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Il decreto della discordia

L’impeachment del Presidente della Repubblica

Il decreto della discordia

Il modo in cui il Governo Berlusconi ha voluto rattoppare il "pasticcio" creato dal Popolo delle Libertà nel Lazio e nella Lombardia sulle liste relative alle prossime elezioni regionali, non è piaciuto al centro sinistra.
 
Il decreto interpretativo, ma non innovativo, delle norme elettorali, approvato l’altro giorno dal Consiglio dei Ministri e firmato dal Presidente della Repubblica è infatti causa di un durissimo scontro tra maggioranza e opposizione. Quest’ultima minaccia, tra l’altro, anche di mobilitarsi in una grande manifestazione di piazza, che dovrebbe tenersi sabato prossimo.
 
Ma questa dura contestazione, come tante altre in passato, fa molto riflettere sui forti dissensi e le insuperabili divisioni esistenti all’interno dell’opposizione.
Mentre Di Pietro, per l’Italia dei Valori, chiede senza mezzi termini addirittura l’impichment di Giorgio Napolitano, che, in tale situazione, anziché erigersi ad arbitro "super partes", si sarebbe piegato alla volontà del centro destra, Bersani, per il Partito Democratico, ci va più cauto. Vuole tenere fuori della mischia il Presidente della Repubblica, che dal canto suo ha spiegato il gesto della firma sul decreto come "atto di democrazia" per assicurare il diritto di voto a milioni di cittadini, ma allo stesso tempo condanna il varo del "vergognoso decreto" come atto di forza voluto dal Popolo delle Libertà.
 
Pare opportuno, però, chiarire l’ambiguità di un simile atteggiamento. E’ stato proprio il PD, tramite suoi autorevoli esponenti, ad invocare una soluzione, qualunque soluzione possibile, pur di non dare l’impressione di voler vincere le elezioni a tavolino, senza un confronto con la controparte politica. E ora che Napolitano ha siglato l’unica via possibile per "salvare" la democrazia nel rispetto della legge e garantire ovunque la piena partecipazione dei diversi schieramenti politici alle elezioni regionali, questa soluzione non va più bene ed è fortemente criticata.
 
Ciò dimostra quanta confusione regna nelle file del centro sinistra. Bersani cerca l’alleanza con Di Pietro, da lui ritenuta ormai necessaria, ma alla prima occasione se ne discosta nettamente.
 
Non è la prima volta e non sarà di certo l’ultima. Troppo diversi sono i punti di vista, gli obiettivi ed i mezzi per raggiungerli.
 
Anche dando per scontato che, per il poco edificante quadro politico, l’Italia avrebbe urgente bisogno, oltre che delle riforme, anche di un salutare ricambio della classe dirigente, con quali garanzie e con quali credibilità un’opposizione così scombinata può proporsi per un’alternanza di governo?

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