Il giurista cattolico e l’omosessualità intesa come malattia
Divampano le polemiche su quanto espresso dal vicepresidente dell’Unione dei Giuristi Cattolici Italiani, Giancarlo Cerrelli, nella puntata del 20 agosto scorso della trasmissione televisiva Unomattina Estate. Tema della puntata era ancora una volta la proposta di legge contro l’omofobia attualmente in discussione in Parlamento e naturalmente Cerrelli cercava di spiegare le ragioni della contrarietà dei cattolici in generale e sua in particolare. Le sue argomentazioni erano però quantomeno discutibili.
Per Cerrelli i motivi che hanno indotto l’American Psychiatric Association a eliminare più di vent’anni fa l’omosessualità dal Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali, e l’Organizzazione Mondiale della Sanità a prendere atto che essere gay non è una malattia, non sarebbero di carattere scientifico. E cos’altro potrebbe esserci alla base delle decisioni dell’OMS, un’agenzia dell’ONU che si occupa della tutela della salute a livello internazionale? Cerrelli questo non l’ha specificato in trasmissione e non risulta che lo abbia fatto altrove, ma è nota la vulgata integralista secondo cui il depennamento sarebbe frutto delle pressioni ideologiche della potente lobby gay.
Una tesi che ignora sistematicamente i pesantissimi bias noti da decenni negli studi presentati (e sconfessati) dai fautori dell’omosessualità come “malattia curabile”, anche recenti. In compenso ha detto chiaramente che l’omosessualità senz’altro è un “disagio esistenziale” e anche un “disordine nella propria vita”. Per proseguire poi dicendo che “bisogna recuperare i termini di ‘normalità’ e ‘natura’” (sic!) contro la “ideologia del gender” e, dulcis in fundo, accennando al fatto che “come si sa, vi sono anche delle terapie riparative”, affermazione quest’ultima che è stata immediatamente sfumata dai conduttori.
Pronta la reazione del presidente del Consiglio Nazionale dell’Ordine degli Psicologi, Giuseppe Luigi Palma, che a distanza di 3 giorni ha diramato un comunicato stampa per stigmatizzare le dichiarazioni di Cerrelli. Per Palma “è gravissimo che i detrattori della legge antiomofobia, ripropongano, tra le altre, l’idea che l’omosessualità sia una malattia da curare [...] contraddicendo quanto da anni sostiene la comunità scientifica internazionale”. E presumiamo che dal punto di vista scientifico Palma abbia più titolo di Cerrelli, non foss’altro perché Cerrelli fa un mestiere diverso. Ma Palma non si limita alla considerazione scientifica, che pure ribadisce in altri punti del comunicato, bensì fa riferimento anche a problemi di ordine sociologico laddove sostiene che l’affermazione “che l’omosessualità possa essere curata […] è portatrice di un pericoloso sostegno al pregiudizio sociale ancora così fortemente radicato nella nostra società”. In altre parole, Cerrelli non ha solo espresso opinioni prive di qualsivoglia fondamento scientifico, ma ha indirettamente sostenuto quel pregiudizio nei confronti degli omosessuali che sta alla base delle manifestazioni omofobiche.
Ma ovviamente anche Cerrelli ha i suoi sostenitori — verrebbe da dire “i suoi santi in paradiso” — e tra questi vi è la redazione della rivista ciellina Tempi che in un articolo critica il comunicato dell’Ordine degli Psicologi definendolo un attacco verso un cittadino la cui unica colpa è quella di avere le sue idee sull’omosessualità e sulla proposta antiomofobia, all’insegna della collaudata strategia vittimistica per boicottare qualsiasi norma di quel tipo in nome della difesa della libertà di espressione.
Immaginiamo che quindi l’attacco di Tempi nei confronti di Palma sia da considerare qualcosa di diverso, non inteso a dare “colpe” a nessuno né tanto meno a criticare idee altrui. Probabilmente si tratta di un buffetto amichevole, di un banale rimprovero per il fatto di aver manipolato strumentalmente le parole di Cerrelli, e infatti è proprio sui termini utilizzati che si concentra la redazione della rivista. In particolare ciò che viene rimproverato a Palma è l’aver insinuato che Cerrelli abbia definito “malattia” l’omosessualità, quando ascoltando la trasmissione è chiaro che quella parola effettivamente non è stata pronunciata: il presentatore gli ha chiesto esplicitamente se la considerasse tale, Cerrelli ha detto di “no” ma ha poi fatto delle precisazioni che di fatto hanno vanificato la negazione. Che la ritenga una malattia è abbastanza evidente, al di là delle circonlocuzioni logiche e del perbenismo ostentato in tv, visto che parla di “terapie” e usa termini come “normalità”, “natura”, “disagio” e “disordine”. Serve davvero aggiungere altro?
Dello stesso tenore il sito cattolico La nuova Bussola Quotidiana che apre il suo articolo in merito con l’espressione “i professionisti dell’anti-omofobia hanno finalmente gettato la maschera”, dove la maschera in questione altro non è che la tesi secondo cui la legge antiomofobia non si ponga contro la libertà d’espressione. Secondo l’interpretazione del sito, infatti, il dibattito in trasmissione ha dimostrato da un lato che “le aggressioni e le vere discriminazioni degli omosessuali oggi in Italia sono già punite”, e dall’altro che, al contrario, qualora la proposta diventasse legge l’espressione di semplici opinioni, come ad esempio dire che l’omosessualità è una malattia o che l’atto omosessuale è oggettivamente disordinato, sarebbero passibili di denuncia.
In realtà i reati già punibili li ha elencati lo stesso Cerrelli nell’intervista rilasciata a Tempi, ed è abbastanza chiaro che non si tratta di reati discriminatori ma di ben altro tipo, ed è inoltre chiaro anche che, come abbiamo già scritto, sostenere che l’estensione della legge Mancino-Reale porterebbe alla codifica di un reato d’opinione contro l’omosessualità significherebbe sostenere che già adesso esistono reati d’opinione contro le religioni, visto che la legge in questione è nata per punire le discriminazioni razziali ed è già stata estesa alla tutela delle discriminazioni religiose.
Nulla di nuovo sotto il sole, quindi. I professionisti dell’anti-anti-omofobia, tanto per parafrasare la Bussola Quotidiana, continuano ad accusare chi è contro le loro opinioni di attentare alla libertà d’espressione, mentre nessuno dice lo stesso di loro, e usano quest’argomentazione palesemente infondata per sostenere la tesi che l’estensione della Mancino-Reale sarebbe liberticida tacendo sul fatto che già oggi applica la stessa tutela alle discriminazioni religiose.
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