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Il Locale

Ne parlo spesso e ne tesso le lodi. Il localismo o meglio, per non travisare, il “locale”.
 
E’ un tema di cui si legge e si parla sempre più spesso, sia come convinzione, che come scappatoia dal giogo mondialista, che come “arma” ecologica.
 
Scrivo “locale” perché localismo evoca (ve ne è una corrente) barricate, io invece anziché una difesa strenua ed arcaica, vedo nel locale una sorta di nuovo progresso fatto si di tradizioni e cultura, ma anche dal saper fruttare al massimo le economie locali, oltre che a renderle più “a misura di cliente” e (grazie alle filiere corte) mezzo di difesa ambientale.
 
Non va sottovalutato, al giorno d’oggi, quest’ultimo aspetto, ad esso va visto il Locale anche quale correttivo all’iniquità di distribuzione di beni, del cibo e delle energie.
 
Molti, quanto restringo il campo di appartenenza ad un popolo od ad una terra, mi attaccano; io mi difendo perorando la causa delle storie, delle tradizioni, della memoria e dell’amore verso quel pezzo di terra che la natura ci ha dato il dono di calcare, coltivare, ornare con le nostre costruzioni, le nostre opere.
 
E’, sia, chiaro che la sfida di questo millennio è costruire un Locale che sappia relazionarsi, federarsi e confrontarsi verso il resto della comunità mondiale…dunque basi solide e apertura verso l’esterno, purchè “virtuosa”.
 
Per me, come per molti, l’identità e le tradizioni sono forza di ribellione a questo stile di vita moderno ed insostenibile perl’uomo e per il pianeta, ma non dobbiamo fermarci a questo imput, ribadisco il concetto qui sopra: cooperazione e concorrenza (basi del federalismo vero), ma anche interdipendenza (ribadisco: inter, o siamo di nuovo fritti)…qualsiasi forma locale (sia essa economica o culturale) che si rinchiuda solo in se stessa è destinata ad un requiem.
 
Quando parlo di economia locale spesso mi si accusa di autarchia: guai! Credere nel Locale non significa chiudersi egoisticamente, ma pensare di sviluppare una grande e moderna rete di economie locali moderne, che risveglino però anche i lavori della tradizione, affinchè, ad esempio, non ci compreremo più magliette o merletti made in China ed altrettanto i cinesi non dovranno più bere bibite imposte dagli occidentali.
 
Nel Locale troviamo quello spazio naturale in cui l’individuo, reso tale dal modernismo e dal liberismo, torna ad essere un tassello di un organizzazione, torna a sentire in se stesso lo status di appartenenza, torna così a sentirsi responsabile del proprio territorio; in questo “terreno fecondo” possono crescere la vera Democrazia Partecipativa, il commercio sostenibile e l’abbattimento del consumo energetico.
 
Non va dimenticato, nel sostenere la causa, che il valore delle diversità è alto, ce lo insegna la Natura del resto: dove c’è tanta biodiversità è la Natura stessa che pone rimedio alle crisi, che trova al suo interno le soluzioni per propagare la vita e l’abbondanza.
 
Malgrado una storia lunga millenni l’Uomo non ha ancora capito che la vita della comunità deve basarsi in forma essenziale sui prodotti del luogo, col senno di chi ha da difendere, dal consumo, qualcosa di proprio, pena far del male al nostro stesso habitat, ma più di tutto a noi stessi.
 
Concludo con un concetto: gestiamo bene e con partecipazione convinta il fazzoletto di terra che la natura ci ha affidato, esaltiamo la nostra diversità e quella degli altri, insomma facciamo si che questo mondo sia un posto dove vivere serenamente e non in preda alla rabbia ed alle ansie.

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