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Io sto con Fini - seconda parte

Allontanandosi dal lume liberale, l’ultimo lume rimasto dopo il tramonto di quello socialista, la situazione politica va incontro alla notte più buia, dove vincono solo le non regole del non mercato.Diciamolo chiaramente: per una persona di destra Berlusconi non è la cura ma la malattia, in particolare la malattia senile del qualunquismo...

Voglio rendere palese la sostanza , i contenuti che stanno dietro il mio atteggiamento verso questo governo e le speranze che nutro verso Fini o chiunque mostri di voler dare una raddrizzata liberale a quello che, anche per colpa del nostro premier, è divenuto un manipolo di comparse spesso imbarazzanti.

Il mio retroterra culturale non è quello di Gianfranco Fini, né son disposto a giurare sulla bontà contenutistica e non di potere della sua “ribellione”, ma non vedo molte alternative a quello che mi sembra un lento spegnimento del lume liberale ed innovativo di questa compagine berlusconiana.

La Lega, al di là dei proclami iniziali, ha sempre portato avanti in concreto una politica ondivaga e populista che va dai dazi contro i cinesi al neo clericalismo, al “sostituiremo la sinistra“; in concreto spesso ha fatto da contraltare al partito della spesa del sud, favorendone la crescita.

In buona sostanza la Lega si mostra molto lontana dai principi liberali. Stessa evoluzione ha avuto Tremonti, socialista, liberista e liberale e poi ancora colbertiano e statalista: non è un caso che il ministro delle finanze rappresenti l’anello di congiunzione tra Bossi e la Finanza.

In generale tutta la politica italiana si è allontanata dal liberalismo: mentre alla fine degli anni ‘90 facevano a gara a chi era più liberale, in questo secolo si ricordano solo le scarne lenzuolate di Bersani e nient’altro.

Allontanandosi dal lume liberale, l’ultimo lume rimasto dopo il tramonto di quello socialista, la situazione politica va incontro alla notte più buia, dove vincono solo le non regole del non mercato.

Oggi va di moda infatti il lasciar che le cose vadano come vanno, pensando che questo sia un principio liberale e sbagliandosi di grosso!

Tornando a questa maggioranza, più che di voler governare si è dati l’idea di voler comandare, si è chiacchierato molto di aspetti extraistituzionali per mesi, azioni più che altro spettacolari e televisive, ma poco, molto poco si è visto come attività concretamente innovativa.

Questo paese va rivoltato come un calzino, scrostando il vecchiume e le rendite di posizione.

Non mi rifersco solo ad un welfare pieno di ipergarantiti, con la esclusione di milioni di lavoratori senza tutela.

Ma anche al tessuto industriale, zeppo di aziende che fanno del sottobosco politico ed assistito la loro maggiore fonte di guadagno.

Anche la Confindustria – che dovrebbe darsi una buona rinfrescata al proprio interno di recente ha dato un avviso al governo: non tutti i media hanno sottolineato la particolare valenza critica dell’interventi e dello studio della confindustria. Non solo e non tanto perché la Marcegaglia abbia alzato la voce, quanto perché a Parma son stati sfornati dati molto negativi.

Nel 2014 il pil procapite sarà infatti del 10% in meno rispetto alla media europea.

Negli ultimi dieci anni il Pil pro capite italiano ha registrato un calo del 4,1% e da qui al 2014 si attesterà sotto la media Ue di almeno 10 punti.

Questo lo trovo inaccettabile e trovo intollerabile la reazione cauta ed ottimistica degli addetti ai lavori di fronte a questo scenario.

L’Italia deve tornare a crescere e lo può fare solo cercando di abbattere quelle ‘muraglie’ che impediscono la modernita’.

Un messaggio che gli economisti di Confindustria, guidati da Luca Paolazzi, affidano ai numeri di una vasta indagine che ripercorre i momenti più importanti della vita del Paese. “Nel ‘90-91 il Pil pro capite italiano era 6 punti sopra la media dell’area euro. Nel 2009 siamo andati sotto di 5 punti ed entro il 2014 ne perderemo altri 10. Per quella data dunque il Pil pro capite sarà sotto di 10 punti", spiega Paolazzi dal palco di Parma.

Una crescita stentata, dunque, che rende fosco il futuro, imbriglia le imprese e finisce con “incattivire” la popolazione.

Ecco perché chiunque esso sia occorre spingere sulla necessità delle riforme subito e se Fini si mostrerà conseguente e coerente, molti di coloro che come me si sono allontanati dalla politica e dall’impegno diverso tempo fa, delusi da una rivoluzione liberale divenuta burletta, potrebbero tornare ad interessarsi.

Pochi analisti moderati hanno avuto il pregio di sottolineare come queste elezioni siano state perse da tutti: molto perse da alcuni – tra cui pd e pdl – e molto meno da altri – la lega.

Non comprendo quindi il tono trionfalistico post elettorale del tutto inconferente ed illogico e spero che in questi giorni chi di dovere non faccia una ribellione solo politicistica.

Una piccola appendice su di un aspetto che conosco piuttosto bene per essermene occupato talvolta professionalmente per la mia azienda.

Riguarda il mondo no profit.

Il 30 marzo, nel silenzio mediatico, con un decreto ministeriale pubblicato a tempo di record sulla Gazzetta Ufficiale del 31 marzo 2010 n. 75 il governo, per inizativa di Tremonti, ha pensato bene di sopprimere le tariffe agevolate postali per tutte le organizzazioni del settore non profit.

Ciò comporta il venir meno di una normativa favorevole incentrata sul mondo del volontariato e sulla particolare natura benemerita di alcune attività, talvolta sostitutive di inadempimenti statali. Risultato?

Aumento del 500% del costo di spedizione per tutta l’editoria libraria, quotidiana e periodica, cioè per tutte quelle comunicazioni che tali associazioni mandavano ai suoi soci. Insomma, un bel colpo ad un settore, quello delle organizzazioni e associazioni no profit, organizzazioni tipo queste : Amnesty International, Save the Children, ActionAid, AIRC, Amref Italia, CESVI, COOPI, FAI-Ambiente Italiano, Fondazione “aiutare i bambini” onlus, Fondazione Don Carlo Gnocchi, Greenpeace, LAV, Lega del Filo d’oro, Lega italiana per la Lotta contro i Tumori-Milano, Medici Senza Frontiere, Telefono Azzurro, Terre des Hommes, Telethon, Unicef Italia, Un Ponte per, WWF Italia e l’agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati.

Io non so se ci sia o meno la voglia di fare un po’ di cassa con un settore considerato non tradizionalmente amico di questa maggiornaza, ma l’operazione mi sembra del tutto in perdita e poco lucida anche perchè, come accennato sopra, alcune di queste associazioni svolgono una attività utile e che altrimenti nessuno svolgerebbe.
 
Per la conclusione del post sul fantomatico buco di bilancio continua qui: C’é un buco da correggere?

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