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Il punto sul latte cinese

Lo scandalo della melamina usata come additivo rivela problemi che hanno a che fare sia con la struttura economica sia con il meccanismo dei controlli

Per fugare gli allarmismi immotivati di casa nostra, non bisogna innanzitutto dimenticare che i cinesi sono a oggi le prime (e uniche) vittime del “latte alla melamina”, alla cui radice ci sono ragioni economiche molto precise.

Il latte non è un alimento comune nella dieta cinese, ma negli ultimi anni è diventato di moda. La struttura produttiva non è però ancora in grado di supportare il boom della domanda.

Come sottolinea la Bbc, i contadini cinesi hanno mucche sottonutrite mentre l’industra casearia sta crescendo del 30% all’anno. Per aumentare la quantità di latte disponibile, si annacqua il prodotto originale, salvo poi ricreare l’apporto proteico con additivi vari, tra cui melamina.
In tutta l’Australasia solo un caseificio (in Australia) prevede specifici controlli su quella sostanza e quindi il latte nocivo si è diffuso senza freni.


Gli stessi concetti sono espressi da Chinadialogue, che in più quantifica i mancati introiti da parte dei contadini se scegliessero di produrre latte senza additivi piuttosto che carne senza ormoni e via dicendo: dai 300 ai 500 yuan (circa 30-50 euro) in meno per ogni capo di bestiame.

A questo punto entra in gioco il sistema dei controlli, che ha palesemente fallito, nonostante le autorità cinesi abbiamo ormai da anni lanciato campagne molto severe contro frodi alimentari e sofisticazione dei prodotti di ogni genere (il che può significare anche pena di morte per i funzionari corrotti).

Secondo Newsweek, il problema risiede nel “cross-management system” cinese (leggi “sistema burocratico“) per cui la responsabilità della sicurezza alimentare si suddivide tra vari istituti che giocano a scaricabarile. Per intenderci, un maiale viene "gestito" da otto diversi dipartimenti nel ciclo che lo farà diventare prosciutto: dall’Agricoltura al Commercio, passando per quello della Sanità pubblica e altri. Ognuno di questi deve "presentare dei risultati" soprattutto economici, per cui i singoli funzionari tendono a nascondere o a delegare ad altri istituti le magagne che intoppano la gloriosa crescita economica e la propria buona reputazione.

Tuttavia, un articolo di Asia Times sottolinea anche un problema d’altro genere, strettamente politico: la Sanlu (l’azienda cinese a partecipazione neozelandese incriminata per lo scandalo) era già sotto inchiesta da circa un anno, ma ha continuato a produrre latte alla melamina. Si sospetta che tutto fosse tenuto nascosto per non turbare l’armonia olimpica. Ma allora le complicità sarebbero molto in alto. Quali?

Il dibattito continua soprattutto in Cina dove, contrariamente a quanto si pensa di solito, i pareri sono eterogenei e articolati. Sull’ aggregatore di blog Global Voices è interessante seguire il dibattito in diretta. Tra i blogger cinesi si va da chi propone di boicottare i prodotti a chi invita a riflettere sul fatto che a un consumo boom di alcuni generi alimentari non può corrispondere una produzione sufficiente. E allora si ricorre ai trucchi, come la melamina.

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