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Il limbo dei conviventi: senza diritti se non sposati

Mistero svelato: è notizia di pochi giorni fa che l'eredità del grande Lucio Dalla spetta di diritto ad alcuni parenti. Se ne era parlato quasi subito: giornali e tg avevano elencato diligentemente le proprietà in possesso del cantautore bolognese, che chissà che fine faranno. Per non parlare dei diritti d'autore... Ad oggi non c'è un testamento che sveli le volontà di Dalla e dunque ora che è finito l'iter burocratico, al di là di colpi di scena improvvisi, il compagno non riceverà nulla.

Magari qualche foto scattata insieme. O degli oggetti comprati durante una vacanza, un tour. Ma, di tutti i beni, compresa la casa che condividevano, nulla, nemmeno una saponetta. E allora mi si mette in moto il criceto che ho in testa: dei personaggi famosi si parla, perché sono famosi. Ma di tutti i poveri diavoli che non hanno clamore al seguito, di tutte quelle persone anonime che vivono la stessa situazione? Nessuno ne sa niente, ma immagino quanti compagni silenziosi siano costretti a restare nell'ombra, a rinunciare a gesti d'amore, nel momento del distacco più brutto, perché mancano del velo della legalità.

Ecco, la questione è questa: gay o non gay non fa differenza, le coppie non sposate rischiano di perdere non solo la persona, ma tutta la vita costruita in due fino a quel momento. Perché manca una firma. Uomini e donne che decidono di condividere un progetto di vita con un'altra persona rischiano sempre, da un momento all'altro, di diventare agli occhi della legge dei perfetti estranei. Questo non mi piace. Sono romantica, non credo che il matrimonio sia solo un contratto per "sistemare" le cose, ma rischia di diventarlo dal momento in cui le norme del nostro sistema sono carenti.

Ma i diritti della persona dove sono finiti? Tutti dovrebbero sentirsi tutelati, non in quanto mariti o mogli, ma semplicemente come persone. La libertà di scelta è alla base di tutto, credo. Si deve poter essere liberi di decidere se dirsi di sì in privato o davanti a un pubblico. Magari in base a delle scelte sbagliate fatte in passato che pesano ancora, per difficoltà oggettive o semplicemente per convinzioni e credo personali. Ma si deve essere liberi di scegliere, sentirsi liberi. O forse sono solo un'illusa? Non ci posso fare niente, però: non posso fare a meno di pensare a tutti i Marco Alemanno invisibili che esistono, tra dolore e silenzio.

Questo articolo è stato pubblicato qui

Commenti all'articolo

  • Di Renzo Riva (---.---.---.55) 15 luglio 2012 01:16
    Renzo Riva

    Riporto quanto fu pubblicato da  "l’Avanti" nell’Agosto 2003


    Posso dire che sia pari a un "sempreverde" visto la validità delle argomentazioni
    tutt’ora attualissimo e supportato da una lucida analisi e conseguenti conclusioni.

    LA DIFFERENZA TRA I DIRITTI DELL’INDIVIDUO
    E QUELLI CHE SPETTANO A UNA COPPIA

    La questione cosiddetta dei matrimoni gay non interessa, evidentemente, i soli gay, ma pone dei gravi problemi politici, giuridici e sociali, che riguardano l’intera società. In Italia si è formato un fronte politico e culturale, che in parte è laico (per esempio i radicali) e in gran parte è della vecchia e nuova sinistra comunista.
    I Ds, firmatari Franco Grillini (presidente Arcigay), Luciano Violante (presidente del gruppo parlamentare) e Barbara Pollastrini hanno presentato la proposta del Pacs (patto civile e sociale), un disegno di legge che rappresenta la posizione ufficiale del partito.
    Il fatto è in sé indicativo e importante. Le coppie omosessuali rivendicano il “diritto” di contrarre matrimonio, così come le coppie eterosessuali, legittimate o di fatto che siano; e conseguentemente di godere dei diritti delle coppie legittimamente coniugate, in materia di successione, eredità, testamento, alimenti, adozioni, assistenza, locazione e così via. Questo assunto è stato fortemente rafforzato, negli ultimi tempi, dalla legislazione di molti Paesi, del Nord Europa e del Nord America (dall’Olanda al Belgio al Canada alla stessa Francia, sia pure con rilevanti differenze tra loro) che hanno accolto le pretese del mondo gay; e ciò non può non incidere sulla Comunità Europea.
    E qui c’è da discutere, innanzitutto, se l’essere gay, cioè manifestare una certa preferenza sessuale, sia un “diritto” e comporti dei diritti e doveri; o se sia semplicemente un comportamento, un modo di vita, un costume, che non può avere rilevanza giuridica nei confronti della generalità dei cittadini.
    In Italia ognuno è libero di “far l’amore come gli va” (secondo la canzone di Lucio Dalla): davanti, di dietro, a destra, a sinistra e al centro. Un problema di diritto si apre quando si pongono i rapporti con altri e con la pubblica amministrazione. I gay hanno gli stessi diritti degli altri cittadini. Ma, per esempio, né i cittadini etero, né gli omo, hanno il diritto di sposarsi con quattro mogli, diritto che invece è pacifico e inossidabile per i cittadini di molti Paesi arabi, asiatici e africani. Eppure la poligamia di fatto esiste ed esistono i conseguenti problemi; ma nessuno pensa di risolverli con un matrimonio poligamico, almeno in Italia e negli altri Paesi occidentali. E’ interessante porsi il problema, di come lo Stato dovrebbe rispondere ai tanti islamici che abitano nel nostro Paese, e che vorrebbero legittimare il proprio matrimonio con due, tre o quattro cittadine; è anzi sicuro che sarebbero le donne le prime a chiedere tale legittimazione. E nel caso di islamici-gay, perché non ammettere non solo il matrimonio omosex, ma anche poligamico e infrasex.
    Il Pacs aggira l’ostacolo, abbandonando la questione formale del matrimonio.
    I gay dicono: “Lasciamo perdere la vostra sacralità. Veniamo al sodo. A noi interessano gli aspetti giuridici e quelli materiali. Alla coppia di fatto che regolarmente si registra in Municipio, devono essere riconosciuti gli stessi diritti contrattuali della coppia etero-matrimoniale”.
    I gay di fede grilliniana da tempo hanno deciso di mimetizzarsi dietro le “coppie di fatto”, cioè i molti etero che senza sposarsi (operazione sempre più difficile, costosa e sempre più spesso respinta dai giovani d’oggi) convivono insieme, pacificamente o no, e che vorrebbero ottenere anch’essi gli stessi diritti, senza pagar dazio.
    E qui casca l’asino soprattutto perché l’istituto del matrimonio è mirato alla continuazione della specie ed è un’invenzione appositamente dedicata alla creazione e alla difesa, la regolarizzazione e legittimazione, della famiglia; e che la famiglia è l’insieme di maschio, femmina e loro figli.
    Si legge spesso che i gay ritengono che la loro unione in coppia costituisca “una famiglia”; e che proprio in base a questo, abbiano il “diritto” all’adozione di figli. Ma non è così. Anche nei secoli di maggior auge della pederastia; quando era diffusa e normalmente accetta nelle classi del potere; anche quando era praticata insieme alla pedofilia e questa era di moda e quasi un obbligo sociale nelle classi più alte; e quando tutto questo dava luogo a celebri amori maschili, femminili, omosex, bisex, saffici, impuberi e produceva altissime poesie e romanzi; tutto questo però non ha mai preteso d’essere “una famiglia”.
    Un insieme di omosessuali e figli adottivi, può essere un gruppo sociale, un collettivo, o anche una scuola, un’accademia, un liceo, ma non è una famiglia. I suoi componenti hanno individualmente i diritti degli altri cittadini; o se mettono insieme un’attività economica possono avere dei diritti societari; ma non hanno il diritto coniugale o il diritto del pater familias , o il “ubi tu Gaius ibi ego Gaia”.
    Perciò non esistono due specie di diritti: uno per il cittadino etero e uno per il cittadino gay, ma esiste solo il diritto del cittadino.
    Se questo cittadino ha un amico o un’amica o un pargolo che ama, può testare, assicurare, ospitare, ereditare, donare, ricevere, come gli pare secondo legge e fatti salvi i diritti dei terzi.
    Ma si tratta sempre di diritti individuali, non di diritti di coppia e meno che mai di diritti particolari legati alle specificità (sessuale, religiosa, censo ecc.).
    (libera riduzione di un articolo "A proposito dei matrimoni gay" da "l’Avanti" del 8/08/2003)

  • Di (---.---.---.209) 16 luglio 2012 12:41

    Sì, lo so, la questione è molto complessa e il dibattito potenzialmente infinito. Il bello è che ognuno ha la propria idea e, almeno per quanto riguarda le opinioni, siamo liberi di averne una, tante, diverse.

    Gaia
  • Di (---.---.---.234) 28 luglio 2012 18:49

    Analizzando la situazione con calma, come ha fatto giustamente il signor Riva prima di me, si può arrivare alla conclusione che non ci sia in fondo nulla di strano o ingiusto in tutto questo... Può essere triste, questo sì, ma... non è che si possano fare leggi personalizzate per ogni individuo, o a seconda dei casi e delle varie sfaccettature emotive! Concordo con il signor Renzo Riva: non esistono due specie di diritti, uno per il cittadino etero e uno per il cittadino gay, ma esiste solo il diritto del cittadino.

    In altre parole:

    - se la coppia è eterosessuale: può essere l’amore più grande del mondo, ma se così è PERCHE’ dopo un ragionevole periodo di tempo, in cui si è consolidata la certezza dei sentimenti reciproci, NON LEGALIZZARE L’UNIONE??? Mi si potrà rispondere, ad esempio, perchè magari non ci si può sposare per non perdere privilegi economici (reversibilità di coniugi defunti, mantenimenti di ex coniugi ecc.), o perchè non si è ancora chiesto il divorzio per motivi diversi. Bè ma che volete, la botte piena e la moglie ubriaca?? Se si sa già in partenza che esistono questi "impedimenti", raggiunta la consapevolezza del sentimento occorre semplicemente fare la scelta che tuteli quella che è la priorità della propria esistenza (la persona amata o l’assegno mensile)! Non si può tenere il piede in due scarpe. O se proprio lo si vuole fare, bisogna accettarne le conseguenze: mi sembra non sia altro che una questione di maturità. E poi, mica detto che l’unione civile debba essere un evento "con pubblico": lo si può fare tranquillamente come 4 persone che vanno in municipio vestiti come per andare a pagare una multa del vigile, ma che invece mettono una firma per dire "mi IMPEGNO a tutelare legalmente chi amo davvero". Se uno non è in grado psicologicamente di sostenere un tale "peso", forse l’altro dovrebbe chiedersi se chi ha scelto di amare sia una persona affidabile e matura. E se la risposta è no... o si prende in considerazione un contratto patrimoniale o si lascia perdere tutto. In entrambi i casi... problema risolto.

    - se la coppia è omosessuale: dice bene anche questa volta il signor Riva. Liberi di amare chi si vuole. Si ha tutto il diritto di chiamarlo Amore, come e anche più di quello di una coppia etero, ma questo non cambierà mai la (seppur dura) realtà: due persone dello stesso sesso non saranno mai in grado di unirsi biologicamente per generare un figlio. Non avranno mai nemmeno possibilità scarse, ipotetiche o vicine allo zero come una coppia etero e sterile, per esempio. E’ la natura che lo stabilisce. Potranno SENTIRSI una famiglia come e anche più di una coppia etero, ma per definizione non lo sono. Quindi per tutelarsi legalmente in caso di morte di uno dei due, dovranno scegliere altre strade: quella che sceglierebbero consapevolmente due cittadini singoli qualunque uniti da un sentimento nobile e profondo.

    Il matrimonio è un negozio giuridico, ma non un contratto perchè la natura dell’accordo tra i coniugi NON E’ PATRIMONIALE. 

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