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Italia’s Got Talent: si nomina il talento ma si vogliono le storie

“Aspetta che sta raccontando, son robe belle”.
(Gerry Scotti, attorno alle 23, puntata del 21 gennaio).
 
Italia’s Got Talent è un format nato in America, in onda sulla NBC dal 2006 al 2011 (prevista la settima edizione nel 2012). In Italia l’episodio pilota va in onda il 12 dicembre 2009. Attualmente è nel palinsesto di Canale 5 in prima serata di sabato.
 
La formula è dunque predefinita e tutto sommato semplice: uno show a caccia di talenti ‘originali’, di quell’idea innovativa a tirare fuori capacità individuali meno comuni. 
 
Tre giudici, che devono avere un preciso ‘senso’ nella nazione in cui va in onda, non a caso nell’edizione italiana sono stati schierati Rudy Zerbi (il meno noto dei tre, ormai entrato nelle case degli italiani con l’altro format ‘Amici’ - prima ha fatto il discografico per la Sony, figlio naturale di Davide Mengacci), Gerry Scotti (voce radiofonica storica e conduttore consolidato, rassicurante, col piglio dell’intrattenimento) e Maria De Filippi (che ormai si commenta da sola, con le trasmissioni che cura, conduce e le ‘mode televisive ‘ lanciate).
 
Stringendo i concorrenti si esibiscono, hanno un tempo limitato per farlo. Se ottengono due o tre ‘sì’ dai giudici possono tornare a esibirsi nella successiva fase, mentre con due ‘no’ non si può proseguire. Alla fine il vincitore guadagna una cifra ‘importante’ per tentare di assecondare il proprio talento in modo professionale. O quanto meno, queste erano le premesse del format originale.
 
Come ormai d’abitudine, i format acquistano specificità legate alla nazione in cui si svolgono e si adattano – come si suol dire – agli usi e costumi, gli approcci e le realtà sociali nonché i ruoli e personaggi di riferimento. Non a caso, nell’edizione americana i giudici sono stati, tra i vari che si sono susseguiti Piers Morgan (editore), Sharon Osbourne (moglie di Ozzy Osbourne), David Hasselhoff (in Italia lanciato e ricordato per il telefilm Supercar negli anni '80 poi il decennio successivo per Baywatch).
 
Tornando all’edizione italiana, si è guadagnata la prima serata del sabato, gli ascolti per il momento premiano questo ‘talent televisivo’.
 
Qual è il punto di forza?
L’idea centrale va a colpire uno dei punti deboli dei business jobs, ovvero di tutti quei mestieri che in un qualche modo sono riconosciuti come remunerativi, chi più, chi meno. L’idea di cercare talenti, se possibile interessanti, inusuali o comunque non ancora standardizzati entro i canoni ormai classici di arti diffuse (come la danza o la recitazione). Quest’idea funziona propri perché coinvolge quel ‘qualcosa’ che ‘si dice’ tutti hanno però in pochi riescono a sviluppare e utilizzare anche in un'ottica professionale o remunerativa.
 
Curioso però - partendo dall’idea di cui sopra - come chi resta fino alla fine o raggiunge le fasi finali rientra soprattutto in quelle categorie già note e veicolate anche nel business word delle Arti come il canto (che domina su tutti i talenti) ma anche il ballo, la recitazione ad ampio spettro (come il cabaret).
 
Qual è il punto debole?
Le storie.
Che ci siano storie in una struttura di questo tipo è inevitabile, si susseguono così tanti volti, corpi e interventi che sarebbe impossibile dividere le persone da ciò che fanno.
Il problema sta, secondo me, nell’uso che si fa, di questo storie, innestandole nello show in momenti precisi, dosati e calibrati a sottolinearne quegli aspetti più drammatici, gravi, a volte anche disperati e sofferenti. La tv del dolore, si potrebbe obbiettare, nulla di nuovo in effetti.
 
Eppure qualcosa ancora continua a stonarmi: c’è davvero bisogno di solleticare il mento, qualche morale ed etica nonché il cuore di chi guarda lo show con specifici dettagli, magari facendo entrare il tal parente o amico che rincara la dose, oppure facendo domande specifiche al concorrente in modo da farlo entrare nel ‘mood’ da ‘seduta terapeutica’? A quanto pare sì, ed è questo che stride.
 
Non si tratta di talento.
Non si tratta di ‘dilettanti allo sbaraglio’ men che meno di nudi protagonismi o intrattenimento destrutturato dove ognuno fa il suo per qualche minuto poi scompare e tanti saluti.
 
Non si tratta, insomma, di mettersi in gioco in qualcosa che - più o meno seriamente - si sa fare, ma di mettere davanti allo schermo la propria storia o pezzetti di essa, con particolare e ossessiva attenzione per le sfumature emotivamente forti. Per onor del vero ci sono anche i concorrenti allegri di corpo e di fatto, non sempre ci si tende alla lacrima insomma, ma in un qualche modo è ciò che si cerca e ci si aspetta più spesso.
 
Il programma potrebbe essere molto più godibile se si rinunciasse a quelle vene che attingono direttamente al sangue dei concorrenti, i loro dolori, esperienze dure, mancanze, morti, incidenti, perdite e così via.
 
Continuando ad avere bisogno del dolore per forza, della tragedia, del passato duro, delle lacrime e forse anche la compassione: da tutto questo non ci si sposta, si resta inchiodati fors’anche da morali o etiche individuali ma inchiodati alla necessità di piangersi addosso o di ‘emozionarsi a comando’ per le storie altrui che diventano poi – attraverso il mezzo televisivo – anche un po’ le storie di chi sta dall’altra parte dello schermo. In un qualche modo si tratta di una sorta di ammaestramento, il pubblico assuefatto ai sentimenti esposti si aspetta ormai di trovarli ovunque, e si lascia guidare dai ritmi e le dinamiche imposte.
 
Personalmente le parti del programma che forzatamente (e ormai lo si può capire anche con strumenti minimi, anche senza essere frequentatori abituali di televisione o programmi specifici) mi vogliono strappare emozioni, pianti o quella sorta di ‘vicinanza emotiva’ per cui già sto facendo il tifo per il corrente: ecco, queste parti m’imbarazzano e m’innervosiscono. 
 
Poi certo, quando si esibiscono le 'car washer', si sa cosa si sta guardando, serenamente.
 
Ad ogni modo si può ancora ‘salire sul palco’ di Italia’s Got Talent, via web o telefonando a un apposito numero per contattare la trasmissione e partecipare alle selezioni.

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