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La Chiesa Cattolica e i massacri del Ruanda. Una questione aperta

A distanza di vent'anni dal genocidio in Ruanda, la ferita lasciata nel cuore e sulla pelle di un intero popolo non si è ancora riemarginata e forse nulla potrà attenuare il dolore di chi in quella mattanza ha perso i propri cari, ha visto cancellare intere generazioni, ha sofferto e sperato per la sopravvivenza.

Eppure, ancora oggi, si continua a non rispettare questo dolore, tacendo le colpe di chi in quel genecodio è stato in prima linea, con un fucile in mano a mirare sui sopravvisuti, senza distinzione di sesso o di età. Incredibile scoprire che a non farsi carico del peso delle proprie responsabilità siano proprio dei rappresentanti della Chiesa cattolica: preti e suore, per la maggioranza di origine hutu. Molti di loro dopo il genocidio, mentre avevano ancora le mani sporche del sangue degli innocenti, furono condotti in Europa per trovare rifugio sotto l'ala protettrice della Chiesa cattolica.

Wenceslas Munyeshyaka

La storia di Padre Wenceslas Munyeshyaka, in questo senso, è una delle più esemplari. Sorpreso da decine di testimoni con un fucile al collo nelle righe delle milizie uhtu, partecipava ai massacri ospitando e proteggendo gli assassini nella sua chiesa. Oggi Padre vive in un paesino nella Francia, a Gisors, a un'ora di macchina da Parigi. Gli abitanti della cittadina amano e rispettano questo parroco, e quasi tutti ignorano (o preferiscono ignorare) le terribili storie che lo vedrebbero coinvolto nei massacri del Ruanda.

Nel 2005 il Tribunale Penale Internazionele del Ruanda (ICTR) aveva condannato Munyeshyaka all'ergastolo per aver cospirato con i leader estremisti degli hutu stilando delle liste di uomini tutsi da dover eliminare, e pare anche abbia anche stuprato delle giovani donne. Per questi crimini il Tribunale del Ruanda ha indetto da anni una “caccia all'uomo” dal Ruanda alla Francia, e benché Padre Wenceslas sia stato arrestato e rilasciato più volte, ogni tentativo è rimasto vano.

Quello di Wenceslas Munyeshyaka purtroppo non è un caso isolato.Tra gli assassini protetti dalla Chiesa troviamo anche Padre Athanase Seromba, 

accusato di aver ordinato ad alcuni bulldozer di abbattere una chiesa in cui erano rifugiati circa 2000 tutsi, destinandoli inesorabilmente alla morte . Anche in questo caso sono numerosissime le testimonianze riportate durante il processo al Tribunale Penale Internazionele del Ruanda, che ha previsto per lui una condanna di 15 anni.

I testimoni sopravvissuti ai massacri confermano con certezza anche la presenza di 3 vescovi e almeno una decina di parroci, colpevoli dei massacri, molti dei quali avvenuti nelle chiese in cui i tutsi cercavano riparo e conforto, trasformandi i luoghi sacri nei palcoscenici della follia e della violenza più crudele e insensata.

Uno dei sopravvissuti alle ruspe lanciate all'attacco della chiesa di Padre Seromba testimonia di aver chiesto al parroco: “Padre perché non prega per noi?” ricevendo la seguente risposta: “Credi che il Dio dei tutsi sia ancora vivo?”.

Foto: Trocaire & configmanager /Flickr

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