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Il migrante e il turista. Storie diverse di corpi simili

Come è arrivata la società a trattare in maniera così differente due categorie di corpi pur sempre in movimento.

Potrà essere un pensiero ardito. Può darsi. Potrà essere blasfemo. Forse. In questi giorni in tv si sprecano le battute su Lampedusa. Sono parecchi i comici che scherzano sul fatto che gli isolani non debbano poi così tanto lamentarsi perché non hanno mai avuto un boom di presenze come quest'anno. Grottesco e un po' surreale. Da esploratori di confini dei concetti, e della semantica che si cela dietro le definizioni, dobbiamo porci un interrogativo.

Qual è la differenza tra il turista e il migrante? Perché il migrante viene disprezzato, mentre il turista viene amato, accolto? Perché in questi giorni le Regioni italiane giocano al rimbalzo con le vite delle persone come è stato qualche mese fa per i rifiuti di Napoli e provincia? Nessuno ha pensato a quanto sia abietta questa cosa. Agli abissi in cui è sprofondata l'umanità che tratta i propri simili come rifiuti “tal quale” da smaltire qui o là, “basta che non vengano sul mio territorio”. E venne il tempo delle proteste dei sindaci, dei governatori di Regione che invocano il mitra, dimenticando che in quella Regione il mitra lo conoscono bene e lo usano anche tanto, per altri motivi.

Oggi, nel 2011, tutto ciò che era da sdoganare è stato sdoganato. Ed ecco che un Ministro può permettersi di dire “fuori dalle palle” perché “la gente vuole così”. Ed ecco che le signore un po' piccolo borghesi, nelle tv piccolo borghesi possono applaudire in maniera convinta un Parlamentare che con la bava alla bocca dice “ma quali profughi? Quelli sono tutti clandestini, 30enni che godono di buona salute e per questo bisogna assolutamente cacciarli”. E giù gli applausi. Lo spettacolo indecoroso di cui si è resa protagonista la nostra società dello spettacolo, in questi giorni, sembra non avere limiti al peggio.

La differenza tra un turista e un migrante sta nello sdoganare l'ovvietà. Tutti vogliono i turisti perché hanno qualcosa da spendere. Sono manager, imprenditori, lavoratori qualunque, figli di papà, anche precari e studenti, certo, ma hanno comunque qualcosa da spendere e l'aspetto pulito e ordinato. Sanno come comportarsi. Non fuggono da nulla e sanno quando tornare a casa. Il migrante scappa. Come una scheggia impazzita, fugge dall'orrore e porta con sé una valigia di speranze, senza dubbio, ma anche di atrocità. Ha l'aspetto della fatica, non ha un buon odore, non sa bene dove andare. Viene spinto dal caos per ritrovarsi, magari un giorno, una vita ordinata. Ed ecco il filo spinato, la politica dei campi e delle tendopoli, i tentativi vani di organizzare il caos. Le paure. “Non hanno soldi”. “Oddio, sono poveri”. La povertà è il nostro di orrore. Un fantasma che aleggia nell'Occidente da qualche anno, e che ancora non hanno deciso bene come risolvere, se non con altre guerre per tenere bene a bada i propri popoli.

I fantasmi che un tempo aleggiavano sull'Occidente erano diversi. Il loro nome portava con sé voglia di lottare, innanzitutto. Gli spettri di oggi, portano solo paure, negatività, tutto da perdere. Sembra di essere ai titoli di coda di un film dove l'unico pensiero è quello di cercare la giacca per potersi coprire e uscire. Tutto è già stato girato, visto, compiuto. I migranti sono diversi. Vengono da Paesi che hanno appena fatto la rivoluzione. Sono all'alba e non hanno nulla da perdere. Le donne, sulle carrette in mezzo al mare, sono capaci di dare alla luce una nuova vita. E di portarla, nonostante tutto, in salvo. “Non so quello che succederà, ma intanto, ti faccio nascere e ti porto in salvo”. Non è speranza, è realtà. Ed è questo che ci fa più paura. Più dei numeri. Quattromila, cinquemila, seimila. La carne è carne. A Ferragosto nessuno si chiede ogni giorno, con ansia spasmodica, “quante persone sono arrivate”? Eppure certi centri storici di alcune località turistiche diventano un vero e proprio “carnaio”, appunto.

Non c'è differenza di corpi. C'è differenza di definizioni, concetti, schemi mentali precisi e sicuri che ognuno di noi giustamente si porta dietro. Mi viene in mente una frase di Machiavelli che nel descrivere la rivolta dè Ciompi narra che uno dei contestatori disse: “Spogliateci. Ignudi ci vedrete simili”. Ecco, forse se siamo ancora capaci di ancorarci alla profondità della bellezza umana, di descriverne i corpi, privi di vestiti, profili e tessere di identità, potremmo ancora salvarci. Dal nostro stesso tramonto.

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