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Il caso Rio Tinto

Update: Condannati i quattro dipendenti della Rio Tinto a pene comprese tra 7 e 14 anni di carcere per tangenti e violazione di segreto industriale (Reuters)

Implicazioni commerciali e politiche di uno dei casi giuridici più importanti e controversi per capire come si evolveranno le relazioni cinesi con il resto del mondo. Da quando uno dei dirigenti di Rio Tinto, Stern Hu e tre suoi colleghi cinesi sono stati arrestati lo scorso luglio, si è atteso con trepidazione il giorno in cui sarebbero stati processati in aula, in modo tale da poter sentire le loro argomentazioni.

Il caso Rio Tinto

Da che mondo è mondo, le aule dei tribunali sono i luoghi deputati alla soluzione dei misteri e dove fare chiarezza, ma il processo che per tre giorni si è tenuto a Shanghai, durante questa settimana, ha solo aggiunto speculazioni che hanno inghiottito Hu, Ge Minqiang, Liu Caikui e Wang Yong. Non v’è modo di capire se gli accusati siano completamente innocenti o colpevoli. La sentenza giungerà lunedì, forse saranno comminati dai cinque ai sette anni ad ognuno di loro, così nessuno saprà la loro versione della storia se non quando sarà già troppo tardi. Per i sostenitori di Pechino, sono senza dubbio colpevoli.

Ci sono ad ogni modo una serie di domande che attendono risposta:

Perché, in un paese dove la corruzione e il furto di segreti commerciali è dilagante, sono stati individuati queste quattro persone? Perché vengono considerati come i ricevitori delle mazzette, anziché i corruttori? Che servizi hanno fornito? Chi era la vittima? Se era Rio Tinto, non sarebbe dovuta essere proprio la compagnia australiana ha denunciarli? E chi sono allora i corruttori? Secondo l’accusa ai quattro sarebbero stati offerti soldi per dare la precedenza su ordinativi di ferro in una situazione di scarsezza di rifornimenti. E che cosa si può sapere a proposito dei segreti commerciali che avrebbero rubato? Uno si sarebbe dichiarato colpevole, gli altri tre innocenti. Le uniche supposizioni che si possono fare è che tutta la situazione venga inquadrata in tatticismi per negoziare il prezzo dei minerali, ma fuori dal territorio cinese, questa situazione non sarebbe sfociata nel penale. Il celebre avvocato di Shanghai Duan Qihua è stato nominato difensore di Stern Hu, ma non è comparso in aula.

Andrew Forrest, il miliardario direttore esecutivo di Fortescue, il terzo più grosso produttore di minerali in Australia, ha affermato che le relazioni tra i due paesi non saranno danneggiate dal processo. Senza dubbio però il processo sta danneggiando l’immagine internazionale della Cina. Ma nel paese australiano, il processo ha dimostrato come funzioni il sistema politico legale cinese. E’ servito anche da avvertimento per tutti quei manager cinesi di nascita che lavorano per le compagnie straniere: la loro lealtà ultima deve andare alla Repubblica Popolare cinese. Il PCC per la sua crescita economica ha bisogno dei rifornimenti australiani. Ma la realtà dietro questi eventi è che le decisioni chiave sono fatte per ragioni politiche e che talvolta il buon senso commerciale vada riscritto.

Ma cosa era accaduto in precedenza?

A luglio, quattro impiegati della Rio Tinto, il più grande produttore australiano di ferro minerale, sono stati arrestati dal governo cinese a Shanghai. Sono stati accusati di corruzione per ottenere informazioni sensibili dai produttori di acciaio cinesi, crimini che equivalgono a spionaggio industriale per il vago statuto della legge che protegge i segreti di stato. Il 12 agosto i detenuti sono stati formalmente accusati: dovranno con tutte le probabilità affrontare fino a 7 anni di reclusione, senza contare le multe pesanti che saranno inflitte. Arrivati a questo punto, Stern Hu, di origini cinesi, ma australiano di nazionalità, non aveva ancora potuto avere un avvocato difensivo. Le accuse formali sono state formulate in ritardo. Fuori dall’aula di giustizia, il caso ha scatenato un’ondata di controversie sin dal primo arresto a luglio. Alcuni media occidentali, in particolare l’Economist, hanno speculato che gli arresti non fossero altro che un atto politico di ritorsione dopo i recenti conflitti tra la Cina e Rio Tinto: ai primi di giugno, Rio Tinto difatti si era rifiutato di cedere il 18% delle sue azioni alla China Aluminum Corp.; e verso la fine del mese, la compagnia non era riuscita a raggiungere un accordo con gli importatori cinesi sui prezzi annuali dell’acciaio. Il collegamento tra queste dispute commerciali e gli arresti sono stati avanzati anche da numerosi politici astraliani. Negli Stati Uniti, il Segretario al Commercio Gary Locke ha affermato che probabilmente questo caso influenzerà gli investitori americani e le grandi multinazionali, che rivedranno pertanto i loro progetti in Cina. L’Economist ha sostenuto che questo caso fa parte di una serie di azioni legali prese dal governo cinese contro le compagnie straniere, incluso una sussidiaria di Citigroup a Shenzhen e alcuni promotori immobiliari a Tianjin.

I media cinesi non sono stati da meno nel coprire il caso di Rio Tinto. Ancora una volta si potrebbe pensare che essendo una questione di sicurezza nazionale, i media potrebbero essere semplicemente dei portavoce del pensiero del governo centrale. Durante le rivolte in Tibet e nel Xinjiang, il caso è stato trattato nelle stesse rubriche. Ad ogni modo, molti media nazionali hanno affermato la leggitimità delle azioni del governo: Southern Metropolis Daily, ad esempio, ha affermato che i computer confiscati negli uffici della Rio Tinto a Shanghai, avrebbero contenuto dati governativi coperti dal segreto di stato: e il China Daily ha evidenziato le affermazioni di fonte anonima per suggerire che Rio avrebbe corrotto manager delle 16 più grandi compagnie cinesi di acciaio: e proprio questa settimana, un’altra fonte avrebbe affermato che Rio Tinto avrebbe speso oltre 100 miliardi di dollari dalla Cina negli ultimi 6 anni.

Ad ogni modo, un’osservazione più attenta rivela che i media cinesi hanno prodotto numerosi commenti diversificati sul caso. Sul sito dell’agenzia di stampa di stato Xinhua, si possono trovare una gran quantità di articoli di differenti giornali che discutono le implicazioni giuridiche, commerciali e politiche sollevate dal caso. Mentre il criticismo e i sospetti su Rio Tinto sono abbastanza diffusi, allo stesso tempo, vengono sollevati non pochi dubbi sul sistema legale cinese e sull’inadeguatezza del settore delle importazioni di acciaio. Su un livello più ampio, il caso ha acceso il dibattito sulle relazioni Sino-Australiane e su come i media occidentali dipingono la Cina. Queste discussioni illustrano come le attitudine verso l’Occidente continuino a coprire un ampio ventaglio che va dall’intransigenza pura a opinioni liberali. Seguendo i passaggi dello Scandalo del Green Dam, il caso dell’omicidio dell’assasinio del podologo nello Hubei, quelli della rivolta dello Xinjiang, il caso Rio Tinto offre un’ulteriore opportunità per osservare il comportamento dei media cinesi nell’era post-olimpica.

Un segreto ben tenuto?

Sebbene il caso Rio Tinto coinvolga commercio e politica estera, è soprattutto un caso giuridico. Effettuando gli arresti, il governo cinese ha involontariamente esposto alcune falle del sistema giuridico del paese, che ha avuto come effetto non previsto quello di incoraggiare un dibattito pubblico sulla legislazione tra i media, normalmente ancorati a discussioni economiche.

Ad una prima osservazione, il dibattito non sembra evidenziare opinioni particolarmente illuminate. Riguardo alle conseguenze legali dal caso Rio Tinto, la maggioranza dei giornalisti sembrano rigurgitare le affermazioni provenienti dal governo: ovvero che ci sono "prove evidenti di colpevolezza" e una "completa procedura legale" è necessaria prima che imputazioni specifiche possano essere formulate. Un celebre articolo in Cina, del giornale di cinesi d’oltremare The China Press, difende con fermezza gli arresti. (E’ interessante come un giornale con sede al di fuori della Cina, in questo caso dia maggiore credibilità alle tesi del governo; ma affermazioni critiche del governo cinese, vengono depurate e censurate prima che il giornale appaia in Cina).

Sebbene sia risaputo che il caso è accaduto poco dopo la pasticciata della Chinalco e durante l’impasse delle negoziazioni sull’acciaio, l’articolo continua ad affermare che questi collegamenti sono solo "congetture", e "le congetture non possono diventare le basi legali per un caso giuridico". Nota come gli Stati Uniti recentemente abbiano arrestato un ingegnere di origini cinesi per un caso analogo, ma l’Occidente non ha sollevato tanto clamore attorno a questo caso, perché mai la Cina dovrebbe trattare allora il caso Rio Tinto in maniera diversa?

La realtà, secondo China Press, è che il caso sia stato manipolato ad arte in vista delle elezioni politiche australiane del prossimo anno. I partiti d’opposizione, hanno criticato il Primo Ministro Rudd per essersi messo contro la Cina, spingendo Rudd a giocare duro, per allontanare da sé le critiche.

Quest’opinione probabilmente non è neppure tanto distante dalla realtà: un articolo del giornale The Australian, fa simili accuse. I media cinesi sono ansiosi nel dimostrare come il sistema politico australiano non funzioni: in un’indagine ripubblicata dall’agenzia Xinhua, solo il 26% degli australiani pensa che il loro governo dovrebbe interferire con gli affari delle compagnie locali quando questi sono trattati ingiustamente in altre paesi.

Ad ogni modo, altre voci nei media sono state più inquisitorie. Zhang Jie, un giornalista finanziario per la Phoenix TV, crede che il caso debba essere trattato "secondo gli standard occidentali di trasparenza legale nelle procedure", al fine di acquisire credibilità internazionale. D’altrocanto, continua l’autore, non si può negare come il sistema legale cinese sia davvero troppo corrotto: all’inizio dell’anno, il vice capo della Corte Suprema è stato dimesso dopo pesanti accuse di corruzione. Zhang ha inoltre evidenziato le problematiche su come perseguire coloro che si sono macchiati di spionaggio industriale nei tribunali cinesi: ha suggerito un approccio su due livelli, cominciando con un processo pubblico che sanziona Rio Tinto per pratiche illecite, seguito da una azione giudiziaria a porte chiuse sui sospetti di spionaggio. Sebbene Zhang non disapprovi le azioni governative, almeno ammette una serie di problemi di carattere tecnico.

Zhu Sibei del Yangcheng Evening News, un quotidiano popolare nella provincia del Guangdong, enfatizzava la distinzione tra ciò che è "segreto" e ciò che è "pubblico". Ma identificava il problema, più che nella procedura legale, nella legislazione. Dal momento che la "Legge a tutela dei segreti di stato" non classifica chiaramente i documenti come "segreti" o "pubblici", lo Stato è libero di determinare arbitrariamente ciò che è segreto senza portare spiegazioni a riguardo. Il problema di fondo è l’acquiescenza della Cina verso un "governo totalitarista" - nelle moderne democrazie, la trasparenza delle informazioni e la disponibilità al pubblico, sono dei prerequisiti per governare, ma in Cina, questi diritti vengono trattati alla stregua di un privilegio. Non di meno, Zhu ritiene che la riforma sulla "Legge a tutela dei segreti di stato", sia possibile: una recente revisione ha eliminato dai segreti di stato, il numero delle vittime per quanto riguarda i disastri naturali. E’ degno di nota che le argomentazioni di Zhu siano in sintonia con quelle di Phelim Klinde del Financial Times, che aveva richiesto una revisione di questa controversa legge, al fine di evitare processi ingiusti a porte chiuse.

Altre voci nei media cinesi si sono sollevate per richiedere questa revisione. Secondo il China Business Journal, la revisione non è lontana, poiché il caso Rio Tinto ha coinciso con la stipula della legge, e può servire da canovaccio per ulteriori modifiche, ancor più drastiche. World Business Report offre una lista di suggerimenti su come riformare la legge sullo spionaggio industriale. La Cina, secondo il giornale, dovrebbe seguire l’esempio degli Stati Uniti con lo Spy Act del 1996, che determinava comportamenti specifici al fine di migliorare le relazioni tra governi stranieri e le organizzazioni che operavano in loco. Inoltre, la Cina doverbbe promulgare una Legge contro la corruzione commerciale, per reagire alla dispersione di informazioni delle compagnie locali. Una legislazione di questo tipo potrebbe prevenire comportamenti scorretti di funzionari di alto livello ad illuminare compagnie straniere. Da un punto di vista istituzionale, il governo potrebbe instaurare un Ufficio di Sicurezza Economica per monitorare gli investimenti e l’attività delle compagnie in settori vitali della sicurezza nazionale.

Noi siamo il nostro peggior nemico

Ciò che quest’ultima riforma si propone di illustrare è che il caso Rio Tinto riguarda sia "spie" straniere, sia "ratti" domestici. Il caso ha coinvolto l’arresto di figure preminenti delle compagnie dell’acciaio cinesi, spingendo i media ha domandarsi come mai così tante figure chiave dell’industria erano così ben disposte a dispensare informazioni riservate. Il People’s Daily, affiliato a International Finance News, asserisce che molte delle informazioni vengono sgocciolate durante relazioni con firme straniere, specialmente quando le compagnie cinesi sfruttano i servizi di agenzie di consulenza straniere per investimenti. World Business Report nota che i paesi industrializzati hanno una serie di regolamenti al fine di prevenire perdite di informazioni sensibili, laddova invece la Cina è completamente caotica. Il presentatore della CCTV Bai Yansong ha detto che la Cina potrebbe imparare una cosa o due dalle compagnie giapponesi, dove ci sono ferree regole e procedure per prevenire che i dipendenti divulghino informazioni sensibili, e coloro che vengono trovati colpevoli, hanno difficoltà addirittura a trovare un nuovo lavoro. Considerando la generale mancanza di entusiasmo in Cina quando si comincia a parlare del Giappone, i commenti di Bai sono rinfrescanti.

World Business Report sposta il punto sul coinvolgimento problematico sulle perdite di informazioni governative. Le multinazionali regolarmente assumono funzionari d’alto livello governativo, per facilitare le loro operazioni in Cina. Più recentemente, Guo Jingyi, a capo del Dipartimento Legale del Ministero del Commercio, è stato accusato di avere aiutato investitori stranieri per ottenere il "semaforo verde" nel settore Fusione e Acquisizioni di compagnie domestiche. International Finance News vede il problema nell’eccessivo coinvolgimento dello stato nelle faccende economiche, fattore che spinge le compagnie straniere a corrompere i funzionari.

Oltre ai problemi di perdita di informazioni, i media hanno spostato la loro attenzione anche sulle negoziazioni tra Rio Tinto e gli importatori cinesi d’acciaio. Come il New York Times ha sottolineato, la China Iron and Steel Association non è stata capace di raggiungere il traguardo del taglio del prezzo del 40-50%, che è considerevolmente più basso del 33% su cui sono convenuti Giappone e Corea del Sud. I negoziatori cinesi hanno fatto una mossa sbagliata chiedendo prezzi più bassi, proprio ora che i prezzi stanno ricominciando ad alzarsi. Il ritardo nel posizionare i prezzi annuali ha portato molti produttori a comprare a prezzi più alti.
International Finance News offre varie ragioni per l’inacidimento delle negoziazioni sui prezzi. Ipotizza che l’eccessiva influenza del governo sulla China Iron and Steel Association abbia portato la negoziazione ad essere trattata al pari di una missione governativa, lasciando poco spazio alla negoziazione vera e propria. Ha anche dimostrato una mancanza di unità tra gli stessi importatori d’acciaio: sebbene l’associazione abbia ripetutamente chiesto di non acquistare da Rio o altri produttori durante la negoziazione, alcuni non hanno rispettato la richiesta. Il portavoce della Camera di commercio Yao Jian ha dichiarato all’International Finance News che la CIna è indietro rispetto al Giappone, alla EU, agli Stati Uniti, dove le associazioni industriali riescono a negoziare piuttosto efficacemente.

Zhang Jie della Phoenix Television intravede una disunità degli importatori durante le negoziazioni, che può essere interpretata come un più profondo squilibrio dell’intero settore delle importazioni. Sottolinea la mancanza di competizione in un sistema dove 112 importatori qualificati vendono a migliaia di produttori domestici, portandoli a registrare enormi profitti praticando l’arbitrariato e accettando bustarelle dai piccoli produttori.

Gli importatori quasi sempre non perdono mai, perché affrontano bassissimi costi e sono coperti dalle banche. Fu Guangyun di International Finance News pone una domanda provocatoria: "Non sono forse i produttori d’acciaio cinesi ad essere i veri avversari di queste negoziazioni?"

Mentre i media sono pronti a criticare le compagnie cinesi, non si sono fatti grossi problemi a inchiodare la stessa Rio Tinto. Fu Guangyun osserva cinicamente che la vera forza della CIna - ovvero essere il principale acquirente di acciaio per una quota attorno al 50% del mercato mondiale - è in effetti uno svantaggio, in quanto permette a Rio Tinto di manipolare l’industria dell’acciaio cinese opportunisticamente:

"A causa dell’enorme debito di Rio Tinto per 40 miliardi di dollari non ha avuto altra scelta che accettare il piano di salvataggio di Chinalco ... Ma durante le negoziazioni sull’acciaio, Rio ha considerato che l’economia cinese si sarebbe risollevata nella seconda metà dell’anno, e che i prezzi sarebbero pertanto risaliti grazie alla massiccia domanda: basandosi su questo presupposto, Rio Tinto è stata in grado di rifiutare le richieste cinesi per tagliare il prezzo dal 40 al 50%. Evidentemente, il vantaggio della Cina su scala mondiale, si è trasformato in un clamoroso svantaggio."

Zhang Jie ha calcolato che Rio Tinto ha in realtà registrato un profitto durante la recessione nonostante il crollo dei prezzi. Nel frattempo i prezzi dell’acciaio sui contratti di lungo termine con Giappone e Corea si sono abbassati del 33%, il prezzo del petrolio è crollato, il dollaro australiano si è deprezzato rispetto a quello americano; tutti questi fattori hanno contribuito a Rio di ridurre drasticamente i costi in dollari australiani, consentendo quindi di registrare un profitto sostanzioso. Rio "succhia il sangue" dai consumatori cinesi e da coloro che pagano le tasse, ha aggiunto Zhang. Per contrastare questa situazione, ha suggerito di instaurare una tassa anti-monopolio contro Vale do Rio Doce, BHP Billiton e la stessa Rio Tinto. Si dispiace che questa tassa non sia stata inclusa nella recente legge anti-monopoli. Zhang però sembra ignorare che, dopo la fallita proposta di acuisizione da parte di Coca Cola del produttore di bibite Huiyuan, gli investitori stranieri vedano la legge anti-monopoli già abbastanza infausta.

Sciovinisti e studiosi

Mentre il governo ha ipotizzato che il caso Rio Tinto è un problema prettamente legale e non politico, il suo uso della Legge sulla salvaguardia dei segreti di stato, e il ritardo nel presentare accuse specifiche, hanno portato a un punto morto la politica estera. COme risultato, il caso ha portato a rivedere le relazioni cinesi con il resto del mondo, esponendo la linea dura e la fazione moderata ai media.

Tra i fautori della linea dura, il caso ha naturalmente scatenato sentimenti sciovinisti. Uno degli obiettivi di questi attacchi è stato il Primo Ministro australiano Rudd, il cui mandarino fluente lo aveva portato a rafforzare le relazioni con Pechino. Uno di questi critici è Liu yang, uno schietto nazionalista che aveva ottenuto una certa notorietà essendo il co-autore di Unhappy China. Liu afferma che difendendo Rio Tinto, Rudd abbia sottostimato il suo voltafaccia che avrebbe intaccato la sua immagine in Cina. Xiao De dell’International Herald Leader , nel frattempo ha cercato di raffreddare i sentimenti anti-Rudd nel pubblico. Ha sottolineato uno studio condotto dagli studenti all’estero che hanno partecipato al programma “protect the torch” l’anno scorso, dicendo che Rudd sia una faccia di Giano, perché da un lato richiedeva maggiori diritti umani per il Tibet, mentre professava la sua amicizia nei confronti della Cina. Xiao De inoltgre cita i risultati di un recente sondaggio online condotto da Sina.com, dove il 73,1% degli intervistati affermava che Rudd è molto differente da come se lo erano immaginati precedentemente.

Senza sorprese, molti di coloro che ora ripugnano Rudd, disprezzano allo stesso modo l’Australia. Nel sondaggio citato da Xiao De, l’82,7% degli intervistati pensa che il trattamento riservato dal governo australiano al caso Rio Tinto, dimostri le intenzioni non amichevoli verso la Cina. Liu Yang non ha esitato ad aggiungersi al coro. Molti australiani, sono discendenti di criminali inglesi, e la nazione è stata costruita sui massacri delle popolazioni aborigene. Adesso gli australiani "stanno usando la ricchezza che hanno saccheggiato per raggirare la Cina, e allo stesso tempo sono preoccupati che la ricchezza che hano ottenuto attraverso i massacri e i saccheggi possa essere acquistata dalla Cina attraverso l’uso del loro sistema legale..." L’ultima dichiarazione è un esplicito riferimento all’acquisto da parte della Cina delle loro materie prime. In un ultima speculazione, Liu ricorda il recente omicidio di una famiglia cinese, per suggerire il sentimento anti cinese che serpeggia tra la popolazione australiana.

Ciò che ha contribuito a peggiorare il sentimento anti australiano, è stato lo scandalo del Melbourne FIlm Festival. Molti registi cinesi hanno deciso di non recervicisi in segno di protesta, dopo che gli organizzatori del Festival hanno mostrato un documentario sull’attivista uigura Rebiya Kadeer. Elite Reference, un giornale dotato anche di un sito per un target più giovane, ha fatto collegamenti diretti tra questo incidente e il caso Rio Tinto, inserendoli in un più ampio contesto che coinvolge le proteste degli attivisti australiani durante il passaggio della torcia olimpica dello scorso anno.

Nonostante la linea dura protesti a gran voce, non costituisce l’intera visione dei media. Uno dei paradossi dei media cinesi è che può essere anti occidentale, mantenendo un avido interesse per le opinioni occidentali. Cankao Xiaoxi, il principale traduttore delle news occidentali, non ha esitato a ripubblicare articoli tratti da giornali australiani e americani, che si oppongono al governo cinese: opinioni tratte da Reuters e Newsweek, per esempio, ipotizzano che l’ingiusto sistema legale cinese ponga in una situazione instabile le compagnie straniere in settori strategici e permetta il governo di interferire nel commercio a proprio piacere. Attraverso questi articoli, i lettori cinesi hanno potuto avere qualche spiraglio sulle opinioni occidentali.

Un’analisi estesa dei media occidentali può essere alquanto costruttiva quando si parla di giornalismo non professionale. Il World Business Report giustamente afferma che i media australiani hanno sovraccaricato il caso Rio Tinto, citando frasi come: "il caso che distruggerà l’immagine della Cina in Australia" (The Australian), e "la Cina deve capire che lo sviluppo economico non scaturisce con i cannoni e le prigioni" (Sydney Morning Herald). L’International Herald Leader, si lamenta che Stern Hu è lodato come un un "gentiluomo capace, modesto e un duro lavoratore", nonostante le sue sospette attività di corruzione.

Le critiche verso articoli tendenziosi possono raggiungere grandi dimensioni. World Business Report suggerisce che l’eccessiva copertura mediatica del caso Rio Tinto sia sintomatica del pregiudizio cospirazionista anti cinese che sepreggia ancora nei paeri occidentali. Centra la propria attenzione allora sul magazine tedesco Der Spiegel, che nel 2007 e nel 2009 ha pubblicato articoli che affermavano la presenza di spie commerciali cinesi in Germania. World Business Report ha puntualizzato come questa informazione sia stata ripubblicata senza nessuna verifica da altri media occidentali, inclusa la BBC; sebbene la comunità cinese in Germania abbia denunciato Der Spiegel per i suoi commenti sull’articolo del 2007, dopo che la BBC aveva scoperto che il pezzo originale non si basava su fatti certi. Per dimostrare che questo genere di giornalismo è un trend generale, il World Business Report, ha riportato una recente indagine condotta dal Christian Science Monitor che affermava che negli USA vi sarebbero oltre 3500 spie commerciali cinesi. Per concludere, l’articolo suggeriva che i media occidentali utilizzano il trito e ritrito tema delle spie cinesi, per nascondere le prorpie attività di spionaggio. Sfortunatamente questa osservazione finale si macchia delle stesse colpe delle teorie cospirazioniste dei paesi occidentali.

Forse la voce più ragionevole nel dibatto su Rio Tinto è stata quella di Li Yonghui, un professore di relazioni internazionali alla Beijing Foreign Studies University. In un discorso pubblicato dal Global Times, Li inseriva il caso in un più ampio paradigma che sta cambiando le relazioni della Cina con il resto del mondo. Dopo trent’anni di libera globalizzazione, questa relazione sarà segnata da meno integrazione e interdipendenza, dal momento che la bilancia del potere si sta spostando inesorabilmente dagli Stati Uniti alla Cina. In questa nuova era, la Cina sarà portata a difendere le proprie visioni e valori, che porteranno inevitabilmente a nuove frizioni e conflitti con il mondo, come dimostra il caso Rio Tinto. Ma questo trend sarà accompagnato allo stesso tempo ad un inasprimento dei conflitti nella Cina stessa.

Mentre Li non contraddice la visione del governo (come Wen Jiabao) che la Cina diverrà una grande potenza, riconosce che tale innalzamento sarà accompagnato da cambiamenti domestici. E’ ad ogni modo promettente vedere tale introspezione nelle critiche al sistema legale cinese e al settore dell’acciaio. In generale, questi commenti dimostrano come i problemi della Cina debbano essere risolti dall’interno.
Dimostrano anche come la coesistenza con l’Occidente debba essere ottenuta attraverso più grandi apertura e concessioni, a cominciare dal flusso libero dell’informazione.
 
Fonte: CinaOggi

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