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L’audace piano della Bundesbank per abbassare i rendimenti tedeschi

Poiché il momento è assai propizio, a pochi giorni dalle elezioni europee, cosa c’è di meglio di una bella bufala complottarda per spiegare ai poveri italiani che i perfidi tedeschi sono dei volgari bari? Bufala peraltro ricorrente, ad intervalli regolari, in questo paese di vittimizzati piagnucolosi. La vicenda, e siamo sinceramente annoiati a parlarne ancora, è quella della Bundesbank che si “comprerebbe” l’invenduto delle aste dei titoli di stato tedeschi, facendo marameo a noi poveri mediterranei sofferenti e costretti dalla camicia di forza delle regole dell’Europa Matrigna.

A tre anni di distanza dal primo “episodio” di asta Bund andata “deserta” (non è chiaro il motivo, ma il giornalista italiano medio prova autentici brividi lungo la schiena, ogni volta che riesce ad utilizzare questa bizzarra espressione riferita ad un’asta di governativi tedeschi), eccoci di nuovo a gridare al gombloddo. Questa volta l’avvio pare venga dal blog del giornalista di RepubblicaCarlo Clericetti, che in un post suggerisce subliminalmente addirittura che in Germania si attui una cripto-monetizzazione del debito pubblico (a breve capirete il perché, con esempio). Udite udite:

«Funziona così: i titoli vengono emessi da un’agenzia governativa, l’Agenzia per il debito. Se all’emissione non vengono collocati tutti, la parte invenduta viene “congelata”, per conto dell’Agenzia, presso la Bundesbank. La Buba non li sottoscrive, e il trucco è tutto qui; ma nel periodo successivo (giorni, o a volte settimane) li colloca a poco a poco sul mercato secondario, fino a completo smaltimento»

Perbacco. E quindi? Ma proseguiamo, facendoci guidare dal detective Clericetti:

«Perché si può affermare che si tratta di un vero e proprio aggiramento delle regole? Perché il rendimento al quale i titoli vengono collocati è quello determinato dal prezzo dell’asta all’emissione, cioè sul mercato primario, a cui partecipa un certo numero di grandi operatori qualificati. Se a un certo prezzo l’emissione non viene assorbita completamente il prezzo dovrebbe scendere – e quindi il rendimento salire – fino al livello a cui il mercato è disposto a comprare tutto. Invece grazie a quel meccanismo viene posto uno sbarramento, mantenendo il rendimento più in basso»

«Sul mercato secondario (quello dei titoli già emessi) è tutta un’altra musica. Non solo è più grande, dato che vi partecipano tutti gli operatori, ma, soprattutto, su quello è permesso operare anche alle banche centrali, che comunque possono manovrare le condizioni di liquidità in modo da facilitare il collocamento dei titoli»

Quindi, è la sintesi del discorso di Clericetti, il mercato secondario dei Bund è alterato e manipolato dall’azione della Buba, che tiene i tassi artificiosamente bassi. Nel post si cita il fatto che della vicenda si sarebbe occupato in passato l’Economist, e segnala anche un articolo di qualche anno addietro (in occasione di altra asta Bund “andata deserta”) del professor Manfredi De Leo, economista della Sapienza.

Vediamo di andare con ordine. In Germania è prassi che l’agenzia federale preposta al collocamento del debito pubblico (la Finanzagenturtrattenga presso di sé parte del controvalore di un’asta. Tale controvalore è stato dal 2005 mediamente pari al 20% della singola emissione. Abbastanza per dire che si tratta di caratteristica strutturale del sistema tedesco di classamento del debito pubblico. La procedura d’asta per i Bund prevede il sistema del prezzo multiplo, dove le richieste sono soddisfatte al singolo prezzo offerto dall’acquirente e non ad un prezzo unico. Le richieste superiori al prezzo minimo accettato sono interamente accolte, quelle inferiori vengono rigettate. Gli intermediari possono anche presentare offerte non competitive, che vengono soddisfatte al prezzo medio ponderato di quelle accettate. Il governo federale tedesco, o meglio la sua agenzia, Finanzagentur, si riserva il diritto di di rifiutare le richieste, in tutto o in parte.

Questa tecnica serve evidentemente a calmierare i rendimenti di aggiudicazione, e questo non è un comportamento penalmente rilevante, diciamo. Che succede, quindi, all’invenduto? Che viene preso in carico daFinanzagentur. Cioè resta puramente una scrittura contabile (e non soldi) in pancia al governo federale, non alla Bundesbank. La Buba è semplicemente il paying agent dell’agenzia, cioè l’entità che si occupa di regolare i corrispettivi di compravendita con le banche. Già questo punto dovrebbe permettervi di capire che non c’è nulla di anomalo e, soprattutto, che non si tratta di monetizzazione del debito pubblico, contrariamente ai paragoni maliziosi e subliminali di Clericetti, che scomoda (del tutto fuori luogo) la contrarietà della Buba alle OMT di Mario Draghi.

Quanto all’Economistecco il pezzo non linkato da Clericetti, immaginate voi il motivo. In esso troverete la spiegazione del “mistero” così come fornita da Lorenzo Pagani, gestore di titoli governativi europei nella controllata tedesca di Pimco. In tale commento si conferma che la Bundesbank non compra alcunché ma si limita ad intermediare e fungere da agente pagatore per conto dell’agenzia federale.

Appurato che la Buba non monetizza alcunché, dedichiamoci alla parte più sottile dell’atto di accusa di Clericetti: la manipolazione del mercato secondario. Che, come sapete, è ampio, molto più ampio del primario (la scoperta dell’acqua calda). Secondo Clericetti (e De Leo), la Buba cospirerebbe sul secondario per “manovrare le condizioni di liquidità dei titoli”. Allora. La Buba è venditrice/cedente per contro della Finanzagentur, ricordate? Se io vendo qualcosa tendo a deprimerne il prezzo e non ad innalzarlo. Nel caso di specie tendo ad aumentarne il rendimento e non a ridurlo. Ci siete? Bene. Quindi, par di capire, la Buba complotta con le altre banche tedesche per vendere alle medesime ed agli altri operatori internazionali qualcosa a caro prezzo, servendolo sul mercato anziché ritirarlo dal medesimo. Ma non è fantastico, tutto ciò? Un po’ come la forza di gravità negativa, quella dove lancio un oggetto dalla finestra e quello mi finisce sul tetto anziché per strada.

O forse la Buba va dalle banche e dice: “Ehi, psst! Sto per vendere un miliardo di Bund, correte che poi non ce ne saranno più, sarà una rarità assoluta!” Tutti si fiondano a comprare, il prezzo sale, il rendimento crolla e la Germania pasteggia sulle nostre spalle. Parlando seriamente: ciò che Clericetti, De Leo e tutti quelli che argomentano in modo simile non sanno è che nelle aste di titoli di stato tedeschi le banche che hanno il ruolo di specialiste non hanno praticamente vincolo di comprare “a fermo” una quota di titoli in emissione: tale obbligo è di solo lo 0,05% dell’emesso, cioè il nulla. Da qui la necessità di un cuscinetto di stabilizzazione successiva all’asta, rappresentato dalla retention da parte di Finanzagentur.

Clericetti stia sereno: il secondario dei governativi tedeschi è così ampio, profondo e liquido che le quantità movimentabili da Finanzagentur sono inidonee a spostare i rendimenti in modo significativo. Né possono andare contro la tendenza di fondo del mercato, peraltro. Eppure, ad intervalli regolari, questa tipica fregnaccia Made in Italy torna a galla. E pensare che, tre anni addietro, era già stata perfettamente debunkata da Marco Cobianchi. Misteri del giornalismo italiano. Poi non lamentatevi che sbuchi il primo Berlusconi che passa, ululando che “la Deutsche Bank con aiuto della Bundesbank vende i titoli italiani!”

E’ un vero peccato che questa vicenda sia così terribilmente tecnica: avremmo visto volentieri Giorgia Meloni urlare, dai banchi del mercato: “Ahò, ce stanno a fregà, anvedi!” Ma siamo fiduciosi che lei o altri, prima o poi, si lascerà alle spalle la storia del secondario manipolato e ripiegherà su un bel “Ahò, ‘aaa Bbbubba sta a stampa’, daje!“. 

P.S. Il post di Clericetti è oggi ripreso pressoché alla lettera su Libero da Ugo Bertone, che però aggiunge di suo alla mistura lisergica. A parte il titolo del pezzo (di cui l’autore non è responsabile, ricordate), che fa molto Libero, “La Merkel trucca le aste dei Bund” (vabbè), ad un certo punto Bertone ci spiega l’essenza del complotto della Bundesbank contro noi italiani piccoli e neri:

I rendimenti più bassi spuntati dalle Finanze tedesche contribuiscono ad alzare lo spread, cioè la differenza che i Paesi della cosiddetta «periferia» pagano in termini di competitività. Ma serve anche comprimere i prezzi e ad aggravare per questa via la deflazione che annulla le chances di ripresa del Sud Europa. La discesa dell’inflazione, infatti, crea un problema in più per i grandi ebitori, a partire dall’Italia

Ora, a parte che i rendimenti tedeschi non sono inversamente correlati con quelli italiani (per qualche misteriosa legge fisica, par di capire), Bertone ci segnala che bassi rendimenti tedeschi causano deflazione in Sud Europa! A questo punto, diciamo alla Bce di alzare i tassi ufficiali di alcuni punti percentuali ed otterremo l’agognata inflazione, no? Noi restiamo in attesa dell’invito a pranzo da parte di Bertone, comunque: il suo risotto alla peyote dicono sia da stelle Michelin.

 

Foto: Wikimedia

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