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 Home page > Tribuna Libera > L’autodeterminazione dei popoli nell’Unione Europea

L’autodeterminazione dei popoli nell’Unione Europea

“Sviluppare tra le nazioni relazioni amichevoli fondate sul rispetto e sul principio dell’eguaglianza dei diritti e dell’auto-determinazione dei popoli…”

Carta della Nazioni Unite, Capitolo 1

 

 
La Carta delle Nazioni Unite parla chiaro, parla di autodeterminazione dei popoli. In questo articolo vogliamo parlare dell’autodeterminazione dei popoli in seno all’Unione Europea. Questa situazione ha una sua unicità storica perché si parla di eventuali proclamazioni di indipendenza nei confronti dello stato nazionale ma pur sempre rimanendo all’interno di un’entità sovranazionale come l’Unione Europea che non è una semplice alleanza, ma un vero e proprio sovra-stato.

Il prossimo anno probabilmente si voteranno i referendum per l’indipendenza della Catalogna e della Scozia. L’Unione Europea è attualmente totalmente impreparata a gestire questa eventualità. Noi qui di seguito vogliamo elencare una nostra proposta per gestire situazioni di questo genere che potrebbero presentarsi diverse volte nel futuro europeo. Inoltre vogliamo anche considerare che la situazione europea è diversa da quella di un singolo stato nazionale indipendente che con eventuali separatismi interni rischierebbe di perdere influenza o risorse strategiche, nel caso europeo si parla di separazione ma pur sempre rimanendo nella stessa entità sovranazionale, quindi opporsi a richieste di questo tipo, a nostro avviso, è una limitazione della libertà dei popoli europei e dei cittadini stessi. Ovviamente in questo articolo parliamo esclusivamente di eventuali indipendenze interne all’Unione e non vogliamo assolutamente parlare di sì o no all’Unione Europea e all’Euro o di staccarsi dall’Unione stessa. Qui parleremo soltanto della nostra proposta di come gestire richieste di autodeterminazione interne.

Partiamo da un’immagine:
AUTODETERMINAZIONE

Ecco, in questa immagine abbiamo due estremi “utopici”, quindi la totale autodeterminazione dove anche una persona singola può richiedere l’indipendenza e diventare uno stato indipendente e la totale centralizzazione che sarebbe un sistema dove non esiste la minima autonomia amministrativa e governativa. Tra due estremi, impossibili da realizzare nella realtà, abbiamo le loro fasce di prossimità quindi un’esagerata autodeterminazione e l’eccesso di centralizzazione. In mezzo abbiamo l’autodeterminazione razionale che è quella che vogliamo proporre come possibile regola che l’Unione Europea possa adottare per gestire le richieste di indipendenza.

Perché se i casi della Catalogna e della Scozia avranno successo, bisognerà mettere in conto che altri possano seguire il loro esempio, quindi sarebbe buona cosa se l’Unione adottasse un procedimento per gestire queste situazioni. Di seguito illustriamo la proposta del nostro blog.

Per prima cosa partiamo dai requisiti per richiedere l’indipendenza. Perché per evitare un caos di richieste di indipendenza dobbiamo istituire dei requisti che evitino un’eccessiva e dannosa frammentazione.

Noi abbiamo individuato tre macro motivazioni per richiedere l’indipendenza:

1) POLITICA  2) CULTURALE  3)TERRITORIALE

1) MOTIVAZIONE POLITICA: una parte del territorio nazionale può voler l’indipendenza non per particolari differenze culturali con lo stato d’appartenenza ma semplicemente per una necessità di gestione separata del piano politico ed economico. Un esempio potrebbe essere una regione italiana come la Liguria, dove esiste sicuramente una differenza culturale con il resto della nazione ma non così marcata da poter esigere l’indipendenza. Ipotizziamo però che la Liguria la voglia lo stesso perché la maggioranza della popolazione residente si sente molto distante dalle politiche dell’Italia. Nel caso si realizzasse una pretesa di questo tipo pensiamo che indicativamente i requisti demografici e territoriali per avanzare questo tipo di richiesta siano: o aver almeno 1 milione di abitanti o avere un’area geografica di almeno 5.000 km quadrati.

2) MOTIVAZIONE CULTURALE: la motivazione culturale può essere una differenza etnica, religiosa, linguistica o storica rispetto allo stato di appartenenza. In Italia, ad esempio, abbiamo l’Alto Adige dove si parla tedesco e la popolazione è culturalmente ed etnicamente più vicina alle popolazioni germaniche.

Una richiesta di indipendenza per motivi culturali deve dimostrare che all’interno dell’area separatista la maggioranza dei residenti abbia effettivamente questa differenza, inoltre l’area deve avere una certa consistenza territoriale e la differenza culturale deve avere una sua storicità (deve esistere da almeno cinquant’anni) questo per evitare che magari con i recenti movimenti migratori si creino ad esempio delle aeree a maggioranza islamica e queste chiedano l’indipendenza. Questo deve essere evitato appunto con il requisito di storicità della differenza culturale. Invece rispetto a sopra riteniamo che gli abitanti debbano essere almeno trecento mila e i km quadrati almeno 2.000.

3) MOTIVAZIONE TERRITORIALE: un territorio che geograficamente risulti già di per se distaccato dallo stato di appartenenza (tipo un’isola, una penisola o un territorio molto distante dagli altri nuclei abitati) deve aver diritto a causa della distanza a richiedere l’indipendenza. Per evitare che ogni mini isoletta richieda l’indipendenza riteniamo che i requisiti siano almeno 50.000 abitanti e almeno 50 km quadrati.

Queste sono le motivazioni per cui si può aver diritto a richiedere un referendum sull’indipendenza. Ora passiamo a chi possa richiedere questa indipendenza. Noi abbiamo individuato tre soggetti:

1) Un comitato promotore che raccolga le firme di almeno il 10% delle persone residenti con diritto di voto.

2) L’eventuale capo amministrativo dell’area interessata, se esiste (ad esempio il presidente della regione), o più amministratori locali se l’area non ha una sua rappresentanza univoca (una serie di sindaci ad esempio).

3) Lo stato di appartenenza stesso che decide di verificare di sua volontà la fedeltà di una determinata area territoriale.

Questi sono quelli che secondo noi sono autorizzati a richiedere all’Unione Europea un referendum sull’indipendenza dal proprio stato nazionale.

Ora passiamo ad altre considerazioni. Una cosa da valutare è il tempo di attesa. Per motivi politici e territoriali il tempo d’attesa potrebbe essere di un anno prima di effettuare il referendum, per motivi culturali sei mesi. Questo per poter dare il tempo di svolgere un dibattito sull’argomento.
Un altro fattore da regolamentare è la validità del referendum per evitare ripensamenti che porterebbero solo caos e disorganizzazione. Un’eventuale indipendenza non deve essere sottoposta ad altri referendum per almeno quindici o vent’anni.

Inoltre bisognerà anche regolamentare il debito pubblico, a nostro avviso lo stato separatista dovrà addossarsi una quota di debito pubblico dallo stato nazionale in base al suo PIL. Stesso discorso per l’esercito e le forze armate.

Secondo noi per quanto riguarda l’esercito per evitare che nuovi piccoli stati si sobbarchino i costi e l’organizzazione di un nuovo esercito nazionale, pensiamo che la loro quota di esercito debba essere gestita direttamente dall’Unione Europea con la creazione di un Esercito Europeo Provvisorio che gestisca gli eserciti dei nuovi stati separatisti in attesa che venga realizzato un Esercito Europeo Unico.

Ultima considerazione è sulle città oltre un milione di abitanti ormai totalmente multi etniche e globalizzate. Faccio l’esempio del Piemonte: se si chiede alla maggioranza dei torinesi qualcosa sull’identità culturale piemontese essi non sapranno rispondere, mentre se si va nel resto del Piemonte è probabile il contrario. Quindi nel caso dovessero nascere nuovi stati credo che sia anche necessario che queste città così globalizzate diventino delle città-stato a sé perché hanno più in comune con le altre città globalizzate europee che con la cultura del territorio circostante. Quindi seguire in questo senso la proposta avanzata in Europa per il Belgio con la divisione in Fiandre, Vallonia e città stato di Bruxelles.

Come ultimo fattore pensiamo che nell’eventuale referendum separatista ci sia anche la richiesta sulla matrice culturale da adottare ad esempio, se rimanere nella matrice culturale italiana (quindi rimanere culturalmente uguali anche se separati), oppure adottare una doppia matrice ad esempio italiana e piemontese (quindi introduzione della lingua piemontese nelle scuole) oppure una matrice italiana e francese oppure come potrebbe essere nel caso dell’Alto Adige, adottare esclusivamente la matrice locale o addirittura una differente dall’ex stato di appartenenza come quella tedesca. Questi quesiti dovranno accompagnare un eventuale referendum secessionista. Invece in caso di richieste unioniste (quindi un’area che vuole abbandonare il suo stato per passare ad un altro) crediamo che requisiti imprescindibili siano la contiguità territoriale e una forte vicinanza culturale allo stato con cui ci si vuole unire, per evitare opportunismi di semplice natura politica ed economica.

Questa è in conclusione la nostra proposta per regolamentare le richieste di autodeterminazione in seno all’Unione Europea. Richieste che seguendo un regolamento del genere dovranno ovviamente essere vagliate e accettate da una commissione europea incaricata per questo scopo.

Invitiamo i lettori a porci eventuali dubbi o magari degli approfondimenti su questo tema che potrebbe essere di attualità negli anni a venire soprattutto se la crisi continuerà a persistere.

 

Questo articolo è stato pubblicato qui

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