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LGBT+ | La legge contro l’omotransfobia, ovvero: essere nel 2020 e dover ancora discutere dell’ovvio

Intervista di Micaela Grosso

Vi proponiamo un’intervista dal terzo numero del bimestrale dell’Uaar, Nessun Dogma – Agire laico per un mondo più umano.


Il vuoto normativo italiano in materia di tutela della comunità lgbt+ è innegabile. Assurdo? Nel “bel paese”, come al solito, parrebbe di no. Se n’è discusso con il relatore, nonché primo firmatario, Alessandro Zan.

Alessandro Zan è stato assessore all’ambiente, al lavoro e alla cooperazione internazionale presso il Comune di Padova fino al 2013, quando è stato eletto alla Camera dei deputati. Nel 2018 è stato rieletto alla Camera dei deputati nel collegio plurinominale di Padova, capolista del Partito democratico.

L’Italia arriva spesso in coda ad altri paesi, a livello di iniziative e diritti. Riguardo al contrasto della violenza fisica e verbale per l’orientamento sessuale, l’ordinamento italiano non si schiera sin dalla legge Mancino (205/1993), che al momento della sua introduzione pensò piuttosto alla tutela «in materia di discriminazione razziale, etnica e religiosa», ma non fece cenno all’omotransfobia. Nell’ottobre del 2019, la proposta di legge ordinaria avanzata da Alessandro Zan «in materia di violenza o discriminazione per motivi di orientamento sessuale o identità di genere» arriva alla commissione Giustizia.

Dopo un tortuoso percorso politico e burocratico, la conferenza dei gruppi parlamentari alla Camera ha deciso che il testo di legge proposto dal deputato Zan fosse pronto per la discussione in aula. A breve dovrà concludersi l’iter preliminare, per poi passare alla discussione e all’approvazione della Camera, per ripetere infine lo stesso passaggio in Senato. La legge richiede modifiche a due articoli del codice penale, in materia di violenza o discriminazione per motivi di orientamento sessuale o identità di genere.

In un paese civile una legge contro l’omotransfobia non dovrebbe in effetti nemmeno discutersi, nel 2020. Potrebbe descrivere il percorso professionale e politico che l’ha portata alla sua proposta?

Il mio impegno politico è iniziato con la militanza in Arcigay alla fine degli anni ’90. Nel 1999 sono diventato presidente del circolo di Padova, ruolo che mi ha permesso di organizzare proprio nella mia città il Pride nazionale del 2002, un evento fantastico. Per la prima volta nel 2004 sono stato eletto in Consiglio comunale: qui mi sono battuto perché Padova divenisse il primo comune italiano a istituire un registro anagrafico delle coppie di fatto, incluse quelle omosessuali. È stato un bel risultato. Rieletto in Consiglio nel 2009, sono stato nominato assessore all’ambiente e al lavoro: un incarico importantissimo per il mio percorso politico, che mi ha legato indissolubilmente al mio territorio. Poi, nel 2013, sono stato eletto alla Camera dei deputati. Qui, l’11 maggio 2016, ho tenuto la dichiarazione di voto per il Partito democratico sulla fiducia alla legge sulle unioni civili, uno dei momenti più emozionanti della mia vita. Rieletto in parlamento nel 2018, ho subito presentato la proposta di legge contro l’omotransfobia: un paese che si definisce civile deve saper tutelare e proteggere tutti i suoi cittadini. Questa è una legge che non può più attendere. Ho dedicato la mia vita politica ai diritti civili e ne sono fiero, però senza mai tralasciare il rapporto e l’ascolto del territorio e dei suoi problemi specifici.

 Per continuare a leggere l’intervista associati all’Uaar, abbonati oppure acquista subito il terzo numero della rivista Nessun Dogma in formato PDF.


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