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Irpinia delenda est

Lettera a una terra di servi volontari

Da anni non vivo più ad Avellino da dove me ne sono andato a gambe levate. Detto questo, spesso leggo notizie di uno squallore indicibile. Già altre volte avrei voluto scrivere queste parole, ma mi dicevo sempre che non sarebbe servito a nulla. Mi spiego: i fondi o gli editoriali dei giornali locali sono sempre intrisi di pessimismo e, forse, di un senso di impotenza rispetto a uno scenario immutabile. Potrei dire che sono d'accordo con questi sedicenti intellettuali - e in parte lo sono - ma che cosa avrei aggiunto di più?

Poi qualche settimana fa, uno dei tanti professori prestati alla politica ha utilizzato due espressioni che mi hanno incuriosito: "servi volontari" e "gioventù ribelle". Parto subito dal secondo punto: l'estensore del fondo è troppo ottimista. In Irpinia non c'è nessuno della nuova generazione che ha voglia di cambiare le cose. E' una questione di mentalità che in un certo senso abbiamo ereditato dai nostri padri: "Il merito è una fesseria, se vuoi andare avanti devi fregare gli altri". E questi sono i valori con cui sono stati cresciuti il 99% dei ragazzi ad Avellino. I soldi facili del terremoto hanno acuito ancora di più la rottura della "morale pubblica". Ogni figlio aspetta che il padre, da servo volontario - e si parla del primo punto -, vada dal politicante di turno e gli trovi una specie di lavoro. Dico specie, perché nella migliore delle ipotesi si tratta di un contratto di un anno. Che strano: prima si rinunciava alla propria dignità per un pellegrinaggio a Nusco (paese natale di Ciriaco De Mita). In cambio avevi un posto a tempo indeterminato e la possibilità di mettere su una famiglia. Così si sfuggiva dalla campagna. Ora però tutti i nodi vengono al pettine: le fabbriche chiudono (emblematica la situazione della Irisbus di Grottaminarda); aumenta il tasso di suicidi; gli organi d'informazione girano come il vento, soprattutto quando i finanziamenti pubblici rischiano di non arrivare. Altro che cani da guardia del potere. 

Chi protesta - come il sottoscritto - è un Don Chisciotte. Ed è un fesso. Vi spiego anche questo: due anni fa decisi di strappare la tessera elettorale. Il malgoverno era palese, eppure la gente votò in massa il cartello di De Mita alla Provincia e quello di Mancino (mitico vicepresidente del Csm, più volte chiamato in causa da pentiti in riferimento alla trattativa tra Stato e Mafia) al Comune di Avellino. A quel punto mi balenò questo concetto: De Mita non ha distrutto l'Irpinia. E' l'Irpinia che si è distrutta tramite De Mita.

Spesso sulle colonne di questi simil-giornali viene citato Guido Dorso. Parlano di classe dirigente. Mai però della classe diretta; delle "folle assenti". Lo santificano troppo questo Dorso - alla fine fu un intellettuale che durante il Fascismo preferì inabissarsi. Tutte le sue chiacchiere che utilità hanno avuto? Nessuna. Mi sono sorpreso a constatare come nel dopoguerra ad Avellino si continuasse a votare i partiti post-fascisti. C'erano Alfredo Covelli e Tranquillino Preziosi (nonno dell'attore Alessandro, che ha fatto da uomo immagine in occasione della candidatura del padre al Comune di Avellino. Sponda De Mita). Quale idea muoveva gli elettori a scrivere quei nomi sulla scheda? Nessuna. Negli anni Sessanta sono cambiati solo i cognomi sulle schede. Persone come De Mita e Bassolino (per tanti anni commissario della sezione avellinese del Pci) si riempivano la bocca con parole di Strurzo o Gramsci. Ma alla classe diretta non interessava. Contava solo il proprio "particulare". Contava mangiare. E la conseguenza è, allora, che una comunità non è mai esistita in Irpinia. Si sono perpetrate sempre le stesse logiche. Intere generazioni sono state annientate. Rabbrividisco a pensare che i nostri enti siano ammininistrati - male - da persone come il trota di Nusco (il nipote di De Mita, attuale vicepresidnente della Regione) o dalla storica amica di Bassolino. E mi domando: ma come hanno fatto a votare questa gente? Come? Perché? Dov'è la magistratura ad Avellino? E in Questura che fanno? Queste cose si dovrebbero scrivere sui giornali. Anziché andare a Nusco o a Montefalcione.

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