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L’orologio del clima e i venti di guerra

Per quanti contano i giorni dalla nascita di Cristo, il terzo millennio ha mosso i primi passi in un mondo investito da una serie di minacce senza precedenti. La civiltà tecnologica, dopo la caduta del muro di Berlino, sembrava avviata verso un futuro di pace e di benessere, quando si è trovata improvvisamente coinvolta in una doppia crisi che rischia di tramutarsi in un disastro incontrollabile.

 Sul piano ambientale, l’accelerazione dei cambiamenti climatici ha indotto anche i governi più riottosi a riconoscere la necessità di assumere impegni concreti per la riduzione delle emissioni, considerate responsabili di sconvolgimenti che non appare ormai appropriato definire naturali. Solo il futuro potrà dirci se gli accordi sottoscritti alla recente Conferenza di Parigi potranno mitigarne gli effetti.

In politica, il mondo a cui eravamo abituati, popolato da fazioni contrapposte di ricchi e poveri, oppressori e oppressi, spesso teatro di conflitti sanguinosi fra contendenti chiaramente riconoscibili e ristretti in gabbie chiamate nazioni, si è improvvisamente trasformato in un magma sconfinato e indistinto, un tegame di Roncisvalle, nel quale echeggiano proclami, si scontrano culture e appartenenze, minacciano, soffrono e muoiono uomini, donne, bambini, assassini, disperati, traditi, esaltati. In questa bolgia, residui di umanità vagano senza meta e senza futuro alla ricerca del senno di Orlando in un’improbabile realtà virtuale, l’occhio asciutto e il cuore di pietra.

Il ripristino di un antico ordine, in campo ambientale come nella convivenza, sembra oggi affidato ad armi spuntate, l’orologio del clima bussa con neri presagi alla porta e forse non basteranno a fermarlo i sorrisi di falso compiacimento ostentati a Parigi.

Nelle relazioni internazionali, l’apertura degli arsenali nucleari, recentemente evocata da Putin non porrà fine alla terza guerra mondiale, richiamata con tristezza da papa Francesco. E nemmeno sarà utile promettere progressi alla scuola di spietatezza del presidente Hollande nelle riunioni familiari intorno alla mensa della domenica.

 Dovremo aprire altre porte, ritrovare valori comuni. Gesù Cristo parlava con tutti, la storia non finì bene, ma ci è rimasto un esempio. Oggi sappiamo come va il mondo e non parleremo qui d’amore, ma citeremo la Costituzione. Con l’art. 11 i padri costituenti ripresero il messaggio. Oggi, come mai prima, il ripudio della guerra deve essere un punto fermo; se non ci sono altre strade, occorrerà inventarle.

 

Foto: Itzafineday/Flickr

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