro utilizzo sarebbe davvero incomprensibile".

La seduta (del 3 febbraio 2010) si concluse con le ultime parole di Marilena Samperi, che, in merito a questa obiezione, non ottenne alcuna risposta. In nessun’altra seduta.

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