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L’Alitalia di Giovanni Valentini

Se Alitalia è già costata molti miliardi di euro a tutti noi, viaggiatori volanti o non volanti, non capisce un contribuente qualsiasi perché dovrebbe proseguire a pagare ancora di più. Non si capisce dunque il senso di ciò che scrive Giovanni Valentini, peraltro grande scrittore e giornalista, sul FQ sabato 17/4/2021. Sembra descrivere un mondo dei sogni, di desideri poetici; li cito uno ad uno.

 

1) “L'Alitalia non è 'una cosa di famiglia' soltanto per il presidente Draghi...per il quale è anche 'un po' costosa'”: cosa vorrà mai dire che un'azienda - dove si butta e si è buttato tanto denaro pubblico – dovrebbe essere cosa di famiglia? In famiglia mettiamo da parte, noi comuni mortali, tante cose che non servono o non più riparabili, che sono di troppo o che ci costano tanto. Vengono sostituite o non si usano più.

  1. “Non si capisce perché dovremmo rinunciare a un marchio che fa parte della storia nazionale e rappresenta l'immagine del nostro Paese nei cieli di tutto il mondo”: appunto, ci rappresenta nei cieli, ma interessa poco di vederla nei cieli solo per far riluccicare i colori italiani che ci costano così tanto, nei cieli osserviamo piuttosto la coreografia delle nuvole, la luna o “il sole e l'altre stelle”. Viene da pensare all'immagine megalomane che voleva di sé il piccolo premier Renzi, col mancato “air force one”. La ns. immagine è rappresentata dappertutto con molto altro, nel bene e nel male. La storia nazionale... manco fosse la Liberazione o la Resistenza, o la legge sull'aborto e sul divorzio. Del resto, quante cose sono sparite dalla storia nazionale?

  2. “E' vero che Alitalia non chiude un bilancio in attivo dal 2006...che sono stati commessi gravi errori di malagestione … un carrozzone di Stato con le ali … clientelismo inefficienza e spreco”: bene, riconosciuto questo, che facciamo? Continuiamo magari con gli stessi o simili personaggi, che gravitano nel settore pubblico o in un amichevole privato di “capitani coraggiosi”? Con questi sindacati che cercano tessere sotto i lampioni, dove c'è più luce?

  3. “L'errore più grosso fu quello di non seguire la proposta di Romano Prodi per un accordo commerciale con Air France-Klm … che avrebbe consentito di mantenere il logo e la livrea tricolore”. Acqua passata, come le fidanzate che non abbiamo potuto possedere. Ecco perché Valentini scrive come in un trattato di sogni: che ci importa del logo o della livrea? Li avremo in altre nostre “produzioni più produttive”, ammirabili o di cui vantarci.

  4. Valentini non vorrebbe poi asimmetrie rispetto a Air France e Lufthansa, dato che Alitalia si rimpicciolirebbe e dovrebbe cambiare nome in Ita: tutto qui? E' una questione di nomi? E' appurato poi che con le dimensioni “picciole” non sopravvivrà: fa niente, voleremo con altre compagnie, che hanno fatto e faranno sviluppare comunque scali italiani e che hanno assunto e assumeranno professionalità ex Alitalia, se utili. Quante altre persone perdono il lavoro, quanti altri marchi perduti o venduti: chi salviamo? Delle perdite di posti di lavoro Valentini non fa menzione, paiono importargli il bianco-rosso-verde e la livrea.

  5. Dice pure che le altre compagnie europee sono “anch'esse messe a terra dagli effetti del Covid e in attesa di aiuti europei”: Valentini si contraddice, saprà che le altre compagnie sono a terra coi conti non dal 2006, ma dal 2020 e le autorità europee potrebbero essere miopi ma non stupide. Alitalia faceva acqua da molto prima del Covid, se ne accerti.

  6. “Non possiamo essere costretti a dismettere un brand che appartiene alla collettività”: ma a chi appartiene esattamente? Chi è la collettività, la possiede ognuno di noi davvero o è alla tradizione che non si vuol rinunciare? Le perdite, quelle sì, sono nostre. Le famiglie italiane non potranno più vivere senza? Come quei nobili decaduti che non vorrebbero separarsi e perdere i loro castelli ... “in aria”. E che ce ne facciamo di un brand (che parola nobile, fa chic) o di una livrea? Sogni. L' “italianità” (ipse dixit Antonio Fazio a suo tempo per qualche banca): cosa ci dà questa costosa italianità, che non abbiamo più per tanti marchi, non l'avremo forse neanche più per le auto.

  7. “Il Paese che detiene il più alto numero di siti Unesco al mondo (55) non può permettersi di riporre in cantina l'Alitalia come una vecchia bici arrugginita”. Ahimé, questa è poesia, Valentini è un fine dicitore sognante … ma i siti Unesco e tutte le altre bellezze dell'una volta “belpaese” potranno essere visitate con altre compagnie e migliaia di altri mezzi di trasporto. C'è di più: una vecchia bici arrugginita potrebbe essere recuperata in parte o riparata nel resto, e funzionare e fare PIL, Alitalia ha dimostrato lungamente che costa e non dà ricchezza, a noi, la collettività … che sarà mai questa collettività fatta di singoli che pensano alle proprie piccole fortune o sfortune.

 

Insomma, quello di Valentini era un articolo di poesia, ricordi, sogni e livree. E' un'altra la cosa che dovrebbe più dispiacergli, che alcuni ex Alitalia un lavoro non lo troveranno forse più, ma nel suo elzeviro non li ha citati nemmeno.

Foto di pkozmin da Pixabay 

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