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Il soprintendente e l’orto nella Certosa

Napoli, bella e tragica. Abuso edilizio. Di più: scempio del patrimonio artistico. Un mariuolo, degli investigatori sagaci e dei giornalisti coraggiosi. Una storia da prima pagina. In un paese in cui la legalità impera (credici) la misura della serietà di tutto un sistema.

Il criminale? Si chiama Fabrizio Vona, tra i suoi precedenti, il più grave è quello di essere il soprintende del polo museale speciale di Napoli; vale a dire di essere incaricato della tutela di numerose chiese, palazzi e musei di quella città.

Gli eroici difensori della legalità? Oltre ai vigili urbani (e dire che pensavo a Napoli non ce ne fossero più, perlomeno sulle strade; tutti promossi, come minimo, al rango di dirigente), e ad un anonimo turista che pare abbai segnalato per primo l’accaduto, il pool per l’Urbanistica della Procura, coordinato da Nunzio Fragliasso, cui, dopo i primi accertamenti,è stata passata la pratica, in seguito affidata alle mani, si suppone capaci, del pm Miraglia.

Gli ancor più eroici eroi dell’informazione? I giornalisti che, mentre dicono il meno possibile sulle cosucce da nulla che stanno emergendo sull’Atac romana (fino a 70 milioni di euro l’anno, forse frodati con un giro di biglietti falsi, stampati dall’Atac stessa medesima, a beneficio di politicanti d’ogni colore) hanno ben pensato di mettere invece questo caso in prima pagina e nelle aperture dei telegiornali.

Quando di dice lo sprezzo del pericolo. E soprattutto del ridicolo.

Il crimine? Allora.... Pare che il summenzionato Vona, nonostante la sua delicatissima posizione, abbia commesso un gravissimo abuso edilizio. Sulla terrazza dell’appartamento che gli è concesso in uso, ha collocato alcuni vasi di terracotta in cui ha piantato degli ortaggi (e i NAS? Non si dovrebbero muovere anche loro? E la Guardia di Finanza? Non so, ma a naso direi che il Vona dovrebbe, minimo minimo, essere anche colpevole di esercizio abusivo d’attività agro-silvo e pure pastorale se non financo ittica) e, peggio, a difesa dei futuri raccolti, abbia poi coperto il tutto con un’imponente struttura: un gabbiotto di assicelle e rete metallica di tre metri di larghezza, cinque di lunghezza e un paio d’altezza. Costruzione faraonica, dicevamo, ma pure, per il mio occhio d’antico muratore, smantellabile nel giro di un quarto d’ora, lavorando senza troppa fretta.

Tutto lì? Beh,no. A dire il vero l’appartamento si trova dentro la Certosa di San Martino e il terrazzo incriminato, con la sua serra minimalista, è visibile dai turisti in visita a Castel Sant’Elmo. Il gabbiotto, insomma, è stato realizzato senza autorizzazioni all’interno di un monumento storico, protetto da tutti i vincoli e le tutele del caso e Fabrizio Vona, indubbiamente, e come lui stesso ammette, offrendosi di far sparire tutto non appena sarà levato il sequestro cautelativo (sic) ha compiuto un’irregolarità. Seppure in buona fede, seppur pensando di non danneggiare nessuno, un abuso, se davvero vogliamo chiamarlo così.

Detto questo, immagino che ad ogni mio connazionale cui sia rimasto un briciolo di ragionevolezza, di fronte al can can dei mezzi informativi, e al dispiego di uomini e mezzi, siano cadute le braccia, per usare un eufemismo. Ma come, mentre si costruiscono interi quartieri abusivi senza che nessuno apra bocca, mentre le nostre coste sono sfigurate da alberghi costruiti sul bagnasciuga, senza che nessuno di quelli che dovrebbero veda nulla, ci si scatena per una simile piccolezza?

Si vuol dare un esempio? E di cosa, esattamente? Perché non mi si venga a dire che in un paese dove ministri si ritrovano titolari di appartamenti con vista sul Colosseo a propria insaputa, dove i mammasantissima d’ogni comune (e ogni comune ne ha almeno uno, dalle Alpi alla Sicilia) fanno da sempre quel che vogliono, costruendo dove gli pare e piace, con o senza autorizzazione, abbia dato particolare scandalo che a violare la legge (e capirai che violazione…) sia stato un funzionario dello Stato. Ma chi cavolo stiamo prendendo in giro?

Una tirata d’orecchie, dunque, al dottor Vona (e la multa, o quel che sarà, che gli spetta) ma anche tutta la solidarietà di chi sa benissimo quanto poco ci voglia a violar le leggi, di un paese che ne ha infinite. E quanto sia pericoloso farlo, per quelli che non han santi in paradiso. E solo per loro.

P.S.: Ammetto d’essere stato spinto a scrivere questo articolo anche da una mia personale disavventura. Venti e più anni fa, di ritorno dalla Grecia, sono stato fermato per contrabbando e trattenuto per un buon paio d’ore. Di più; i finanzieri avevano già preparato la denuncia e mi ha salvato l’intervento di un loro ufficiale, credo proprio partenopeo, che gli ingiunse lasciarmi andare.

Cosa stavo contrabbandando? Tre pacchetti di sigarette, che mi erano rimasti in una tasca dello zaino, in più della stecca comprata sul duty free della nave. Dove? Ma nel porto di Brindisi, ovvio. Dove di sigarette di contrabbando ne arrivavano container pieni.

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