Il processo per i bimbi congelati ripropone il tema del “rifiuto di maternità”
Ma in Francia il processo ha riaperto il dibattito sul “desiderio femminile di maternità” o meglio sulla “negazione della gravidanza”. In altre parole psichiatri e psicologi interpellati dai giudici della Corte hanno messo in dubbio che il desiderio di avere un bambino sia insito nella natura femminile.
Véronique Courjault ha oggi 41 anni. Alla lettura della sentenza è rimasta impassibile. La stessa imperturbabilità con la quale ha descritto ai giudici le modalità del triplice infanticidio avvenuto negli anni 1999, 2002 e 2003, evocando anche il fatto di aver voluto preservare i corpicini dei neonati avvolgendoli in una coperta e infilandoli nel freezer.
Un’imperturbabilità che ad alcuni esperti è apparsa come una schizofrenica scissione tra corpo e ragione. Mentre da altri è stata vista come una naturale avversione alla gravidanza e alla maternità. Ed è proprio questa la tesi che si fa strada in questi anni sostenuta dalla psichiatra Sophie Marinopoulos, per la quale Véronique non è un mostro, bensì una donna che mette in atto, con la negazione della maternità, un meccanismo di difesa.
Del resto molti casi di madri che uccidono i loro bambini non necessariamente in un raptus di follia, dovrebbero far pensare a tutta la mitizzazione che nei secoli si è fatta della maternità. Forse si è poco riflettuto negli anni del femminismo su un aspetto della femminilità che è stato per troppo tempo condizionato dall’idea che una donna non possa dirsi tale se non mette al mondo un bambino.
La mia personale opinione è che ai nostri giorni si possa davvero scegliere se essere o non essere madri senza per questo rinunciare ad un aspetto profondamente femminile dell’essere donna che sono l’accoglienza e la compassione.
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