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Il calcio al vaglio dello psicologismo

Il calcio. Non ne parlo, non ci gioco e non lo guardo mai. Però ne leggo spesso. Sono un amante della letteratura e del giornalismo di genere. E soprattutto ne scrivono tutti. Ma tutti proprio e quindi mi trovo a leggerne anche quando non me l'aspetto. Ieri prendo un'Amaca di Michele Serra ed ecco che arriva a tradimento la polemica sugli ultras del Genoa. Oggi prendo un Buongiorno di Massimo Gramellini ed ecco che spunta fuori il confronto Messi Maradona.

In questo tema in classe ora classicissimo fallirei miseramente (vedi però che ne scrivo anch'io di calcio, e mi contraddico e confermo in una botta sola). So chi è Maradona, so chi è Messi e so persino che il Barcellona è fuori dalla Champions e molto probabilmente perderà lo scudetto, ma non ho visto nemmeno i famosissimi quattro gol (erano quattro?) di Messi contro ... (ecco mi sono dimenticato pure il nome della squadra).

Potrei controllare in un attimo le informazioni ma preferisco dichiarare onestamente i miei limiti e venire alle perplessità sul pezzo di Gramellini. Qui non interessa determinare se Messi sia davvero inabile a "vincere le partite da solo" e se Maradona, al contrario, ne fosse capace; importa leggere questo brano:

 

Il segreto riposa nelle loro biografie. Non nell’infanzia: il bimbo Messi, afflitto da nanismo, ha sofferto più del bimbo Maradona i. Lo scarto avviene nell’adolescenza: quando Maradona comincia a girare il mondo senza altra protezione che la sua faccia tosta e il quattordicenne Messi si trasferisce a Barcellona per curarsi. Da allora Leo cresce in un ambiente protetto, caldo, sereno. La vita perfetta e banale che tutti sognano. Ma che ha un prezzo che molti ignorano. Ti prosciuga dentro. 

Per adeguazione stilistica si dimenticherà ora Proust e il Contre Sainte-Beuve (i più fini però comprenderanno come consideri un'arte il calcio) e molto semplicemente si chiederà: come fai a saperlo?

Come fai a sapere che Messi ha sofferto di più di Maradona? Come fai a sapere che Messi a Barcellona, da solo in un paese straniero a 14 anni, in un ambiente stracompetitivo, ha avuto "la vita perfetta e banale che tutti sognano"? Come fai a sapere che, una volta dato per scontato tutto il resto, questa serenità "ti prosciuga dentro"?

Ma ho sbagliato nella seconda domanda a caratterizzare in opposizione a Gramellini. E sbaglierei qui a ricordare (dopo necessario accertamento su Wikipedia) i tanti campioni di dorata infanzia da giocare contro le storie dei tanti campioni che si sono fatti strada superando tremende difficoltà.

A me di Messi e Maradona, se posso confessarlo, frega pochissimo. Me ne frega invece di come ti confezionano in tre righe non solo una vita ma anche la spiegazione di una vita. Anzi di due, in callida opposizione per sovrammercato. Comprendo bene le costrizioni strutturali, in primo luogo di lunghezza, del genere praticato da Gramellini, ma tra di esse non vi è lo sprofondare nello psicologismo più sfrenato e impudico. Quella è solo una convenzione di un certo editorialismo, uno dei tanti peli sullo stomaco di un certo mestiere, che con tre frasi sentenziose, due verniciate di destino e una lingua che chiama mamma o babbo dà fondo a tutto l'universo.

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