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 Home page > Tribuna Libera > Il lavoro che verrà!

Il lavoro che verrà!

Dal 20 al 25 agosto, al Meeting21 di Rimini, si parla de “il lavoro che verrà”
Cavolo, andiamo, è tempo di sbirciare.
Chi ci sarà? Beh, intanto non potrà mancare quel 58% di noi che una occupazione non l’ha; tra questi molti, troppi, giovani.

 

Approposito, si va a sbirciare quel lavoro che sarebbe dovuto arrivare ben prima della crisi economica, per far modo che il fine dell’economia potesse farsi “mio” fine, per il tornaconto di tutti.

Tranquilli, dentro l’Economia dei Consumi, non vi sarà neanche mismatching tra offerta e domanda per un lavoro di tal fatta: quello di consumazione. Sa farlo chi fa la spesa, ne ha bisogno l’Impresa.

Giust’appunto il “lavoro della domanda” che si svela domandando:

Chi acquista merci generando ricchezza?

Chi, consumando l’acquistato, fa ri-produrre fornendo continuità al ciclo produttivo?

Chi, mediante l’acquisto, distribuisce denaro ai profitti, ai redditi pure alle casse erariali? Chi, per sostenere la Domanda di un’Offerta in eccesso, ha bruciato reddito, risparmio, debito?

Chi, pur di adempiere al proprio ruolo, invece di cibarsi ingrassa, invece di abbigliarsi veste alla moda che passa di moda?

Chi, consumando l’acquistato, smaltisce l’eccesso inquinando l’ambiente?

Suvvia quelli che fanno la spesa! Chi altri sennò?

Già, tutto questo si è fatto. Tutto questo, per mancanza di un reddito sufficiente alla bisogna, si rischia di non poter più fare!

Costretti a ridurre le spese per compensare questa insufficienza, non si potrà sostenere la domanda, aumenterà quell’offerta già sovrabbondante, si ridurranno gli investimenti; meno lavoro, meno reddito, meno incassi per l’erario. Verrà bruciato valore, verrà bruciata ricchezza; meno crescita economica e... via cantando. Essipperchè, se chi lavora nella produzione lo fa per guadagnare, occorrerà prima aver guadagnato per poter lavorare nel consumo.

Astanti, ci siete?

Et voilà la chiosa: la crisi prima, la pandemia poi mostrano come l’acquisto non sia solo ristoro ai bisogni, non sia neanche solo un vezzo, forse pure una volgare ancorché irrinunciabile necessità per sostenere la crescita e generare ricchezza.

Un obbligo che, per essere esercitato, ha bisogno del conforto di un reddito adeguato.

Non un obolo, il giusto ristoro, invece, per un esercizio di necessità; si, un lavoro!

Lavoro questo che, ridefinendo il modo di trasferimento della ricchezza generata dalla spesa, si possa auto riprodurre e auto remunerare!

No, non sta qui il paradosso; sta invece nell’esser ancora obbligati a dover fare il lavoro di consumazione senza avere i denari per farlo; a debito, insomma.

Mauro Artibani, l’economaio

Foto Pixabay

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