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 Home page > Tribuna Libera > Individui, comunità, forma locale

Individui, comunità, forma locale

Grazie al vacillare dei modelli globalizzatori e dei modelli riferiti a stati centralizzatori del potere e della rappresentanza, da qualche tempo si ridiscute di autonomie e quindi anche di comunità; soffermiamoci a riflettere ancora una volta su queste ultime. Abbiamo sostenuto spesso che le comunità si basano innanzitutto su origine comune, valori e tradizioni condivisi nel tempo, ma abbiamo anche detto che le comunità sanno (è necessario) integrare anche nuovi innesti, si tratti di singoli o di altre comunità, nel moltiplicarsi di tribù, flussi e reti, esse ormai raggruppano tipi diversissimi.

Essendo il propulsore principale della rivolta alla globalizzazione ed alla modernità le comunità devono integrare al loro principio arcaico la capacità di alimentarsi anche delle peculiarità acquisibili dai membri non storicamente associati, in pratica si trasformano, da qualcosa di quasi essenzialmente storico, a forma permanente dell’umano: associarsi verso il bene comune.

La modernità, sociologicamente parlando, ha devastato legami sociali e identità collettive e di appartenenza (che vanno oggi rinsaldate partendo da quanto rimasto) alimentando la crescita dell’egoismo; il liberismo individualista ha dissolto le comunità, ha svalutato la partecipazione politica trasformando la politica stessa in qualcosa di strumentale… la partecipazione dei cittadini alla comunità politica è invece un bene intrinseco, fondamentale, senza del quale alla lunga si arriva all’oligarchia ed alla paralisi politica.

Al contrario degli individualisti, noi comunitari, sosteniamo una tesi olistica, in base la quale sosteniamo il ruolo centrale di lingua, cultura, costumi, pratiche e valori condivisi, come basi d’una vera "politica di riconoscimento" di identità e diritti collettivi. Al contrario degli individualisti noi ci riconosciamo senza ombre di dubbio in una frase di Aristotele: “l’uomo è animale politico e sociale”, al contrario di loro basiamo il nostro essere sui concetti di solidarietà, reciprocità e bene comune, crediamo di avere fini comuni, legati a valori o esperienze, anche dei nuovi membri, altresì che avere solo interessi privati più o meno congrui. Parlavamo all’inizio di ribellione alla globalizzazione, assieme alla Comunità viaggia il “Locale”, che va letto anche come mezzo di ridimensionamento all’iniquità di distribuzione di beni, del cibo e delle energie…scrissi mesi fa in una articolo che amo perorare la causa delle storie, delle tradizioni, della memoria e dell’amore verso quel pezzo di terra che la natura ci ha dato il dono di calcare, coltivare, ornare con le nostre costruzioni, le nostre opere.

Scrivevo all’inizio: “vacillare dei modelli riferiti a stati centralizzatori del potere e della rappresentanza”. La sfida attuale è creare delle Comunità Locali che sappiano relazionarsi, federarsi e confrontarsi verso il resto della comunità mondiale… dunque basi solide e apertura verso l’esterno, purché “virtuosa”, cooperazione e concorrenza (basi del federalismo vero), ma anche interdipendenza (ribadisco: inter, o siamo di nuovo fritti)… qualsiasi forma locale (sia essa economica o culturale) che si rinchiuda solo in se stessa è destinata ad un requiem. Nella Comunità e nel Locale si crea lo spazio laddove l’individuo, reso tale dal modernismo e dal liberismo, ritrova il suo ruolo sociale quale membro di un organizzazione che possiamo definire “senza scopi di lucro personali”, dove l’individuo torna a sentire in se stesso lo status di appartenenza, torna così a sentirsi responsabile del proprio territorio; in questo “terreno fecondo” possono crescere la vera Democrazia Partecipativa, il commercio sostenibile e l’abbattimento del consumo energetico, vere alternative alla globalizzazione ed al modernismo mondialista.

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