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Informazione: come si formano le opinioni degli italiani?

di Alessandro Latterini

L’utilizzo di internet è sempre più diffuso, ma per farsi un’opinione contano ancora molto le fonti offline. 

Negli ultimi anni la rivoluzione digitale ha generato un cambiamento epocale nelle forme di comunicazione. Fino a due anni fa il sistema comunicativo ruotava attorno ai mass media, i quali distribuivano messaggi alla pluralità degli utenti (metodo di diffusione one-to-many). Con l’avvento dei social network, la configurazione è mutata significativamente, lo scambio avviene in maniera orizzontale ed i mass media, pur essendo ancora dei punti di riferimento, non sono più gli unici a diffondere messaggi e notizie e non agiscono più come filtri. Essi sono affiancati da una miriade di soggetti perfettamente in grado di scambiare messaggi in modalità many-to-many (ovvero da molti a molti). In questo panorama estremamente vasto, diventa sempre più complicato verificare l’autorevolezza e soprattutto l’attendibilità delle fonti.

Per quest’insieme di ragioni l’Università degli studi Suor Orsola Benincasaassieme alla Fondazione Italiani e il Centro Studi Democrazie Digitalihanno prodotto una corposa ricerca sulla capacità informativa degli italiani e in quale misura ritengono credibili le fonti informative. Il risultato è il report Infosfera, estremamente ricco di dati e statistiche. Balza subito all’occhio il fatto che, secondo il 79% degli intervistati, oggi qualsiasi utente può trovare facilmente le notizie di cui ha bisogno. La consapevolezza di ciò, unito alla maggiore accessibilità delle informazioni rispetto al passato, fa si che gli utenti italiani tendono a costruirsi sempre più dei “palinsesti mediatici” su misura.

A distanza di una anno dal rapporto Censis-Ucsi, vediamo in dettaglio quali sono attualmente i dieci strumenti (online e offline) maggiormente utilizzati per accedere alle informazioni da parte degli italiani.

Il 69,3% degli utenti utilizza come strumento principale un motore di ricerca (es. Google) su Internet per cercare informazioni di proprio interesse. A queste persone è stato chiesto inoltre se secondo loro, tra le pagine mostrate dai motori di ricerca figurano tra i primi posti i risultati considerati più attendibili e i siti preferiti. Per entrambe le domande le risposte affermative sono state molto basse (rispettivamente il 33% ed il 38%) ma tuttavia rimane di fondo una criticità, ovvero quella secondo cui per la stragrande maggioranza degli utenti (86,3%) i risultati contenuti nelle pagine successive alla prima hanno una minore importanza.

Tornando ai risultati del grafico, la seconda tipologia di media utilizzata maggiormente per accedere alle informazioni è il telegiornale (59,3%), seguito da siti web di informazione (52,8%) e quotidiani online (46,3%), in crescita. Il 38,2% degli intervistati accede alle informazioni grazie ai contenuti postati dai propri contatti Facebook, e ciò rappresenta la piena affermazione dell’orizzontalità della comunicazione priva di filtri e gatekeeper. Rimane abbastanza diffuso il classico meccanismo del passaparola di informazioni da parte di amici e conoscenti nei luoghi di socializzazione (37,9%) e infine chiudono la classifica i giornali radio (36,4%) e le applicazioni su smartphone, che stanno acquisendo sempre maggiore importanza per via delle nuove forme di contenuti disponibili per il pubblico (ad esempio i podcast). Solo quattro dei dieci strumenti principali appartengono alla sfera offline, segno tangibile di quanto la rete sia divenuta indispensabile per il processo di informazione e di formazione delle opinioni da parte dei cittadini italiani.

Certificata l’importanza della rete come luogo di scambio e condivisione di informazioni si passa a comprendere quali sono i principali utilizzi da parte degli utenti.

 

Oltre il 72% si serve della rete per trovare un indirizzo e/o una specifica località. Ciò è reso grazie in gran parte dall’efficienza dei servizi di geolocalizzazione forniti (ad esempio Google Maps). A seguire, la rete viene molto utilizzata per informarsi su determinati prodotti e servizi (70,5%), e per ascoltare musica attraverso piattaforme come Spotify, Deezer o Soundcloud. Oltre il 60% dichiara di utilizzare Youtube e Facebook e un altro 44% accede alla rete per utilizzare altri social(Twitter, Instagram, Pinterest o Linkedin).

Continuando a scorrere il report viene analizzato quale tipologia di rapporto intercorre tra le notizie di stampo politico e gli utenti al fine di attestare se la rete sia davvero un luogo di democratizzazione di massa. Secondo i dati soltanto il 48% degli utenti della rete dichiara di informarsi di politica.

In ogni caso, se si osserva il grafico riguardante quale tipologia di media influenza in misura maggiore le opinioni politiche, scopriamo che rimangono saldi nelle prime posizioni i media “tradizionali”, che quelli appartenenti solo ed esclusivamente al mondo della rete, seppur in espansione, faticano a scalzare. Per esempio, Il 43,3% del campione considera cruciale il confronto con parenti ed amici per la formazione della propria opinione politica. Tra le forme di influenza “tradizionali” scivolano sempre più in basso le partecipazioni alle manifestazioni pubbliche dei partiti (corrispondenti al 18,6%) sempre più in difficoltà nel mobilitare i propri sostenitori.

In conclusione, la rete è uno strumento fondamentale per reperire informazioni generali, mentre tutt’ora le opinioni politiche sono influenzate in maggior misura da vettori offline.

Nel report si analizza anche la percezione della attendibilità delle notiziee l’eventuale impatto delle fake news sul versante politico. Suddividendo le informazioni in tre tipologie (fonti, notizie e blog) gli intervistati sono stati chiamati ad esprimere quali elementi possono rendere un’informazione credibile e al tempo stesso autorevole. Per tutte le tre tipologie l’autore per essere credibile deve essere certificato ed esperto della materia di cui tratta. L’accuratezza delle informazioni è ritenuta un elemento essenziale, tanto per la fonte di informazione quanto per la notizia. Infine, per i blog sono essenziali sia la correttezza della forma grammaticale, sia la qualità delle notizie pubblicate.

Passando ai social media, gli elementi che rendono un profilo e un post autorevoli variano rispetto alle tre tipologie di informazioni trattate sino a qui. Partendo da Facebook, secondo gli utenti, un autore deve essere considerato esperto in materia, e infine è importante che sia un profilo di cui si è sentito parlare almeno una volta. Per quanto riguarda il singolo post, una quota non irrisoria di utenti lo considera autorevole se viene condiviso da qualcuno di cui nutrono fiducia e stima.

Per essere credibile, un profilo Twitter non deve presentare errori e contraddizioni: deve pubblicare informazioni accurate con riferimenti e rimandi ad altre fonti. Mentre per il singolo tweet è importante che sia di facile rintracciabilità la biografia dell’autore in modo tale da capire se egli sia effettivamente un esperto in materia o meno.

La rassegna non può dirsi completa se non si analizzano le caratteristiche di autorevolezza individuate dagli utenti ad una pagina Wikipediadivenuta oramai una delle fonti di informazione libera più conosciute all’interno della rete.

Quasi la metà degli intervistati sostiene che sia essenziale la presenza di una bibliografia in una pagina, che consenta di svolgere una “operazione di controllo” dell’esattezza delle informazioni. Segue, in ordine di importanza, la correttezza dal punto di vista grammaticale del contenuto della pagina e se essa sia stata soggetta al controllo di una autorità presente all’interno della piattaforma dell’enciclopedia libera. Un terzo del campione considera autorevole la pagina Wikipedia se al suo interno vi sono link e collegamenti esterni e infine quasi il 30% considera essenziale la presenza di note a piè di pagina sia esplicative, sia includenti citazioni ad altri libri appartenenti allo stesso settore disciplinare trattato nel testo.

Chiudiamo la nostra analisi con l’osservazione dell’impatto che hanno le fake news nella nostra quotidianità e se effettivamente gli utenti siano in grado di identificare un profilo e/o un post fake.

Il 34% è convinto di essere oppresso da fake news, mentre il 44,5% pensa che il sistema dei media nel suo complesso sia invaso da notizie prive di fondamento. La percezione della presenza di questa tipologia di informazioni secondo il 42% non è altro che la conseguenza della facilità della rete ad essere soggetta a manipolazioni di vario genere.

Ciononostante, la maggior parte degli utenti sostiene che le notizie di dubbia veridicità esistono da sempre ma sono state rese maggiormente evidenti grazie all’impatto dei social media. Infine, soltanto una piccola quota sostiene che le fake news possano in qualche modo turbare il buon funzionamento delle democrazie e perciò non hanno condizionato le elezioni politiche del 2018 nel nostro paese. Questo risultato si discosta molto da ciò che pensano, ad esempio, i parlamentari del Partito Democratico secondo l’indagine Panel Decisori svolta da Quorum con Cattaneo Zanetto & Co.

Certificata l’assenza di una paura collettiva generata dall’ipotetica presenza di fake news, persiste una criticità di fondo, ovvero l’incapacità dell’utente medio di riconoscere una pagina di Facebook o Twitter fasulla. Agli intervistati sono state sottoposte nell’ordine una pagina FB contenenti notizie prive di fondamento, un profilo Twitter fake, un sito web di bufale ed infine una classica fake news. In tutti e quattro i casi oltre la metà degli utenti non è stata in grado di identificare correttamente l’inattendibilità delle pagine e dei profili.

 

Questo articolo è stato pubblicato qui

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