L’Aquila: dalla manifestazione contro le macerie alla ricostruzione
La manifestazione del 28 febbraio passerà alla storia come la manifestazione delle "carriole", in qualche modo paragonabile allo sciopero alla rovescia fatto negli anni ’50 dai disoccupati di allora in Via Sallustio. In ogni caso la grande partecipazione della gente segna una svolta nello scenario politico cittadino. E’ entrato in scena una nuova soggettività.
Non è stato un disegno organico ma un insieme che ha attraversato un tempo lungo della vita di centinaia di uomini. Ed ognuno di noi oggi si rende conto di questo grande patrimonio. Durante i miei anni di vita ho attraversato la Città in lungo e largo, ed ogni tanto guardando in alto o in basso notavi particolari che prima non avevi mai visto; il fascino della Città è proprio questo: scoprire particolari di piccoli e grandi tesori artistici che l’uomo ha lasciato in quell’angolo. Bassorilievi, portali, cortili, fontane, piazze, pietre segnate con date o con nomi sono i segni del tempo trascorso. Quando in un angolo trovi un mascherone che poi, nel tempo, diventa il simbolo di qualche festa cittadina, mi sono sempre chiesto e mi chiedo se chi ha pensato di mettere quel mascherone in quell’angolo pensava che sarebbe diventato un simbolo per la popolazione della Città. Mi sono sempre chiesto qual è il limite tra fantasia e realtà nel costruire una Città. L’Italia è bella per la sua architettura poliedrica, che segna le differenze culturali di un popolo. Ricostruire una Città, sicuramente, è un grande impegno civile e culturale prima che ingegneristico. Abbiamo sotto gli occhi cosa significa “new town”: omologazione culturale, politica e sociale. Non vorrei che il centro storico diventi la fotocopia delle “new town”. Una Città noiosa ed omologata a progetti culturali ed architettonici calati dall’alto.
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