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L’Argentina ancora sull’orlo del default?

Continua il divertente wrestling dell’Argentina con la realtà. Venerdì è stata la volta del principale distributore di elettricità, che quei cattivoni imperialisti dell’agenzia di rating Moody’s hanno declassato a Caa3, sempre più vicino al default, e per un eccellente motivo: i tapini hanno ricavi espressi in pesos e debito espresso in dollari. Quanto è crudele la vita, a volte.

La Edenor, che sta per Empresa Distribuidora y Comercializadora Norte, ha emesso tre anni fa un bond per 300 milioni di dollari, con scadenza 2022, che paga una cedola annua del 9,75%. Ogni anno servono quindi 29 milioni di dollari per pagare gli interessi. Il problema è che la società, che serve 2,6 milioni di utenti a Buenos Aires città ed ai suoi sobborghi settentrionali, ha da anni le tariffe elettriche bloccate per disposizione governativa. In un paese che ha un’inflazione che si aggira intorno al 25% annuo, questa è la via più rapida per il default.

Al momento, la pezza è rappresentata dalla riduzione dei pagamenti di Edenor al fornitore (pubblico) all’ingrosso, perché in Argentina hanno questo, di affascinante e terribilmente simile all’Italia: l’economia è una variabile residuale della realtà e come tale viene gestita, sin quando non arriva il meteorite in mezzo agli occhi. A questo punto il governo centrale argentino, non potendo far saltare una società così importante per la vita dei cittadini, sarà costretto ad intervenire, o alzando le tariffe dell’elettricità (ma con le elezioni sempre più vicine è al momento escluso) oppure fornendo i mezzi per colmare il gap tra costi e ricavi, oltre al mismatch valutario.

Ma non dovrebbe essere un problema per i pesos, che si stampano allegramente in banca centrale e si consegnano freschi di stampa alla bisogna. Malgrado ciò, lo scorso anno il deficit pubblico argentino è stato il maggiore degli ultimi 11 anni e nel primo semestre di quest’anno il deficit è superiore del 33% allo stesso periodo dello scorso anno. Se non ci fosse stata la tipografia della banca centrale, che ha trasferito al governo il 128% più dell’anno precedente, il deficit fiscale sarebbe stato doppio.

A tale deficit contribuisce, come in moltissimi altri paesi emergenti, il sistema di sussidi pubblici, che è particolarmente distruttivo proprio nell’ambito della elettricità. L’Argentina importa gas naturale boliviano al prezzo di 12 dollari per milione di BTU. Con gli oneri di trasporto e distribuzione il costo arriva a 17 dollari per mBTU, mentre i consumatori domestici pagano l’equivalente di mezzo dollaro per mBTU. Lieve sbilancio reddituale, si direbbe.

Edenor, che è quotata alla borsa di Buenos Aires, è controllata al 51% dalla Administracion Nacional de Seguridad Social, cioè il sistema pensionistico pubblico, da cui il governo provvede periodicamente a razziare liquidità.

A questo punto qualcuno potrebbe chiedersi perché, tre anni addietro, quando era già chiaro che l’Argentina si sarebbe impiccata, ha emesso delle passività in dollari. Riguardo l’inflazione, come forse saprete, l’Argentina è da tempo sul banco degli imputati, accusata di sottostimare il costo della vita. Il dato ufficiale, fornito dallo screditatissimo istituto nazionale di statistica, è di circa il 10%, mentre economisti indipendenti stimano il valore effettivo dell’inflazione al 25%. Che poi è la percentuale intorno a cui crescono gli aggregati monetari ed i sindacati negoziano i rinnovi contrattuali, ma deve essere una singolare coincidenza.

Il governo di Cristina Kirchner è già stato ammonito dal Fondo Monetario Internazionale a produrre entro la fine di quest’anno una metodologia veritiera e verificabile di misurazione del costo della vita, sotto pena di sanzioni che potrebbero anche arrivare alla espulsione dal FMI, il che equivarrebbe a perdere la possibilità di attingere a finanziamenti degli organismi sovranazionali. Nel frattempo, il Segretario al Commercio del governo Kirchner, Guillermo Morenominaccia di carcere sino a due anni gli economisti indipendenti che calcolano l’effettivo valore dell’inflazione.

La cosa che più impressiona, nel caso dell’Argentina, è quanto a lungo possa resistere uno stato-canaglia dell’economia, prima di collassare sotto il peso delle proprie follie. Ma la necessità aguzza l’ingegno, e prima o poi l’Argentina potrebbe arrivare a creare la famosa “macchinetta per stampare dollari” di cui l’orgogliosa e patriottica Presidenta della sovranità monetaria dice di sentire grande mancanza.

 

Foto: Luciano Belviso/Flickr

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