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Israele a caccia del nucleare iraniano

Ci pensano gli amici del presidente uscente Donald Trump a tenere ben accesa la miccia della tensione internazionale con l’Iran. Uno di questi, l’immarcescibile Benjamin Netanyahu che la maggioranza del popolo israeliano con quattro mandati da premier ha elevato a proprio idolo, ben oltre il padre della patria Ben Gurion, lancia il suo delirio di violenza assassina ancor più in alto di quando iniziò a guidare Israele ventiquattro anni fa.

 L’ennesima esecuzione nell'area di Absard, a est di Teheran, stavolta dell’eminente fisico nucleare Mohsen Fakhrizadeh, segue di due settimane l’annuncio dell'attentato contro il numero due di Qaeda, Amhed Abdullah esplicitamente liquidato dal Mossad il 7 agosto scorso. In questo caso probabilmente l’Intelligence di Tel Aviv non rivendicherà l’azione, ma il dito puntato su di lei e sul governo israeliano, viene direttamente dal presidente Rohani. Parole durissime del moderato della politica iraniana che nella prossima primavera chiuderà il mandato: “Ancora una volta le mani del diavolo dell’arroganza globale si sono macchiate col sangue dell’usurpatore mercenario regime sionista. Il martirio di Mohsen Fakhrizadeh non rallenterà il nostro successo”. Perciò se l’amministrazione Biden vorrà riaprire un dialogo sul “nucleare iraniano” si troverà di fronte una determinazione pari a quella dell’epoca Ahmadinejad quando, sempre l’alleato israeliano, di fisici impegnati sul piano nucleare di Teheran ne eliminava una quaterna alla volta.

In più c’è lo spirito di vendetta che ribolle fra i pasdaran, gli ayatollah intransigenti e la stessa Guida Suprema Khamenei, che sul tragico episodio finora è rimasto silente. Del resto il sessantatrenne fisico assassinato era un loro uomo. Aveva militato fra le Guardie della Rivoluzione ed era un famoso fisico, esperto nel settore missilistico. Aveva ricoperto la carica di responsabile dell’Organismo d’innovazione e ricerca della difesa. Per i suoi nemici un obiettivo sensibilissimo, tant’è che proprio Netanyahu due anni addietro parlando sul tema del nucleare iraniano aveva segnalato lo scienziato nemico come un “nome da ricordare”. Nella sua personale agenda una condanna capitale. Il ministro degli Esteri di Teheran Zarif, ha puntualizzato il precedente indicando in Israele il mandante, sebbene non si sia pronunciato sugli esecutori del colpo. Nonostante il lavoro dello staff di Fakhrizadeh possa rappresentare un incubo per Tel Aviv, la rivalsa difficilmente sarà diretta. Anche alla gravissima perdita del comandante Suleimani a inizio del 2020 non è seguita alcuna operazione. Certo, in quella circostanza era direttamente coinvolta la Casa Bianca, Trump in persona si felicitò per la scomparsa d’un “terrorista”. Ma seppure a Teheran il cosiddetto ‘partito della forza’ prema, è più probabile che una ritorsione verso Israele si giochi fra le componenti alleate nel Medioriente a lui prossimo: Libano e Siria. Invece potrà crescere l’influenza dei duri, pasdaran e ayatollah intransigenti, nella politica interna del Paese che nella primavera prossima affronterà le elezioni presidenziali. 

Enrico Campofreda 

 

 

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