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L’indipendenza dell’informazione... E il crack Parmalat?

Ferruccio De Bortoli, direttore del “Sole-24 Ore”, va in giro per conferenze sulla crisi finanziaria ed i suoi riflessi sull’economia reale e col suo solito aplomb chiosa: “E’ nelle situazioni di crisi che si evidenzia l’importanza di una stampa libera e indipendente …”.
 
Verrebbe da chiedergli: ma questo principio sacrosanto, ratificato pure nelle otto regole della “Carta dei doveri dei giornalisti economici” del 1993 (ritoccata nel 2005 e nel 2007) che a sua volta si richiamava alla direttiva comunitaria contro il market abuse, s’è mai tradotto in realtà?
 
Si direbbe piuttosto che in tutti i principali casi di crisi finanziarie del passato recente (nelle quali le banche hanno sempre giocato un ruolo di primo piano) , come Cirio, Parmalat, Italease, i giornalisti, comprese alcune cosiddette “grandi firme", si sono dimostrati nel migliore dei casi poco attenti a quel che accadeva, nel peggiore omertosi ed accondiscendenti, per non parlare dei casi eclatanti di giornalisti che ricattavano le imprese: soldi in cambio della cessazione di campagne di stampa ostili.
 
Insomma, come scrive Travaglio, anziché i cani di guardia del potere, come in America, questi al massimo hanno fatto i cani di compagnia o da riporto.
Per esempio: i giornalisti del gruppo editoriale che fa capo all’Unione Industriali di Parma, mentre la bolla speculativa Parmalat cresce nel corso degli anni ’80 e ’90 fino a raggiungere la cifra record di 15 miliardi di euro, 30.000 miliardi di lire, l’equivalente di due punti di PIL, non fanno una piega.
 
Nemmeno quando si comincia a vociferare apertamente di doppie fatturazioni, di operazioni spregiudicate, di fatica a rientrare dai prestiti bancari e intanto si susseguono i fallimenti industriali (ultimo quello dei prodotti della linea Mister Day).
 
Nemmeno quando, sei anni prima del crack del 2003, un piccolo ragioniere parmigiano, tale Mario Valla, in una consulenza per la Procura (che poi opportunamente insabbierà il tutto) denuncia : “La Parmalat è da considerarsi fallita senza l’aiuto delle banche".
 
E il loro giornale (la Gazzetta di Parma) continuerà a tacere persino quando, a metà dicembre 2003, ormai tutte le prime pagine dei quotidiani nazionali sono dedicate alla Parmalat (forse sperando che nessuno le leggesse).
 
Dopodiché, caduto Tanzi, sarà tutto un “dagli all’untore!”, un addossargli tutte le colpe per non far emergere il marcio tutt’attorno.
Ma, ripeto, quello dell’indipendenza della stampa dal potere economico è un problema nazionale.
 
Ogni tanto, per fortuna, qualche giornalista se ne ricorda.
 
Per esempio. Il 31 dicembre scorso sul Corsera i giornalisti del Cdr del giornale milanese così scrivono agli azionisti della RCS (banchieri, imprenditori, finanzieri e capitani d’azienda): “In una fase confusa e delicata, questa Redazione continua ad avere chiaro che il Corriere della Sera non è uno strumento nelle vostre mani  e vi ricorda ancora una volta che la missione di un giornale è di assicurare un’informazione libera, pluralista e, sempre e ovunque, indipendente”.
 
Chissà se questi buoni propositi serviranno in futuro a strappare qualche incauto risparmiatore dalle grinfie di bancarottieri e banchieri da strapazzo .
 
 
Parma, 09/01/2009
 
 
 

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