“La provincia non serve? Non la voto!"

Ecco perchè le province sono: "enti inutili" (o non indispensabili):
I- RAGIONI D’ECONOMIA DELLA SPESA PUBBLICA:
Le province italiane hanno raggiunto quota 107: 12 nuove province sono state create solo negli ultimi anni!
Nel 2006 la somma dei bilanci di tutte le province italiane ammontava a 17 miliardi di euro (fonte UPI). Di questi soldi:
- il 73% è stato destinato a spese correnti (per il mantenimento delle Province stesse: personale, affitti, bollette, spese di rappresentanza, auto blu, ecc.)
- mentre soltanto il 27% in investimenti (servizi forniti ai cittadini: manutenzione strade, scuole, ecc.).
Ciò vuol dire che:
- ben 3/4 dei soldi spesi dalle province servono al “mantenimento” delle stesse province
- mentre solo 1/4 vengono utilizzati per i servizi ai cittadini!
In media, ogni politico provinciale ha un costo annuale di euro 27.400. Considerando che i soli consiglieri provinciali (senza considerare assessori e consulenti) ammontano a circa 3.000, ognuno può ben trarre le sue conclusioni!
La soppressione delle province:
- permetterebbe un enorme risparmio per le casse dello Stato
- e costituirebbe un chiaro segnale di volontà di riformare la macchina amministrativa a vantaggio della semplificazione di un sistema inefficiente e dispendioso.
II- RAGIONI DI SEMPLIFICAZIONE E MAGGIORE EFFICIENZA DEL SISTEMA ISTITUZIONALE:
Dopo la costituzione delle Regioni ordinarie (nel 1971) e la riforma del Titolo V della Costituzione (nel 2001), le province costituiscono l’ente territoriale:
- con minori competenze (poche funzioni ed “intermediarie” tra Comuni e Regioni)
- e maggiormente “inefficiente” nel rapporto costi sostenuti-servizi offerti.
L’introduzione delle città metropolitane (costituzionalizzate nel 2001) rischia di creare un’interferenza a livello organizzativo (oltre che funzionale) tra le costituende aree metropolitane e le province.
Nell’ottica del “federalismo fiscale”, infine, la soppressione delle province servirebbe ad evitare il rischio di una moltiplicazione dei centri di spesa.
III- PERDITA DEL RUOLO STORICO E DELLA RAPPRESENTATIVITA’ DELL’ENTE:
Le province non sono avvertite dal cittadino come un riferimento amministrativo “indispensabile”: in pochi, interrogati sul punto, saprebbero rispondere:
- circa le competenze della provincia
- o sulle ragioni per cui tali funzioni non facciano capo alla regione o all’amministrazione comunale.
A livello provinciale l’introduzione dell’elezione diretta del presidente non ha determinato il rafforzamento di un rapporto virtuoso tra rappresentanza e responsabilità (invece chiaro per il sindaco e per il presidente di regione).
La rappresentatività politica degli eletti negli organi provinciali (secondo tutti i sondaggi disponibili) è al livello più basso tra quello di tutte le istituzioni!
Il generale “disinteresse” della gente per le province, così, si riflette nei dati elettorali: nella tornata amministrativa del 27-28 maggio 2007:
- mentre il 73,95 per cento degli aventi diritto al voto ha partecipato alle votazioni per le elezioni comunali,
- solo il 58,08 per cento ha preso parte a quelle provinciali (fonte: Ministero dell’interno).
Ecco perchè "non votare" alle prossime elezioni provinciali e l’unica opzione possibile...
Dal 14 marzo ha preso ufficialmente avvio la campagna nazionale “LA PROVINCIA NON SERVE? NON LA VOTO!” (http://www.nonservenonvoto.it/cms).
Si tratta di un comitato (libero, apartitico, aconfessionale e senza fini di lucro) formato da liberi cittadini, associazioni e gruppi spontanei, che si prefigge un obiettivo comune: PROMUOVERE UNA CAMPAGNA NAZIONALE D’ASTENSIONISMO IN VISTA DELLE PROSSIME ELEZIONI PROVINCIALI (in cui gli elettori di ben 73 delle 107 province italiane saranno chiamati al voto).
Non votare (per le sole elezioni provinciali) è una azione di “disobbedienza civile” imposta dalla “extrema ratio”:
Quando la politica (rinnegando le recenti promesse elettorali) si accinge spavaldamente ad accantonare ogni progetto di soppressione delle province per “ri-legittimare” le stesse col voto inconsapevole di noi elettori, a noi cittadini non rimane che un’unica arma da giocare: quella di “de-legittimare” le province!
Come? NON RECANDOCI ALLE URNE, con l’obiettivo di raggiungere una quota d’astensione superiore al 50%!
Traguardo ben più vicino di quanto possa sembrare, considerando che nella tornata elettorale amministrativa del 27-28 maggio 2007 (fonte: Ministero dell’interno):
- mentre il 73,95 per cento degli aventi diritto al voto ha partecipato alle votazioni per le elezioni comunali
- solo il 58,08 per cento ha preso parte a quelle provinciali
(il che sconcerta se si considera che l’affluenza al voto in molte delle province interessate è stata incrementata dalle contemporanee elezioni comunali!).
Pur comprendo le perplessità:
- di chi crede che il voto sia un “dovere” più che un “diritto”
- e di chi ritiene poco efficace tale forma di protesta (che non intaccherà direttamente gli interessi di chi conquisterà ugualmente le sue poltrone)
crediamo che la “strada per il cambiamento” non passi più per gli ordinari meccanismi della rappresentanza politica, di quella politica che unitariamente e trasversalmente:
- disattende ripetute promesse
- e non ascolta le esigenze condivise del Paese.
Anche se non è facile individuare la strategia migliore per combattere un intero “Sistema” unitariamente pronto a difendere i propri interessi (nonostante le parole -spesso di facciata- di qualche politico o partito), crediamo che “delegittimare” la classe politica provinciale (facendole mancare “massicciamente” il nostro consenso) sia l’unico possibile inizio!
Sappiamo bene che ciò non conseguirà risultati immediati: a prescindere dal “non voto”, la schiera dei “politicanti” pronti ad accaparrarsi gli emolumenti onerosi di qualche carica provinciale (elettiva o di governo) è già al lavoro!
L’astensione, però, non va interpretata necessariamente come espressione di “qualunquismo” o di mero disinteresse (almeno non è questo lo spirito con cui noi vogliamo affrontare questa campagna di sensibilizzazione). Non votare può rappresentare una reazione attiva di “disobbedienza civile” volta:
- a mobilitare le coscienze comuni
- a spingere la gente ad un non-voto “consapevole”
- ed a far crescere l’indignazione popolare contro la “Casta” autoreferenziale che ci governa a tutti i livelli!
Astenersi, perciò, può essere non solo il segno di una comune disaffezione per le istituzioni, per la politica, per la democrazia, bensì anche una rivendicazione dal basso di “più politica” (non meno): di più politica “del fare”, di meno politica “del dire”!
Solo quando difendere le province a discapito dell’interesse comune sarà una scelta politicamente “suicida” (comportando un “costo elettorale” notevole per i partiti), allora sarà possibile pronosticare qualche risultato utile ...
Gaspare Serra
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COMITATO “LA PROVINCIA NON SERVE? NON LA VOTO!”:
http://www.nonservenonvoto.it/cms
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