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India: Modi vuole essere il “gendarme del mare”

Da New Delhi, Daniele Pagani
@paganida

Ultima tappa del tour è stata a penisola di Jaffna, nel nord dell’isola, per anni epicentro della guerra civile e quartier generale del territorio controllato dalle Tigri per la Liberazione della Patria Tamil (LTTE).

Negli anni del conflitto molti degli abitanti di etnia Tamil hanno preferito abbandonare questi luoghi dilaniati dalle ostilità in favore delle più sicure coste meridionali. Con la pacificazione del 2009 il flusso ha cominciato ad invertirsi e sono in molti ad aver deciso di ritornare nelle loro zone d’origine trovandole spesso danneggiate o distrutte. L’allora Primo ministro indiano Manmohan Singh – forse su pressione/minaccia dei grandi partiti dravidici del Tamil Nadu, regione d’origine della migrazione indiana verso l’isola – decise di investire 270 milioni di dollari nella costruzione di 50 mila abitazioni destinate ai profughi Tamil. Modi è il primo Premier indiano a visitare Jaffna e ha scelto di farlo proprio visitando alcune di queste abitazioni ed incontrandone gli abitanti. Un gesto dal forte valore simbolico che ha ottenuto sulla stampa nazionale l’attenzione – probabilmente – desiderata.

Obiettivo principale della vista, questa volta, non sembrano essere stati gli affari – di cui si è parlato poco o niente – quanto piuttosto la dimostrazione della volontà di riprendere in mano relazioni da troppo tempo trascurate. Una noncuranza di cui Pechino è stata capace di approfittare negli ultimi anni, impiantando nell’isola il porto oceanico di Hambantota, fondamentale punto di scalo delle grandi navi cargo provenienti da Hong Kong (tempo fa ne scrissi qui).

Più concreta e meno simbolica la visita alle Isole Seychelles a cui verrà donato un velivolo Dornier, utile nel controllo marittimo e nell’eventuale trasporto di personale. L’India, inoltre, prenderà in “affitto” – questo il termine utilizzato nell’accordo – l’Isola di Assumption con l’obiettivo di svilupparla e costruire non meglio specificate infrastrutture.

Il premier indiano non si è presentato a mani vuote nemmeno alle Mauritius, dove ha presieduto la cerimonia di consegna della litoranea d’attacco veloce Barracuda, un’imbarcazione specializzata nel pattugliamento costiero. Modi ha reso pubblica l’intenzione di contribuire al miglioramento dei collegamenti con la piccola isola esterna di Agalega, così da “migliorare le condizioni degli abitanti” e la “capacità delle Forze di Sicurezza delle Mauritius di salvaguardare i loro interessi”. È da diverso tempo che il governo indiano lavora sulla possibilità di “mettere un piede” su questa piccola isoletta che, situata a 1100 Km da Mauritius è la più vicina alle coste indiane.

Questo giro di visite dimostra chiaramente la volontà del nuovo governo di recuperare centralità nell’Oceano Indiano, sempre più attraversato da navi cargo battenti bandiera cinese che transitano e sostano nella rete portuale strategicamente sviluppata da Pechino. L’obiettivo principale di Narendra Modi non sembra essere però il dominio delle rotte commerciali – anche perché, oggettivamente, a questo punto la Cina è un avversario imprendibile – quanto piuttosto il monopolio della sicurezza e la conquista del ruolo di “gendarme oceanico” contro ogni minaccia, in primis il terrorismo.

In questo campo la gara è ancora aperta ed è l’India ad occupare il primo posto in classifica. Mauritius e Seychelles, nonostante le ridotte dimensioni, ricoprono un ruolo importante in questo progetto: sono l’anello di congiunzione di una catena di avamposti marittimi che parte dalla stazione di monitoraggio indiana nel nord del Madagascar, passa per le Maldive e termina alle Isole Andamane. Una barriera che permetterebbe alla Marina di Delhi di riuscire a controllare e a tracciare la maggior parte dei navigli in transito in questa zona.

Da New Delhi, Daniele Pagani
@paganida

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