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L’Aquila - Arriva in città il traghettatore delle anime perse

di Maria Cattini

In quanto a polemica non difettano certamente né Chiodi, né Cialente. Visto il sistema del rimpallo delle responsabilità, specialmente in questi ultimi tempi, si direbbe che entrambi siano impegnati in una lotta senza quartiere per la conquista della “palma della rissosità”.

Tutti e due si contendono spazi per lanciare nell’etere interviste palesemente addomesticate, dalle quali si evince che sono state formulate prima le risposte, sulle quali, poi, sono state stilate le domande non sempre azzeccate. A sentire le rispettive posizioni, sembrerebbe che tutti e due abbiano evaso tempestivamente i compiti assegnati a ciascuno di essi. Non è mai sfuggita a nessuno dei due l’umile affermazione di aver sbagliato qualche mossa o di non aver fatto una determinata operazione. Sono stati sempre precisi e puntuali come due cronometri di alta precisione. Siamo ancora lontani dal principio pedagogico de "il vaso si è rotto o ho rotto il vaso?". Tutto ciò che non è stato fatto, non è stato portato a termine, o non è stato affrontato per niente, la colpa non è mai personale, ma sempre dell’interlocutore. E, così, dicevano i nostri antenati “gli asini litigano ed i barili si sfasciano”.

La città, il territorio, i centri del cratere non ripartono, mentre le polemiche impazzano, si spendono fondi per occupare spazi televisivi e intere pagine di giornali. Intanto, i cittadini stanchi cominciano a manifestare segni di impazienza, di intolleranza. Qualcuno minaccia anche di ricorrere alla magistratura per le lungaggini burocratiche, per la pastoie, per le eccessive ed intollerabili perdite di tempo.

Le attenzioni dei terremotati cominciano a focalizzarsi sui farraginosi apparati della burocrazia comunale. Inevitabile, quindi, che anche questa volta il sindaco dovrebbe fare da parafulmine agli sgambetti, alle imboscate, ai tradimenti operati dagli stessi compagni di cordata. Ecco che si accende una luce nella intricata mente di Cialente che, non avendo la forza ed il coraggio di provvedere all’azzeramento di una giunta inefficiente, preferisce imboccare la via più comoda delle dimissioni, del vittimismo, del piagnucolio, della distrazione delle attenzioni dai problemi più seri: l’incapacità di far funzionare la macchina comunale a pieno regime. Per non soccombere, con una ingiustificabile implosione politica in casa propria, cerca di spostare l’asse a duecentosettanta gradi, aggredendo governo (ma non Letta), regione, provincia, commissario, vice commissario, unità di missione, garanti e consulenti regionali. Non ha risparmiato nessuno, ma, in cambio, non ha ottenuto neppure un solo effetto positivo.

Allora, col capo cosparso di cenere e con la corda al collo, si è rivolto a Roma, al “Caronte” del Pdl, Gianni Letta, con la speranza di essere traghettato, sano e salvo, da una sponda all’altra di quella “palude Stigia”, nella quale si è cacciato con le dimissioni che, oggi, non saprebbe come risolvere, in quanto “incaprettato” dai ventuno pseudo-sostenitori che, apparentemente, hanno fatto un atto di genuflessione, dietro al quale si nascondono ferrei patti per modificare molte destinazioni urbanistiche di aree attualmente indefinite, la destinazione delle macerie di risulta, incarichi professionali e, chi più ne ha, più ne metta. Per queste pratiche, guarda caso, non esistono intoppi, lungaggini burocratiche, inconvenienti amministrativi. Che strano!

Oggi, perciò, Gianni Letta, che era finito nell’occhio di ciclone delle critiche e delle accuse del sindaco per le inadempienze governative, per i condizionamenti dell’attività di Chiodi, Cicchetti, Fontana e compagni, dovrebbe ricucire lo strappo, creare un clima di distensione tra le parti in lite, restituire a Cialente quella fascia che non ha mai abbandonato e che ha sempre tenuto stretta tra le mani, o riposta in cassaforte nei momenti di siesta. Quanto durerà questa ipotetica pace, non è dato sapere. Terminerà, forse, ancor prima che Letta possa raggiungere la sede del Consiglio dei Ministri per riferire in proposito.

In tutto questo marasma, comunque, gli esasperati cittadini, vorrebbero sapere chi dirà a Letta di correggere le macroscopiche difformità di trattamento riservate agli abruzzesi e, in particolare, agli aquilani rispetto alle migliori condizioni praticate ai cittadini delle Marche, dell’Umbria, del Friuli, della Campania, del Molise e della Calabria. Lo dirà, forse Chiodi, che certamente non vuole la rinascita della città dell’Aquila per poter togliere alla stessa anche il titolo di capoluogo di Regione? Non credo proprio. Lo potranno dire Cicchetti e Fontana che hanno tutto l’interesse a procrastinare la situazione di disagio nel tempo per potersi garantire lauti appannaggi? Non credo!

Lo potrà dire il reintegrato sindaco della città, al quale verrà imposto il silenzio più assoluto, se non addirittura il mutismo, se vuole restare seduto sulla poltrona fino alla scadenza del mandato elettorale? È certo che non proferirà parola al riguardo.

Allora, con molta umiltà, ancora una volta, voglio dire e ripetere al traghettatore Gianni Letta, in nome e per conto degli aquilani e di tutti gli abitanti del cratere sismico, tutto ciò che non avranno il coraggio, la volontà, l’obbligo ed il dovere di pronunciare il subalterno Chiodi, gli ossequiosi Cicchetti e Fontana e l’immobilizzato Cialente, ancora una volta impegnato a rincorrere proroghe e tasse di scopo che pagherebbero e pagheranno solo i terremotati: aspettiamo la doverosa approvazione della legge sulla “zona franca”, senza la quale questo territorio non si risolleverà mai più; l’identico trattamento per la ridotta restituzione dell’anticipata tassazione; la defiscalizzazione dei beni di maggior consumo dalle addizionali regionali, provinciali e comunali; l’abolizione delle inutili, costose, ingiustificabili e improduttive sovrastrutture commissariali, restituendo ai sindaci ruoli e funzioni proprie delle istituzioni locali. I cittadini del cratere, in sintesi, chiedono soltanto il rispetto delle regole ed il rispetto dei diritti, dal momento che, proprio in questi giorni, sono chiamati ad assolvere i propri doveri in assoluto silenzio, senza l’assistenza di quelle istituzioni deputate all’assistenza ed alla difesa del cittadino.

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