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(In)ter(per)culturando: ’Perché diffidare...’ Un libro, quattro chiacchiere con Marco Ponzi

‘Perché diffidare degli assistenti di volo’ pubblicato in aprile 2011 dalla casa editrice Grego&Grego, è un libro miscelativo.
L’autore, Marco Ponzi, milanese, non è alla prima pubblicazione e svolge diverse attività tra cui vignettista e illustratore ma si occupa anche di marketing e grafica.
In passato, esattamente dal 1999 al 2001, Marco Ponzi ha lavorato come assistente di volo e proprio da questa esperienza nasce la neo pubblicazione, sottotitolo: Memorie di un ex assistente di volo.
 
Come spiega lo stesso autore nella ‘prefazione’, si tratta di “un piccolo resoconto autobiografico ricco di aneddoti, episodi tristi e allegri, pensieri sulle vicende legate all’attività lavorativa e non di quel periodo”.
 
Narrato dunque in prima persona, con un linguaggio immediato ma non gergale, sviluppato su strutture fluide alternate ad altre più ricercate, dal sapore quasi anticato rafforzato da un uso di strumenti come punteggiatura e alcuni termini a contrastare per l’appunto l’immediatezza complessiva.
 
“Di traumatico, fino a quel momento, non v’era stato niente; da bambino ero stata abbastanza turbolento ma sempre nei limiti.
Dicevano di me che ero un’acqua cheta, cioè che dietro un aspetto tranquillo e rassicurante si celava un demonio.”
(pag.19)
 
L’autore-narratore sceglie di raccontare e raccontarsi senza filtri, consapevole di sé, delle proprie ironie, quanto del passato indipendentemente dal contesto personale e professionale. Un approccio che nel narrato si sente molto, a tratti può apparire un eccesso di sicurezza, di ruolo.
 
La vita che ho condotto per due anni, non è stata solo bei ricordi o aneddoti divertenti; personalmente ho vissuto in prima persona una sventura da cui però ho avuto modo di trarre l’oramai celeberrima Poesia di Zanzibar (e di altre dolorose constatazioni), che accennerò brevemente.
(pag.121)
 
Una scrittura insomma, che alternati alti e bassi, fluida e articolata, con espressioni che ne rallentano il ritmo, a mescolare ingredienti simili e diversi, tutti parte della sequenza di eventi in questa sorta di ‘autobiografia’ pur mantenendo caratteristiche individuali (il ricordo, il fatto, il pensiero, il ragionamento, la considerazione personale, l’aneddoto, la logica sociale, il pettegolezzo, la tragedia…).
 
Difficile definirlo, questo libro, azzardato e irriverente, pieno di tanto, a mio avviso non abbastanza curato linguisticamente, a miscelare diversi toni, inquadrature, atmosfere quanto intenzioni. La voce del narratore-autore è molto presente, a tratti ingombrante ma coerente con se stessa lungo tutta la narrazione.
 
Oggi lavoro di nuovo in un ufficio e, ripensando all’esperienza passata con la testa tra le nuvole, mi dico che certamente non lo rifarei.
Qualche rimpianto, ma nessun ripensamento (non è vero!).
Tutto è stato entusiasmante, coinvolgente, appassionante, ma non lo rifarei (continuo a mentire).
Tutto quello che dico serve solo per autoconsolarmi.
(pag.169).
 
 
Rivolgo alcune domande a Marco Ponzi, ad approfondire specifiche dinamiche di questo libro quanto dello stesso autore, parte pulsante del narrare stesso.
 
 
1.
Come è arrivato alla pubblicazione, signor Ponzi? La Greco&Greco, piccola casa editrice milanese, che distribuzione e diffusione ha? C’è anche un suo intervento economico, in questo libro?
 
Dopo avere contattato più di cinquanta case editrici, già quasi quattro anni orsono, ho assistito alla presentazione di un libro pubblicato dal mio editore e ho deciso di provare con lui. Per principio ho sempre rifiutato di pubblicare a pagamento. La prima richiesta di pubblicare a pagamento mi è giunta da Editrice Nuovi Autori di Milano (circa 6000 euro), poi sono seguiti gli altri: Albatros, Il Filo ecc. Se gli “editori” chiedono soldi per pubblicare significa che non credono nel prodotto e nemmeno nelle proprie capacità. Dunque io per primo non ho motivi per credere in loro. Quindi, per rispondere alla domanda, non ho pagato per pubblicare. Ho avuto invece la fortuna che il mio editore fosse stato un appassionato di volo e pilota lui stesso di aerei da turismo. Diciamo quindi che ho risvegliato in lui una antica passione. Poi il libro gli è piaciuto e l’accordo è stato fatto senza difficoltà.
La distribuzione del libro è quella che sfrutta la rete già consolidatasi negli anni tramite Distribook per Lombardia, Book service per il Piemonte ecc. ( link dettagliato: www.grecoegrecoeditori.it/distributori.php ).
Il libro è quindi presente nelle librerie di stampo classico, in alcune grandi librerie come Feltrinelli e Giunti al Punto ed è comunque ordinabile sia in libreria, sia su siti specializzati come Amazon, Bol, Ibs, Libreriauniversitatia, il sito dell’editore e molti altri. E’ presente anche in sette biblioteche comunali dell’hinterland milanese (e a quanto mi dicono si fa già fatica a trovarlo subito perché viene molto richiesto).
Per quanto riguarda la diffusione del libro non saprei come rispondere. L’attività promozionale che è in corso in questo periodo ha un po’ stimolato i lettori ma ancora non so dire in quali numeri. So che tra un anno abbondante avrò i risultati di vendita definitivi.
Conto molto sul traino di altri libri come “Paura di volare” di Nadia Francalacci (Chiarelettere) che avendo pubblicato per un editore più grande può generare più attenzione anche verso l’argomento del mio libro.
 
2.
Nel libro ripercorre i due anni che ha trascorso come assistente di volo, dal 1999 al 2001 con un linguaggio volutamente canzonatorio, a tratti ironico. Perché, considerando le sue esperienze dirette, non ha preferito una diversa trattazione? Quali aspetti della professione e delle realtà che ha conosciuto direttamente, le sono sembrati più ‘delicati’, per una qualunque trattazione dal tono serio?
 
Ho semplicemente pensato che un libro dai toni troppo seri sarebbe risultato poco “digeribile” soprattutto se scritto da un esordiente. Per i libri di inchiesta ci sono i giornalisti che possono attingere a fonti più ufficiali sfruttando la loro posizione e credibilità. Io invece, dovendo denunciare alcune situazioni, non essendo giornalista e dovendo mettermi al riparo da possibili querele ho preferito usare la maschera dell’ironia e del sarcasmo sia per divertire il lettore sia perché questi due strumenti espressivi sono quelli che mi si confanno di più. Oltretutto, è vero che denuncio alcune situazioni, ma non è stata mia intenzione, allarmare troppo i viaggiatori.
Faccio riferimento a situazioni vere alterando solo un po’ i nomi delle compagnie aeree e dei protagonisti, i quali potrebbero certamente riconoscersi, anche se sono passati anni. Siccome alcuni di questi personaggi hanno avuto guai giudiziari di vario genere, non ho voluto rischiare di incorrere in seccature più grandi di me. Di qui la scelta ponderata di usare un linguaggio ironico e canzonatorio.
Mi piace molto far finta di scherzare anche su situazioni su cui apparentemente non c’è nulla da scherzare, un po’ come faceva Fabrizio De André, di cui sono appassionato estimatore.
Diciamo che uso l’ironia anche un po’ per far sembrare che quello che scrivo sia frutto di fantasia anche se in realtà nulla di quello che è stato scritto è inventato. (Tra l’altro lo dichiaro volutamente nel libro). Con questo sistema posso anche ironizzare su me stesso per portare all’evidenza dei fatti ciò che ho dovuto escogitare per continuare a svolgere la professione e far notare ancora una volta la scarsa attenzione degli addetti ai lavori in un settore delicato come quello dell’aviazione civile.
Gli aspetti delicati che ho dovuto trattare con ironia sono quelli relativi all’omosessualità, alla prostituzione, alla condizione della donna, al cibo, alla vecchiaia, alla malattia e alla generica ignoranza delle persone.
Trattare questi temi in tono serio avrebbe significato trasformare il mio libro in un saggio ma non ho nemmeno l’autorevolezza per definirmi saggista.
Credo quindi che con l’ironia si possano trattare tutti i temi, anche quelli più spinosi, se viene usata bene. Io non voglio canzonare, voglio solo fare un po’ riflettere, dove possibile.
 
 
3.
All’interno del libro sono inserite immagini e stralci di documenti di diverso tipo ad alternarsi con la narrazione. Come mai questo approccio, per certi versi ibrido, quanto rischioso specie per un autore poco conosciuto e che affronta tratteggi reali in modo spiritoso?
 
La mia passione per l’ironia, il sarcasmo ed il disegno ha trovato nella realizzazione di questo libro la sua piena completezza. Per documentare meglio la narrazione ho inserito documenti reali del periodo in cui volavo. Per sdrammatizzarla ho realizzato delle vignette spiritose perché come forse avrà letto mi piace definirmi vignettista e illustratore.
Le vignette, come anche le fotografie, incuriosiscono e aggiungono la mia interpretazione al testo, la mia visione personale, arricchendolo. E’ la mia storia, raccontata da me e di nessun altro.
E’ anche un esperimento, visto che credo molto di più nelle storie vere che in quelle romanzate dove non appare mai chiaro il confine tra realtà e finzione. Non riconosco più l’utilità del romanzo che oggigiorno è diventato troppo di genere: i vampiri, gli investigatori, gli elfi ecc.
Quando leggo qualcosa voglio imparare, non solo passare qualche ora di relax.
Secondo me il libro deve essere utile, interessante, divertente e rilassante.
Scrivendo questo libro ho considerato tutti questi parametri.
 
4.
Attualmente, a distanza di dieci anni dalla conclusione della sua esperienza come assistente di volo, qual è, secondo lei, la situazione tra compagnie italiane ma soprattutto straniere, low cost, condizioni e gestioni degli aeroporti, organizzazioni del personale?
 
Domanda difficile, ad ogni modo tento di rispondere in poche righe. Secondo me c’è uno scadimento generale della qualità sia per le compagnie italiane sia per le estere. Già anni fa era emerso lo scandalo dei pezzi di ricambio. Faccio un accenno a Crossair che vide precipitare molti suoi velivoli, per esempio. L’impressione che ho è che non sia cambiato nulla. Le compagnie puntano alla massimizzazione del profitto offrendo sempre meno qualità al viaggiatore. Che però accetta le condizioni a fronte di tariffe molto convenienti. Però al passeggero non è dato sapere nulla in fatto di manutenzione e sicurezza degli aeromobili perché la pubblicità fa apparire tutto perfetto. Secondo me si vola un po’ all’oscuro sperando in bene. Le compagnie low cost hanno buon gioco in questo periodo di crisi ma a breve diventeranno come tutte le altre, visto che la lista degli “optional” oramai fa parte dell’offerta. Gli aeroporti trovo siano gestiti male, almeno quelli italiani. Il confronto con gli aeroporti esteri, quelli europei in particolare, è impietoso. Sia dal punto di vista dei collegamenti, sia dal punto di vista dell’efficienza. Il personale di volo è bistrattato, costretto com’è a subire contratti precari per lunghissimi anni, come del resto è capitato a me.
Penso inoltre che i passeggeri vadano comunque educati con regole ferree perché, allo scadimento della qualità dell’offerta è seguito lo scadimento della qualità del passeggero che, pensa, pagando poco, di essere autorizzato a certi comportamenti.
 
 
5.
Cosa aggiunge, secondo lei, questo libro? A modo suo ne parla a libro concluso, in una sorta di ‘nota dell’autore’. Vorrei però che, a distanza di qualche settimana dalla pubblicazione, provasse a rispondere serenamente, con schiettezza evitando la ‘voce del narratore’.
 
Secondo me questo libro non ha eguali perché riporta fatti che nessun altro ha avuto, per quanto ne so, il coraggio di raccontare. Faccio qualche esempio: “Allacciate le cinture” di Pallini (Einaudi) racconta l’esperienza di un comandante ma egli parla solo di quello che succede in cabina di pilotaggio e dalla lettura si capisce chiaramente che il protagonista non può spingersi a trattare di certi argomenti. Io invece spiego i motivi di alcune procedure, dò dettagli tecnici e racconto anche cose molto sgradevoli (per esempio nel capitolo “Cibi da mangiare e non”).
Spiego per esempio come ho fatto a superare la visita oculistica e tutto l’addestramento nonostante non fossi proprio nelle condizioni migliori per farlo.
In “Air Babylon” di Edwards-Jones (ed.Zero 91) si racconta una storia d’amore ambientata in aeroporto e poi in volo. Ma è un romanzo, una storia inventata, divertente sì, ma la parte reale del racconto è offuscata da quella di fantasia. Vi sono lontani accenni alla vita di bordo e non, a volte realistici, ma passano in secondo piano perché è la storia d’amore che conta. Oltretutto il libro è scritto da una giornalista che prende spunto dai racconti di una “talpa”.
Il mio scopo, scrivendo questo libro, è stato di rievocare un bel periodo della mia vita, far sognare chi come me aveva un sogno da realizzare, descrivere meravigliosi paesaggi, denunciare storture del mondo del lavoro italiano, far divertire raccontando episodi esilaranti e soprattutto è stato terapeutico per me in quanto avevo la necessità di far sapere alcune cose ai miei genitori, cose che non avevo il coraggio di dire a voce.
Il tutto racconta uno spaccato di vita che credo possa essere comune a molti.
Mi sono divertito molto a scrivere il libro e a illustrarlo, è stato un rievocare tutto ciò che faceva lasciare a bocca aperta i miei amici quando raccontavo loro le mie avventure. E’ un pezzo della mia vita, anche sentimentale, e forse questa è la cosa che ho voluto immortalare nelle pagine di questo libro, anche con un tono di malinconia.
A distanza di anni è stato come svuotare il cassetto della memoria. Adesso è vuoto, per quanto riguarda la mia esperienza di assistente di volo, ma quello che ho vissuto è fruibile ad altre persone.
Dall’esito delle mie ricerche un libro simile finora non esiste proprio perché oggi va di moda scrivere romanzi, anzi, per alcune case editrici il fatto che non si tratti di un romanzo è una discriminante.
Io voglio far capire, anche e soprattutto, che la realtà supera di molto la fantasia.
Voglio far capire, e lo dico nell’ultima pagina, che non devi chiamarti per forza Camilleri o Faletti per scrivere cose interessanti.
Questo libro è una sfida all’editoria moderna e aggiunge speranza a tutti gli esordienti che devono fronteggiare l’odierna gerontocrazia che impedisce loro di avere gli spazi tanto agognati.
Speranza in senso totale a fronte del giusto impegno.
 
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Ringrazio Marco Ponzi.

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