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Il lume clericale sull’intelligenza artificiale

Le macchine pensanti domineranno il mondo con i loro algoritmi? Intanto scende in campo il Vaticano per imbrigliare con l’etica quell’intelligenza artificiale altrimenti senza dio. Affronta il tema Valentino Salvatore sul numero 3/2024 di Nessun Dogma

 

Le recenti innovazioni, di cui le chat “ragionanti” con cui ci trastulliamo sono la versione più accessibile, aprono scenari inquietanti o elettrizzanti. Le ricadute che potrebbero avere su settori produttivi, medici, militari e non solo sono gigantesche. Siamo tra il vaso di Pandora che ci porterà nel gorgo della disumanizzazione e la cornucopia postmoderna che ci offrirà ogni ben di dio?

Da alcuni anni la chiesa cattolica si interessa al fenomeno dell’Artificial Intelligence (in breve Ai) per accreditarsi come l’istituzione più autorevole per porre un freno a derive tecnocratiche. Il 28 febbraio del 2020 viene presentato così Rome Call for AI Ethics, un documento della RenAIssance Foundation. Ovvero un ente vaticano insediato presso la pontificia accademia per la vita.

A rappresentare la Santa sede è il presidente dell’accademia, l’influente arcivescovo Vincenzo Paglia, che dentro le istituzioni “laiche” nostrane capeggia una commissione ministeriale per l’assistenza agli anziani. Per l’Italia Paola Pisano, ministra per l’innovazione tecnologica nel governo Conte II. Figurano pure il presidente di Microsoft Brad Smith, il vicepresidente di Ibm John Kelly III e il direttore generale della Fao Dongyu Qu.

La carta promuove «un approccio etico», con alla base un «senso di responsabilità condivisa» tra istituzioni, imprese, governi per «creare un futuro in cui innovazione digitale e progresso tecnologico garantiscano all’uomo la sua centralità».

All’insegna di una «nuova algoretica» in modo che l’intelligenza artificiale «serva ogni persona e l’umanità», «rispetti la dignità della per sona umana», «non abbia come unico obiettivo un profitto maggiore o il graduale rimpiazzo delle persone sul posto di lavoro». L’algoretica è lo «studio dei problemi e dei risvolti etici connessi all’applicazione degli algoritmi», come spiega l’Accademia della Crusca.

Il Vaticano è preoccupato che le radicali trasformazioni veicolate dall’Ai influiscano sul «modo in cui percepiamo la realtà e la stessa natura umana». Questa tecnologia va usata nel rispetto della dignità umana e dell’ambiente, con un occhio a «coloro che sono più vulnerabili» e a «quelle aree di libertà che potrebbero essere minacciate».

Quindi occorre instillare certi principi nell’algoritmo così da creare un «framework» che lo regoli, per un futuro «dove sia chiaro che il progresso tecnologico valorizzi la genialità della razza umana e rimanga dipendente dalla sua integrità etica». Sulla scorta della Dichiarazione universale dei diritti umani – lo dice il Vaticano – bisogna rispettare diritti e dignità di ogni persona, impedendo discriminazioni per «razza, colore, sesso, lingua, religione, opinione politica o di altro tipo, origine nazionale o sociale, proprietà, nascita e altro status».

Per un vero progresso servono «tre condizioni»: includere ogni persona, avere a cuore il «bene dell’umanità», salvaguardare l’ecosistema. Inoltre, ognuno deve essere consapevole di interagire con una macchina. L’Ai va usata anche per migliorare e rendere inclusiva l’istruzione. Diventa essenziale il cosiddetto «dovere di spiegazione»: garantire la trasparenza dei criteri per prendere decisioni, dei propositi e degli obiettivi, nonché la responsabilità. L’appello si conclude con l’auspicio di collaborare a livello internazionale per promuovere la «algor-etica» in base ai principi di trasparenza, inclusione, responsabilità, imparzialità, affidabilità, sicurezza e privacy.

Principi di buon senso su cui tutti, credenti e non, possono essere d’accordo. Ma il diavolo è sempre nei dettagli: basta dare un certo senso ad alcuni termini per far diventare il framework clericale. Il 10 gennaio 2023 arriva l’Abrahamitic Commitment (“impegno abramitico”), che scopre di più le carte, firmato dall’arcivescovo Vincenzo Paglia, dallo sceicco Abdallah bin Bayyah e dal rabbino capo Eliezer Simcha Weisz.

Il secondo è presidente del forum di Abu Dhabi per la pace, organizzazione nata nel 2019 all’insegna di un’alleanza confessionalista mondiale con papa Francesco e il grande imam di al-Azhar, Ahmad al-Tayyib. Ed è anche presidente del consiglio emiratino della sharia, istituzione che emette fatwa nel Paese, a sancire il dominio della legge religiosa con conseguenze che sono ben note per la limitazione di diritti.

L’esponente ebraico è membro del consiglio del gran rabbinato d’Israele, istituzione che controlla non solo aspetti religiosi ma pure civili (si veda il matrimonio): un altro simbolo del confessionalismo che condiziona istituzioni e società del Paese ritenuto più “laico” (ma sempre meno) del Medio Oriente.

Per la dichiarazione abramitica le religioni riconoscono «l’intrinseca dignità dell’essere umano, quale data da dio, al cuore dei loro concetti di relazioni sociali e sviluppo». Quindi «i loro approcci etici non sono utilitaristici, ma assoluti: cerchiamo di far prosperare l’umanità perché siamo comandati a farlo dal nostro creatore».

Tra i punti, beninteso «consapevoli della Rome Call e dei doveri che ci competono in un mondo in cui l’80% delle persone professa una fede», figurano «la necessità della libertà religiosa nella promozione della prosperità umana» e «i contributi vitali dei capi religiosi a un sistema politico ben funzionante e al buon governo». Ad aprile si trova l’intesa tra Vaticano e chiesa anglicana. Sempre con i buoni uffici dell’arcivescovo Paglia, il primate anglicano Justin Welby sottoscrive a Roma l’appello.

L’astro nascente dell’egemonia culturale clericale sull’intelligenza artificiale è padre Paolo Benanti, volto relativamente giovane (è cinquantenne) e lontano dall’altezzosità curiale. Teologo morale francescano, docente alla Pontificia Università Gregoriana, è anche consigliere del papa sul tema: oltre al cursus honorum confessionale si fa strada dentro le istituzioni italiane.

Rispolvera e aggiorna i timori della Chiesa sul “post-umano” e sulle derive della tecnologia, ma lascia la porta aperta a un cauto avanzamento, sempre guidato dall’etica a trazione cattolica. Non spicca per le pubblicazioni accademiche, si segnala piuttosto per l’intensa attività tra social, interviste e conferenze. E per dichiarazioni discutibili – ma pur sempre prevedibili e rientranti nella dottrina cattolica – sul presunto complotto del “gender”, contro i Pride e non molto lusinghiere sull’omosessualità, dispensate nei suoi tour tra parrocchie e circolini integralisti.

Nel 2018 il ministero dello sviluppo economico lo inserisce nel consiglio di trenta esperti che si occupa della strategia nazionale su intelligenza artificiale e tecnologie che usano registri condivisi e blockchain. Verso la fine del 2023 diventa, con il governo Meloni, dominus dell’Ai italiana, con un doppio incarico.

Il sottosegretario alla presidenza del consiglio presso il dipartimento per l’informazione e l’editoria Alberto Barachini lo nomina nella cosiddetta «commissione algoritmi», formata da esperti per studiare l’applicazione dell’intelligenza artificiale nell’editoria e nell’informazione.

Ne diventa presidente all’inizio del 2024 dopo le dimissioni dell’anziano Giuliano Amato, nominato qualche settimana prima ma poco avvezzo alla tematica e ritenuto troppo “di sinistra” dalla destra meloniana; che attira risatine dopo imbarazzanti dichiarazioni sull’utilità dell’intelligenza artificiale nel trovare ricette con le patate.

Dal canto suo il sottosegretario alla presidenza del consiglio per l’innovazione tecnologica Alessio Butti piazza fra’ Benanti nel comitato che lo aiuta ad aggiornare le strategie sull’utilizzo dell’Ai. Poi il religioso è l’unico italiano scelto dal segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres per far parte del New Artificial Intelligence Advisory Board, formato da 39 esperti da tutto il mondo: il gruppo valuta rischi e opportunità per una governance internazionale dell’Ai, in vista del Summit sul futuro in programma nel 2024.

Papa Francesco, incoronato “progressista”, è tutt’altro che freddo nei confronti dell’attuale governo di destra clericale: la silenziosa intesa tra l’esecutivo e il Vaticano si consolida non solo su conservatorismo, familismo e natalismo ma pure sul controllo dell’intelligenza artificiale. Uno degli ultimi gesti è l’annuncio urbi et orbi della presidente del consiglio Giorgia Meloni: il papa partecipa per la prima volta al G7 di metà giugno in Puglia a guida italiana, nella sessione dedicata all’intelligenza artificiale aperta ai Paesi non membri, denominata Outreach.

Il clero bussa anche all’Ue. A febbraio 2024 la Commissione delle conferenze episcopali della Comunità Europea caldeggia l’approvazione del cosiddetto AI Act, il regolamento presentato dalla Commissione per regolare il fenomeno. I vescovi si raccomandano che i sistemi di intelligenza artificiale siano «progettati per servire e proteggere le persone e l’ambiente, essere privi di pregiudizi o tendenze discriminatorie ed escludere l’antropomorfizzazione».

Sicuramente l’intelligenza artificiale ha bisogno di accountability. Spesso ci rivolgiamo a essa in maniera oracolare, senza comprenderne i meccanismi intrinseci e i bias, senza capire da dove vengano i dati. D’altronde accade con ogni tecnologia di un certo livello, per la gente comune indistinguibile dalla magia – per citare lo scrittore di fantascienza Arthur C. Clarke.

Serve certo una riflessione laica sulla “algoretica”. E già c’è, il Vaticano non ha l’esclusiva. La prima attestazione risale al 2017, con una lezione del professor Luigi Lombardi Vallauri nel ciclo di conferenze “Roboetica, dall’algoritmo all’umanoide” dell’Accademia toscana di scienze e lettere “La Colombaria”.

I timori suscitati dall’incognita Ai permettono al Vaticano di ritagliarsi nuova influenza nelle società in cui perde fedeli. Nonché di rinsaldare i rapporti con la politica e offrire ai grandi potentati del capitalismo tecnologico un manto di spiritualità e buone intenzioni. Le distopie sono (forse) lontane, ma la convergenza tecno-spirituale tra lobby clericale, politica prona e corporation per il “bene” dell’umanità sembra tutt’altro che virtuale.

Valentino Salvatore

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