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Il movimento organico del femminismo comunitario in America Latina

Gli indigeni e le donne dell’America Meridionale hanno reagito all’egemonia dei paradigmi eurocentrici recuperando la trasmissione della conoscenza a livello comunitario, riconquistando il piacere di una ricerca di saperi autoctoni e ancestrali in cui la donna è percepita come prima autorità nell’ organizzazione comunitaria. Il comunitarismo del “Buen Vivir ” oggi è la proposta politica dei governi degli Stati Plurinazionali della Bolivia e dell’Ecuador. “Il Sumak Kawsay”, tradotto approssimativamente in lingua castigliana come “Buen Vivir ” (Buon Vivere) rappresenta quel vecchio paradigma dei Popoli Originari:
 
(…) chiama alla riflessione planetaria sulla
necessità di cambiare rotta verso un nuovo paradigma che possa offrire alternative alle crisi contemporanee, riguardanti sia il modello di sviluppo in atto che l’insieme delle pratiche educative con cui si sono confrontati dall’epoca coloniale ad oggi.
 Il “Buen Vivir” ha dei significati profondi per ogni popolo e la sua essenza è implicita in ognuna delle parole che lo compongono secondo la loro matrice linguistica. Per esempio: “Lekil Kuxlejal”, per i popoli Tsotsil e Tseltal nello Stato del Chiapas (Messico); “Sumak Kawsay” per il Popolo Quechua, “Suma Qamaña” per il popolo Aymara “Teko Kavi” per il popolo Guaranì nello Stato Plurinazionale della Bolivia e il “Kajkrasa Ruyina” per il popolo U’wa che in Colombia difende la “Ruiria” (petrolio) come sangue della Madre Terra.
E' necessario navigare nelle profonde acque della saggezza degli amawtas, per riuscire a capire gli universi di senso che il “Sumak Kawsay” comprende:
 Sumak: pienitudine, sublime, bello, superiore.
 Kawsay: Vita. Essere stando.
Con questa premessa, l’uso dell’espressione: “Buen Vivir”, dall’inizio alla fine di questo elaborato fa riferimento a: “rapporti armonici con l’insieme, con il tutto, con l’universo, con tutti gli esseri viventi e le entità spirituali che lo compongono. Il tutto essenza e spirito di quello che la scienza chiama “medio ambiente” o “rapporto uomo natura”. Sembrerebbe quasi che le due cose non fossero parte di un’unica essenza. Noi esseri umani, siamo già Natura. Questa la cornice teoretica che guida il mio camminare, alla ricerca dei registri di memoria e gli spazi pedagogici dove si è portato avanti, durante 520 anni d’impegno e resistenza, un processo di trasmissione orale della saggezza di quello che in questo elaborato ho chiamato
“Filosofie della Terra per una Pedagogia del Buen Vivir”. 
 
 
Il principio del Sumak Kawsay (che in lingua quichua significa “vita in armonia”) guida l'interrelazione all'interno della società quichua e i suoi rapporti con la natura. Significa vivere in armonia nelle relazioni sociali, vale a dire tra tutti i membri della ayllu (comunità), vivere in armonia con la natura, con gli dei e gli spiriti guardiani della vita esistenti sulla terra, è intesa anche come pace interiore e vita armoniosa, uno stadio di equilibrio con la natura. Si tratta dell'asse filosofico del pensiero e dell'azione individuale e collettiva dei popoli indigeni che comporta un rapporto indissolubile e interdipendente tra i vari membri dell'universo, la natura e l'umanità, impostato su una base etica e morale per la tutela dell'ambiente, uno sviluppo sociale in cui l'armonia è necessaria come il rispetto e l'equilibrio, si riferisce alla preparazione di un nuovo rapporto tra la Madre Terra e gli esseri umani e le relazioni politiche, sociali ed economiche impostate con rispetto e correttezza, rafforzare i sistemi organizzativi volti a alla produzione comunitaria attraverso un modello di economia nativa per migliorare la qualità della vita per una buona vita. La sua applicazione è il fondamento morale della vita quotidiana, tra cui soprattutto la pace, in ogni persona, come all'interno della comunità e tra gli uomini e le donne in coppie. Sumak Kawsay (vivere in armonia, Buen Vivir) nel mondo indigeno significa avere una terra e di un territorio sano e fertile; coltivare gli alimenti necessari e diversi; preservare, curare e ripulire i fiumi, le foreste, l'aria, le montagne; preservare il territorio gestito collettivamente e offrire ai giovani un'educazione basata sui valori autoctoni e una costante comunicazione; ciò implica un preciso codice etico e il riconoscimento e il rispetto dei diritti degli altri; significa decidere collettivamente le priorità di ogni villaggio o di ogni comunità. Il Sumak Kawsay, è il concetto chiave e una pratica di vita del sistema comunitario. Si tratta di un'esperienza filosofica che costituisce la pietra angolare del processo di costruzione sociale del sistema comunitario Abya Yala. Fa parte della ricerca di sé, basata sulla spiritualità naturalistica del popolo è l'incontro con se stessi. È indispensabile, infatti, essere se stessi, senza pregiudizi o paura: il Sumak Kawsay è l'essere interiore, sentirsi bene con se stessi e gli altri.
 
                                                     Maddalena Celano
 
 
IL MOVIMENTO ORGANICO DEL FEMMINISMO COMUNITARIO DI ABYA YALA  
 
Comunicato del tessuti organici: Bolivia, Cile, Messico e Migrante, 
Nel femminismo comunitario non c’è alcuna rottura. Affermiamo il nostro percorso, i nostri principi etico-politici e le nostre lotte:
 
Il Femminismo comunitario è una sola organizzazione e un movimento organico che nasce in Bolivia, in un processo di cambiamento e che prende questo nome dal 2006 in mezzo alle discussioni dell'Assemblea Costituente. Sempre è e sarà una convocazione aperta, a coloro che s’identificano politicamente e sono d'accordo con le nostre proposte, per farne parte e creare tessuto organico, perciò a coloro che ci hanno accompagnato per un tratto del camino e hanno deciso di separarsi dagli accordi che abbiamo stabilito, chiediamo di non sfruttare il nostro percorso, la nostra lotta e il nostro nome. 
 
Noi Femministe Comunitarie tessiamo e coltiviamo la comunità come spazio del corpo comunitario, in modo da praticare dialogo e un supporto per l’ auto-riflessione, l’ autocritica, la rieducazione e la responsabilità dei propri atti, questo è ciò che è stato fatto con il tessuto de la Paz in Bolivia dal 17 marzo 2016, il processo di un anno, che culminò con l'Assemblea delle assemblee nel dicembre 2016 a Coroico La Paz Bolivia.
 
Dal nostro movimento organico non si espelle, non si accusa, e nessuno è punito. Ognuno è libero di andarsene quando desidera, tuttavia; chiediamo una resa necessaria di conti etici, politici ed economici. Il processo di responsabilità e di controllo interno al tessuto de La Paz in Bolivia è iniziata nel gennaio 2017 e Adriana Guzman e Jimena Tejerina finora non rendono questi conti, richiesti. 
 
La ragion d'essere del Femminismo comunitario di Abya Yala è quello di consolidare uno strumento utile per la lotta dei nostri popoli per il "Buen Vivir" pertanto, dalla conformazione organica del nostro movimento nel mese di novembre 2014 a Lima in Perù, abbiamo chiamato e convocato di nuovo donne, uomini e persone inter-sessuali e di tutte le organizzazioni e movimenti rivoluzionari dei nostri popoli, per costruire il Movimento Comunitario per il Buen Vivir nel e del Pianeta terra (Natura e umanità). Per questo denunciamo e segnaliamo con indignazione le pratiche di diffamazione, manipolazione dell’informazione e autovittimazione, destinate a confondere e nascondere le proprie azioni, attraverso la squalificazione, il molestare e il criminalizzare compagne e compagni, che sono coerenti con i processi e le pratiche politiche dei nostri popoli in lotta per la vita. La menzogna è una vecchia pratica sessista e patriarcale finalizzata a Bolivia, Cile, Messico e Migrante creare sfiducia politica, pretendendo di distruggere i nostri movimenti e le organizzazioni sociali, per questa ragione denunciamo e allertiamo. Confidiamo più che mai nelle lotte e nella memoria dei nostri popoli. 
 
Hasta la comunidad de la comunidades, siempre! 
 
Movimento Organico del Femminismo Comunitario Abya Yala
 
Marzo 2017, 
 
Tejido Migrante: [email protected] 
Tejido Chile: [email protected] 
Tejido México: [email protected]
 

traduzione di Maddalena Celano

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