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Italicum: dopo il porcellum, lo scrofolum

Fanno discutere i modi di Renzi, ma sono i contenuti del suo piano ad essere un insulto all'intelligenza degli italiani ed un vulnus alla democrazia.

È difficile commentare il renziano Italicum (complimenti a chi ha scelto questo nome; fa pensare ad un treno...) restando calmi; senza ricorrere al turpiloquio o chiamare in causa a sproposito santi e madonne. È difficile per chi, come me, è stato educato alla democrazia; per chi è arrivato a cinquant’anni sognando di poter votare, almeno una volta, chissà quando, per un partito normale dentro il quadro politico normale di un paese normale. Normale; appartenente all’Europa Occidentale e a questa epoca.

Molti hanno criticato il modo in cui ha agito Renzi; il suo incontrare Berlusconi dando statura di padre neo-costituente ad un pregiudicato. Non siamo ancora un paese normale, però, e Berlusconi, quale che siano le sue malefatte, è comunque la figura di riferimento per i milioni di noi italiani che votano PdL. Altri criticano il modo in cui Renzi ha proposto il proprio piano, rivisto alla luce di quell’incontro, alla direzione del PD. Ai tanti che col PD non hanno a che fare, e poco o nulla capiscono delle sue liti interne, la cosa interessa ancora meno. Al massimo può dispiacere per le dimissioni di Cuperlo; una persona per bene.

Ad essere un vero e proprio insulto per l’intelligenza degli italiani ed un vulnus alla democrazia sono proprio i contenuti dell’Italicum.

Premio di maggioranza del 18% a chi raggiunge il 35% dei voti? Già si alza un sopracciglio. Ma come; nel 1953 la sinistra portò il paese alle soglie della rivoluzione per protestare contro la “legge truffa” e ora i suoi eredi, o almeno sedicenti tali, propongono questo? Uno scrofolum, al posto del porcellum. Se era una truffa, la legge proposta da Tambroni, che rafforzava una maggioranza uscita tale dalle urne (assegnava il 65% dei seggi alla Camera a chi avesse raggiunto il 50% dei voti) che cos’è questa che fa diventare maggioranza un solo terzo del paese? Una rapina a mano armata? Rispondano magari a sinistra, dove, accettando l’Italicum gettano alle ortiche un altro pezzo della propria storia. E non glie ne restano molti.

Il premio di maggioranza è un prezzo da pagare alla governabilità? Bene. Sarebbe stato opportuno introdurlo con una legge costituzionale, e non lo si è fatto. Ora, con un parlamento eletto con un sistema diverso da quello previsto dalla Costituzione non si dovrebbe fare proprio un bel niente a riguardo. Si vuole procedere comunque? Male, ma rassegnamoci.

Una volta deciso di adottarlo, però, quale ragione può esservi per proporre una soglia di sbarramento dello 8% per entrare in Parlamento? Una sola: ridurre al silenzio le voci diverse dalle tre in cui si articola oggi il populismo nazionale. Voci che potrebbero protestare quanto credono, ma solo in un angolo sperduto della Politica. Il risultato? Un sistema politico che, riassorbito il fenomeno Grillo, sarà ridotto ad una contrapposizione di populismi complementari. Un Parlamento in cui siederanno sempre i soliti; a destra, sempre i soliti nominati. Sì, perché, per aggiungere danno alla beffa, anziché restituire ai cittadini un minimo della sovranità loro usurpata, l’Italicum nulla dice delle candidature che continueranno ad essere scelte, a piacer loro, dalle segreterie dei partiti.

Una porcheria, insomma. Per non dire del ballottaggio proposto nel caso nessuno arrivi al fatidico 35%.

Ma, in Francia…? Ma in Francia il doppio turno c’è, sì, ma collegio per collegio; ogni deputato deve vincere, insomma, a casa propria. E poi è un sistema pienamente maggioritario, quello francese, che non ha traccia di premi di maggioranza.

Insomma, tutto da buttare il piano Renzi? Per quanto riguarda la legge elettorale sicuramente sì.

La via maestra per le riforme costituzionali, se davvero si hanno a cuore gli interessi a lungo termine del paese e della sua democrazia, non può che passare dall’elezione, con il sistema proporzionale, di un’assemblea (o di un Parlamento) costituente.

Un’assemblea che potrebbe fare il proprio lavoro con la calma necessaria, risolvendo i nodi lasciati aperti dai Padri della Repubblica, magari introducendo un franco presidenzialismo, ma introducendo allora gli opportuni contrappesi e comunque restituendo al legislativo la dignità e l’autonomia che ha ormai perduto.

E nel frattempo chi governa? Se vogliamo davvero cambiare qualcosa, (pensate solo alla riforma sempre più necessaria della Giustizia, soprattutto civile) serve un governo con il più ampio appoggio elettorale possibile. Larghe intese? Inciucio? Chiamatelo come volete; basta che non vi illudiate di poter fare la minima riforma avendo il sostegno di solo un terzo dei votanti.

Il governo può decidere, il Parlamento può approvare, ma poi, là fuori, c’è il Paese.

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