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 Home page > Attualità > Cronaca > Il caso Messineo: quando un non mafioso è ritenuto tale

Il caso Messineo: quando un non mafioso è ritenuto tale

Marcello Dell’Utri condannato in primo grado per mafia, non è mafioso.
 
Totò Cuffaro, condannato in primo grado per favoreggiamento, non è mafioso.
 
Il procuratore di Palermo, Messineo, lo sta diventando.
 
Grazie alle accusse del membro laico ("partitico") Anedda, che ha tirato fuori una vecchia vicenda, il marito della sorella della moglie di Messineo, Sergio Maria Sacco, che secondo alcuni pentiti è “organico” a Cosa nostra e sarebbe “uomo d’onore”:
“Se il vicepresidente Nicola Mancino non aprirà d’ufficio una pratica sul caso Messineo, sarà la prima commissione già lunedì a farlo”. Lo sostiene Gianfranco Anedda consigliere laico del Consiglio superiore della magistratura a proposito delle parentele del capo della procura della Repubblica di Palermo Francesco Messineo. “Il Csm non può rimanere indifferente e dovremo sentire quanto meno il procuratore generale”.

 
Sacco non è indagato. Tantomeno Messineo. La vicenda risale a prima della nomina di Messineo da parte del CSM. Torna la stagione dei veleni a Palermo, ora che sotto processo ci sono l’ex generale Mori (per le trattative fra Stato e mafia durante le stragi del 1992-’93), e in appello arrivano o arriveranno i processi a Cuffaro e Dell’Utri?
 
 
Tanta solerzia, poi, fa a pugni col lassismo usato verso i magistrati di Catanzaro e di Potenza (dai procuratori generali Favi e Tufano a vari pm) indagati essi stessi, non i loro cognati - per aver ostacolato o insabbiato indagini delicatissime, e mai proposti per il trasferimento. Anzi, nel caso Catanzaro il Csm ha preferito cacciare i magistrati onesti che li avevanoindagati. Complimenti vivissimi.

 
P.S. a proposito di Dell’Utri, il giornalista Liguori è stato condannato a risarcire a risarcire con 25 mila euro ciascuno i tre giudici diffamati a mezzo stampa, e cioe’ il gip di Torino Piera Caprioglio e i sostituti procuratori presso la Procura torinese, Cristina Bianconi e Luigi Marini.
 
Aveva paragonato l’operato dei giudici torinesi a quello delle milizie serbe.

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