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L’Eterno Ritorno del Fallimento

Si, lo sappiamo: siete già belli e polarizzati, tra D’Alema versus Renzi: voi avete distrutto l’Ulivo; no, noi lo abbiamo creato; “e loro allora?”, e quant’altro. Sappiamo anche che alcuni di voi sono impegnati allo spasimo a denunciare brunettianamente le malefatte di questo governo violatore seriale delle Euroregole, mentre ai vostri tempi urlavate al golpe della Deutsche Bank contro i Btp ed alla eroica resistenza contro lo Straniero.

Oppure siete pronti alla morte ed alla guareschiana ‘”obbedienza, pronta, cieca, assoluta”, per giustificare il licenziamento della disoccupata che aveva preso ben settantaquattro voti in una consultazione non online del vostro movimento preferito, per una volta non attraverso un server controllato dalla Spettabile Direzione che presiede al radioso futuro dell’onestà “che tornerà di moda”, mentre spiate ossessivamente i sondaggi e cercate di non dire o fare nulla che possa inquietare la nostra unica divinità, la Doxa.

Quando avrete tolto il visore di realtà virtuale che infiamma le vostre giornate, forse scoprirete che i personaggi che oggi si impancano a padri nobili sono in realtà gli stessi che hanno fallito in modo miserabile per lustri, accompagnando il paese lungo il piano inclinato fatto di illusioni ed impoverimento, e che oggi non accettano che qualcun altro possa averli usurpati usando le loro stesse tecniche ed adattando il linguaggio al tempo: qualche “principio” a pasta molle, di quelli distillati dalla cultura di massa, e la solita brama di spoils system, che poi sarebbe il modo sofisticato per descrivere la più classica spoliazione. Che tuttavia, ai tempi dei classici, veniva applicata a ricchezze conquistate, non a povertà per cui accapigliarsi. Chi ha detto che questo paese è una foresta pietrificata? In realtà è pervaso e percorso da fieri scontri tra falliti incumbent adoutsider che bramano a loro volta di fallire.

 

Le ricette fallite non muoiono, in Italia: si rigenerano. Viscerale avversione alla realtà, familismo amorale che vira in tribalismo, sondaggite, un inquietante ibrido tra individualismo anarcoide e socialismo che poi è solo una corrosiva invidia sociale, alla confluenza del nostro amore per le scorciatoie e dal nostro disprezzo per le regole. In realtà siamo egualitaristi sino al midollo: vogliamo una deroga per tutti ed ognuno. Un organismo sociale con tessuti fortemente vascolarizzati di parassiti mediatizzati, che strisciano ai piedi del ducetto di turno, prontissimi a gettarsi dal carro un attimo prima che il medesimo si ribalti.

Nel mezzo, per entrare nei libri di storia delle feste di partito, qualche “riforma” che è la copia fortemente diluita di quanto fatto altrove, in precedenti ere geologiche. I giapponesi lo chiamano Kaizen: è il cambiare in meglio, il “miglioramento continuo”, l’imitazione con valore aggiunto. Da noi è declinato come l’ultima guerra di religione su cose che sono già decrepite. Ma prima di questo istante, nella nostra panoplia di chiacchieroni seriali, resta sempre il complotto esterno e la pallottola d’argento. E tanti editoriali fatti di correlazioni spurie, a corredo e puntello della cultura antiscientifica ed antirazionale che è alla base di tutto. O del Nulla.

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