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Italicum: come dare un padrone alla Repubblica

“Un Padrone che potrà fare gli affari propri a piacimento; che per perpetuare il proprio potere potrà comprare consenso come meglio vorrà. Che solo una cosa non farà: vere riforme”.

Molti, anche dentro il PD, sono in perfetta buona fede nell’applaudire la legge elettorale Berlusconi-Renzi.

Non hanno ben riflettuto, forse, su un paio di punti chiave. Innanzitutto che le primarie, meritorie, sono cosa solo del loro partito. La nuova legge non le impone agli altri, i cui candidati continueranno ad essere scelti dalle segreterie. Segreterie che, almeno nel caso di un partito, è un eufemismo per dire il grande Capo. Bene. Non serve molta fantasia a pensare che proprio questo partito arrivi a vincere le elezioni, magari raggiungendo quel 37% che chissà chi ha deciso di prefissare (c’è sempre chi crede di saperne più del bookmaker. E pensa pure d’essere furbo...). Il Presidente del Consiglio, dunque, sarebbe il Capo di cui sopra, o un suo famiglio o un suo dipendente. E chi dovrebbe controllarne l’operato, in virtù di una Costituzione che resta quella di una repubblica parlamentare? Esatto: il Parlamento. E che controllo potrà mai esercitare un Parlamento costituito, per la sua maggioranza assoluta, dato il grazioso premio concesso dalla nuova legge elettorale, da nominati dello stesso Capo? Da Onorevoli e Senatori che, nello stesso momento in cui si opponessero alla volontà di chi li ha scelti, vedrebbero terminare la propria carriera politica? La risposta è: nessuno.

Il Presidente del Consiglio, in queste condizioni, non sarebbe il detentore del potere esecutivo, ma di un superpotere che troverebbe le sue uniche limitazioni, e solo per materie di rilevanza Costituzionale, nel Presidente della Repubblica e nella Consulta.

Era già così con il Porcellum? Sì e no. Che così stessero le cose lo abbiamo visto in casi come quello del voto su Ruby. Non lo erano del tutto, però, perché le forze politiche minori, appartenenti alla coalizione, con la loro autonomia, seppure modesta, agivano da freno alle intemperanze del Capo, che pure doveva fare i conti con possibili transfughi dal proprio stesso partito. Forze politiche minori che domani, con quella soglia di sbarramento assurdamente alta non esisteranno; transfughi che ben difficilmente vi potranno essere, visto che il loro destino, nel caso dovessero fondare un gruppo proprio, sarebbe quello di finire con certezza quasi assoluta fuori dal Parlamento alle successive elezioni.

L’Italicum insomma, minaccia di portare all’elezione di un Padrone d’Italia, piuttosto che alla nomina di un presidente del Consiglio. No, non di un cancelliere o di un premier, di un nostro Obama o di una nostra Merkel, con i poteri limitati da costituzioni che simili figure prevedono, proprio di un Padrone.

Un Padrone che potrà fare gli affari propri a piacimento; che per perpetuare il proprio potere potrà comprare consenso come meglio vorrà. Che solo una cosa non farà: vere riforme. Ovviamente non farà quelle che potrebbero scontentare il suo elettorato; altrettanto ovviamente, considerando che quel fatidico 37% corrisponderà nei fatti a grossomodo un quarto degli aventi diritto, non farà quelle che potrebbero rivoltargli contro quasi tutto il paese.

Non una via d’uscita dal nostro pantano, ma quasi certamente un modo per affondarvi ancora di più.

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