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Italiani, poveri ma spendaccioni

In passato, disponendo mediamente di poco, ci sentivamo appagati e sorretti da due grandi ricchezze e forze: la semplicità e la robustezza della spina dorsale.

Con naturale consapevolezza e senza grilli per la testa, rispettavamo i momenti difficili, facendo la cernita dei pur legittimi desideri e aspirazioni, rinviandone l'appagamento e l'attuazione a tempi più propizi. Per fare un esempio, alla crisi petrolifera del 1973, rispondemmo con la scelta di muoverci, il sabato e la domenica, rigorosamente a piedi, e ciò non per scopi ecologici, ma per risparmiare sulla spesa per carburante.

E’, però, successo che il cosiddetto miracolo economico, nel nostro Paese, ha recato con sé una sorta di tarlo che, pian piano, ha fiaccato o sgretolato completamente molti degli antichi principi di rigore, prudenza e parsimonia. Al punto che, oggi, non è il caso di parlare genericamente d'impatto con il cambiamento fisiologico dei tempi, bensì di stravolgimento e capovolgimento di costumi, usi e abitudini: il senso del sacrificio e della rinuncia si è ridotto al lumicino.

Siamo ormai soliti concederci tutto, senza prendere le misure con le nostre disponibilità; siamo divenuti esperti del credito personale o, per essere chiari, dell'indebitamento. Si sono così riformate numerose e diffuse sacche d’accentuata povertà, simili alla miseria debellata nell’anzi richiamato periodo del boom. Nulla sembra riuscire a frenarci nello “spendi e spandi”.

Foto: Kam Workshop/Flickr

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