Il nuovo pensiero narrativo

"Storythinking. La nuova scienza del pensiero narrativo" ci mostra una bella sintesi dell'evoluzione culturale fino a oggi (Angus Fletcher, Codice Edizioni, 2024, 184 pagine, euro 21).
Si può iniziare affermando che la narrazione "Serve a comunicare idee, non a produrle". Una storia può far nascere cose fantastiche, ma non è vera intelligenza; "La vera intelligenza consiste nel pensare in modo critico, nel saper andare oltre aneddoti e favolette... per occuparsi di fatti accertati e principi duratori" (p. 11). Noi siamo quello che ci raccontiamo. E "la forma attiva del racconto si chiama storytelling". Noi diventiamo quello che ci raccontiamo. Infatti le storie vengono raccontate, ma servono anche a pensare (p. 13).
A sua volta la filosofia finì per godere di "un punto d'osservazione privilegiato da cui risolvere tutti i conflitti. Un punto d'osservazione privilegiato che prese i nomi di verità e giustizia" e "iniziarono a costruire lo strumento di calcolo che oggi chiamiamo logica" (p. 161). Così "l'indagine condotta con una mente aperta" ridisegnò "la figura del filosofo, che non fu più il detentore di un punto di vista esterno bensì dell'unico punto di vista possibile". E "Con la comparsa del monoteismo, i comandamenti morali della logica furono associati a ricompense e punizioni eterne nell'aldilà" (p. 162).
Così "la felicità si è evoluta (come ogni altra cosa presente nella nostra testa) non come una condizione ideale a cui tendere, bensì come strumento, e poiché la funzione di questo strumento è promuovere una crescita costante, il nostro cervello considera la felicità una ricompensa temporanea: se fosse troppo generoso nel concedercela, finiremmo per sentirci troppo appagati e diventeremmo pigri. E negli habitat competitivi della vita questo equivale a morte assicurata" (p. 158). Comunque meno si "misurano" le cose belle della nostra vita meglio viviamo. La vita va vissuta bene e va vissuta nel modo migliore possibile. Tutto qui.
Del resto "la narrazione è nata prima della logica" (p. 159), quindi le persone sono meglio preparate a ragionare attraverso il racconto delle storie di vita. E probabilmente l'idea dell'inferno ebbe origine perché permetteva di controllare meglio delle popolazioni molto vaste. In ogni caso la logica tende a limitare "l'azione creativa" (p. 165). Quindi "esistono almeno due modi di pensare: la logica e la narrazione, ciascuno dei quali può risolvere problemi che l'altro non è in grado di affrontare" e "può creare cose che l'altro non saprà mai creare" (p. 17).
La narrazione aumenta "l'azione creativa facendoci sintonizzare su una narrazione più grande, piena di forze esterne. La filosofia ha aumentato l'azione creativa liberandoci da pregiudizi egoistici, permettendoci così di immaginare mondi al di là di ciò che temevamo e deideravamo" (p. 165). Siamo diventati veramente liberi di pensare. La filosofia ci ha fatto "uscire dalla nostra prospettiva individuale" e la narrazione ci ha fatto immaginare storie più lunghe e più ricche. Così la crescita individuale "viene accelerata incoraggiando lo storythinking delle persone intorno a noi" (p. 166).
Probabilmente gli esseri umani non sono interessati a fondo "alla giustizia, alla verità e ai frutti eterni della logica". Il nostro cervello narrativo desidera "nuove sfide e nuove opportunità. Il solo modo per assicurarci che la nostra materia grigia rispetti le regole", anche se "straordinariamente illuminate", "è sedarla con qualche sostanza o con la paura" (p. 164). Forse ci serve uno storico grande passo esistenziale per andare oltre alla paura.
Angus Fletcher è un neuroscienziato con un dottorato in letteratura preso a Yale. Ha fatto il consulente per Sony, Disney, BBC, Amazon e Universal, e insegna Story Science alla Ohio State University. In precedenza ha scritto il libro Wonderworks. Per approfondimenti: www.angusfletcher.co
Nota esistenziale - "Il vero senso della vita è fare della nostra biografia un mezzo per far fiorire le vite degli altri. Questa si chiama generosità narrativa" (p. 167). E "Lo storythinking" ci fa riflettere "sul Perché e sull'E se" (p. 14).
Nota molto riflessiva - Negli scritti emerge che "Machiavelli non crede in ragioni eterne che possano andare bene in tutti i casi, e pensa che ogni situazione abbia contorni unici e che quindi si dovrà ricorrere a una politica che sappia adattarsi alle circostanze... le azioni, soprattutto le più grandi, devono essere adattate al momento" (p. 141). Machiavelli era un "arcipragmatico". E le cose propizie aiutano molto, ma aiutano di più chi le sa aiutare.
Nota finale - L'etica è "lo sforzo sistematico della nostra mente per rispondere a domande su quale sia il modo migliore di vivere". Questa prospettiva molto ampia permetteva di "considerare i vantaggi superiori che derivano dalla pazienza, dalla cooperazione, dalla generosità" e "lasciava spazio all'azione creativa (p. 161). Prima o poi nasceranno altre persone che scriveranno libri in grado di aiutare altre persone "a immaginare altri libri" (p. 167).
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