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Il caso Skrypal e lo scontro geopolitico in corso

Prosegue la Spy Story che sta infiammando i rotocalchi, il cosiddetto “caso Skrypal” dove un ex agente dei servizi segreti russi che faceva il doppiogioco passando informazioni per i servizi di sua maestà è stato ucciso attraverso l’utilizzo, sembrerebbe, di gas nervino. Ora sicuramente Aldo ci saprà ragguagliare e darci una visione più ampia essendo uno dei maggiori esperti sul tema dei servizi in Italia, possiamo però trarre una qualche considerazione di livello geopolitico.

di Ivan Giovi

La prima di cui ci rendiamo conto è l’enorme errore commesso dai servizi britannici che non hanno saputo proteggere il loro informatore a dovere – a meno che non si pensi che abbiano organizzato tutto loro, ma qui si entra nella teoria del complotto, difficile da dimostrare – che è stato ucciso da qualcuno, russo o non russo. La seconda è che sembrando improbabile che siano stati gli stessi servizi che dovevano proteggere l’ex agente ad averlo ucciso, chi di dovere ha subito preso la palla al balzo per accusare la Russia, guarda caso a qualche giorno dalle elezioni russe. Infatti, la volontà di non mostrare la provetta che dimostra che il gas nervino utilizzato sarebbe di produzione russa, Boris Johnson che dopo pochi giorni accusa direttamente il Presidente Putin senza alcuno straccio di prova a sostegno della tesi – insomma se anche fosse stato direttamente Vladimir Putin a dare l’ordine, decisamente non sarebbe stato così facile risalire a Putin in solo qualche giorno, conoscendo l’efficienza del KGB – facile immaginare perciò che le varie dichiarazioni e accuse, rilasciate troppo presto dall’accaduto, fossero un tentativo di screditare Vladimir Putin in vista delle elezioni. Poi è ben possibile che sia stato realmente ucciso dai servizi russi, ma è decisamente ben più difficile da provare realmente che con una provetta mai mostrata.

Aprendo però le prospettive e guardando la scena internazionale possiamo tracciare anche una tendenza geopolitica; le adesioni alla condanna unilaterale della Gran Bretagna da parte di Francia, Usa e Germania (e Italia, cosa abbastanza grave per un Presidente del Consiglio dimissionario con aventi funzioni solo ordinarie), arrivate quasi istantaneamente fanno pensare, oltre che all’esistenza di telefonate preparatorie a questa condanna, ad un tentativo di compattamento dei ranghi della Nato. Alleanza atlantica che sembra ormai tutto tranne che un’alleanza. Tra la Turchia che più che un alleato ormai sembra sempre più una spina nel fianco di Europa e USA invece che un alleato, la Germania che ha intrapreso una guerra commerciale con gli Stati Uniti trascinando con sé tutta Europa, gli Usa che si lamentano in continuazione con gli Stati Europei perché non contribuiscono abbastanza alla difesa comune.

È per questo che negli ultimi anni il tentativo è stato, in linea con i fatti del “caso Skripal”, quello di creare nuovamente il nemico esterno che ha giustificato l’alleanza atlantica per ricompattare i ranghi della NATO, molte volte ingigantendo il reale potere Russo e trovando pretesti assurdi per incolparli di qualsivoglia evento accaduto nel mondo occidentale (leggasi hacker russi che interferiscono con elezioni di mezzo mondo). Senza peraltro riuscire nello scopo, perché l’influenza russa negli ultimi anni si è estesa sempre di più, basti pensare alla Turchia che ha palesemente cambiato sponda o alla in Siria dove il vincitore a breve sarà nettamente Vladimir Putin. Vero è che quando giochi senza avversari, il gioco è abbastanza facile da vincere.

Ormai il mondo della globalizzazione e della complessità ha fatto tramontare l’idea di questa alleanza tenuta in piedi ormai con l’Attak e dalla volontà di non scontentare la superpotenza. Ma più di ogni altra cosa questa alleanza ha perso la sua raison d’être nel 1989 quando è crollato il nemico per cui era stata creata; così come il suo cuscinetto principale, la Comunità Europea prima e l’Unione Europea dopo, sta in piedi solo perché non si sa come uscirne e ha creato più conflitti che reale integrazione.

Questo articolo è stato pubblicato qui

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